Editoriale 160

Oggi ti saluto da lontano: sono in India. Come faccio tutti gli anni, mi sono regalato qualche settimana all’Osho International Meditation Resort di Pune. Il grande campus, creato da Osho, è ancora oggi un luogo dell’anima di grande valore per me.
Alla partenza dall’Italia, una carissima amica e vecchia sannyasin mi ha salutato dicendo: “Ti auguro con tutto il cuore giorni di grande felicità nel Giardino del Maestro”.

Il “Giardino del Maestro” è un’espressione che non sentivo da tempo. Deriva dal "Giardino dell'Amato", un'immagine spesso usata dai poeti e mistici Sufi.  Per noi, per me, l'Amato è sempre stato Osho. E Osho ha spesso paragonato il lavoro di un maestro a quello di un giardiniere: “Il contributo dell'Est alla coscienza umana è che puoi diventare un Buddha, che puoi raggiungere la vetta più alta che è possibile raggiungere, che porti nel tuo essere il trascendentale, come un seme. Ma il seme ha bisogno del terreno giusto e di un giardiniere. Il maestro è il giardiniere e il suo campo di energia è il terreno giusto". Osho

Così questa volta ho viaggiato tutto il tempo, dall’Italia a Pune, con questa visione di me che andavo verso il Giardino del Maestro, che è una dimensione del cuore.


Osho International Meditation Resort

E mi ha cambiato completamente il sapore del viaggio. Già sull’aereo, circondato da una presenza di indiani del 90%, mi sono ricordato, osservandoli nella loro grazia e pacatezza, quello che dice Osho, che con tutte le migliaia di Buddha che sono sbocciati in India, l’intera popolazione, anche se non illuminata, porta addosso il profumo di quei Buddha. 
Atterrando a Delhi ho aperto il mio cuore a sentire dov’ero. E una leggera brezza luminosa mi ha raggiunto magicamente come a salutarmi.
E poi a Pune, di nuovo aprendo il cuore a sentire, ecco la brezza forte del buddhafield di Osho, già percepibile a qualche chilometro di distanza, per poi diventare quasi solida al mio arrivo all’entrata dell’Osho Resort avvolto nel silenzio e nel buio della notte.

Mi piace venire a Pune per vari motivi. In cima alla lista c’è la qualità della mia meditazione. Quando entro nell’Osho Auditorium, la grande sala fatta a piramide dove si tengono le meditazioni, mi colpisce il silenzio e un senso di espansione. Poi chiudo gli occhi ed ecco una gioia sottile nascere in me.
La mia meditazione preferita qui è la Evening Meeting Meditation. È nata intorno a Osho, era il suo modo di stare con noi e di condividere se stesso negli ultimi mesi della sua presenza fisica. Questa meditazione a Pune resta per me la continuità concreta tra quando Osho era nel corpo e adesso. Lì se chiudo gli occhi la differenza tra allora e oggi è davvero poca. Ed è per me misurabile in un centimetro. È poco, ma se non percorro quel centimetro non succede niente. Devo muovermi verso l’interno di mia volontà e devo percorrere solo un centimetro ed ecco aprirsi la porta. Dalla quale entrano tutte le qualità che ho sempre trovato intorno a Osho, seduto in silenzio con lui, o danzando con gioia o lasciando entrare la sue parole così dense di significato.

La prima sera in cui sono andato alla meditazione, che include come sempre un video di Osho, eccomi seduto sempre con la visione di me nel Giardino del Maestro e la domanda letta da Maneesha: "Amato Osho, pochi giorni fa ti ho guardato scansare via una mosca e c'erano totale sensibilità, grazia, amore e compassione. Hai anche aspettato il momento giusto per dissimulare il movimento della mano in un gesto che illustrava le tue parole. Mi sono sentita davvero emozionata. Grazie, Osho."
E la sua risposta: “Posso capire la tua gratitudine, perché anche solo guardare, anche solo vedere un gesto pieno di consapevolezza e grazia è una grande esperienza, un grande apprendimento. Il maestro non solo continua a dirti cose belle, ma continua anche a mostrarti spazi meravigliosi. Quindi devi stare attento non solo ad ascoltarlo, ma anche a vederlo, anche a sentirlo. Non solo le sue parole, ma i suoi gesti; non solo i suoi gesti, ma la sua presenza. Tutti fanno parte dell'insegnamento, le parole sono le meno importanti.”

Vedo lì descritta proprio la mia esperienza di quel preciso momento in diretta: ascolto con gioia le sue parole, mentre lo guardo sul grande schermo muovere le mani con grazia e presenza. Poi chiudo gli occhi e lui è lì, dentro di me. È un’esperienza.

E mi rendo conto che è tutta una questione di porte aperte o porte chiuse. 
Porte che un po’ si aprono e si chiudono per conto loro, ma molto dipendono dal mio atteggiamento e predisposizione.
Poi sulla capacità di connettere ogni cosa a tutte le altre, grazie alle porte aperte, ecco un’altra gemma di Osho nella meditazione finale dove ci saluta dicendo: “In questo momento, non ci sono diecimila Buddha qui, ma solo un unico stato di buddha oceanico. Siete tutti uniti in un'esperienza formidabile”.

In questa stagione ci sono pochi visitatori al Resort. Il lato positivo della cosa è che passeggio per i sinuosi vialetti circondati dal verde lussureggiante tropicale di fine monsone, praticamente da solo, godendomi questo senso di spazio e libertà che di solito trovo solo quando vado in montagna.
Un altro lato positivo è che, di quei pochi, conosco tutti e tutti conoscono me. Chiacchierando, tra le varie cose mi chiedono se sono venuto da solo o con un gruppo, l’Osho Tour, come era successo l’anno scorso.
Quest’anno no, ma nel 2020 sì: stiamo organizzando di nuovo un viaggio guidato collettivo per un’esperienza di full immersion di 2 settimane all’Osho Resort. È la durata perfetta, prima per ambientarsi veramente e poi assorbire la speciale energia del posto.
Se ti interessa ecco il link: OSHOtour_2020 con tutte le informazioni e se hai domande chiamaci quando vuoi.

Intanto ecco un po' di bellissimi articoli dell’Osho Times in regalo. Buona lettura - Akarmo​