Jog-Asana

Jog-Asana

Correre in meditazione

Dal un articolo di Maneesha James apparso su Osho Times n. 289

 

Running

 

Una bolla trasparente, come di plastica, o una sorta di camera d’aria isolante mi avvolge. C’è il suono del mio respiro. L’inspirazione delicata, poi il rilascio leggermente energico dell’espirazione. Un suono ritmico riverbera da qualche parte intorno ai miei piedi. Sono espansa oltre i confini del mio corpo, il mio commentatore interno, normalmente incessante, è sostituito dal silenzio. Senza peso e trasportata in uno spazio in cui i microsecondi sembrano delle eternità, deliro silenziosamente con una gioia assoluta e irrazionale.

Questa non è una fantasia surreale o il sogno della scorsa notte: sto facendo la mia meditazione mattutina, quella che chiamo “jog-asana”!

La mattina presto è, senza dubbio, la parte della giornata che preferisco. Anche se so da anni di essere un “tipo mattiniero” (mi spengo, senza possibilità di riaccensione, dopo le 21,30), è invece una cosa piuttosto recente per me ritrovarmi effettivamente sveglia e fuori di casa prima dell’alba. E questo accade indipendentemente da dove mi trovo: Milano, Manhattan, Perth, Pune o Abu Dhabi.

Per alcuni, jog-asana è la Vipassana dell’uomo contemporaneo. Quell’antica tecnica di osservare il respiro è troppo passiva per la mia energia attiva. Ma correre mentre osservo il respiro mi permette di essere totalmente attiva esternamente e simultaneamente sintonizzata su un punto di quiete e silenzio interiori.

Non solo: osservare il respiro mentre mi muovo mi tiene in contatto con il corpo. In questo modo posso essere consapevole se lo sto spingendo oltre la sua comfort zone e posso essere attenta a qualsiasi dolore o tensione in qualsiasi punto. Posso anche essere consapevole dei dettagli esterni, come un tratto di strada unto e scivoloso, o il rumore di un veicolo in arrivo. Osservare il respiro mi mantiene presente e mi aiuta a vivere un momento alla volta soltanto.

Al contrario, quando faccio solo jogging, senza il valore aggiunto del­l’”asana”, posso trascorre tutto il tempo in balia della mia mente da pescivendola. Scettica e super-critica, mi assilla con un flusso infinito di commenti denigratori. “Perché sprechi il tuo tempo? Hai un mucchio di lavoro di cui dovresti occuparti in ufficio. Hai almeno altri due chilometri da percorrere: non ce la farai mai!”. O insiste nel ridurre tutto a una competizione: con un anonimo jogger che in­travedo da lontano, o persino con me stessa, spronandomi ad andare più ve­loce e più lontano di quanto non abbia fatto ieri. Nel tempo che ci met­to a tornare a casa, ogni possibile be­neficio fisico è stato reso vano dalle bat­tute demoralizzanti dei miei stessi pensieri.

Ignorare la mente e, al contrario, portare consapevolezza al respiro, mi regala momenti di ispirazione. Mantengo l’espirazione sempre più a lungo dell’inspirazione e, in questo modo, resto rilassata.

La combinazione di rilassamento e un certo stato di allerta permette a idee e intuizioni che dovevano essere rimaste dormienti di arrivare in superficie... E non solo una qua e là, ma tante, in rapida successione. E mi basta essere consapevole del respiro per non fare dietro front e tornare di corsa in ufficio per scriverle tutte mentre sono ancora calde, per così dire!

Tutto questo, per non parlare dell’aspetto salutistico: un’ora di jog-asana costituisce un ottimo allenamento. Alle 6,30, dopo aver flesso i miei muscoli sia fisici che spirituali, sono pronta per affrontare la giornata.

 

Ma non è sempre stato così. Un tempo odiavo con tutta me stessa tutto ciò che sapeva di esercizio fisico. Inconsciamente avevo un disco negativo interno in perenne esecuzione che mi diceva che non sono un tipo sportivo e che non mi è mai piaciuto fare movimento fisico. Ciò aveva sempre interrotto senza possibilità di appello qualsiasi routine avessi mai provato a mettere in moto.

Un giorno, senza fiato dopo aver inseguito un autobus, incontrai faccia a faccia la mia vecchietta interiore e, francamente, decisi di non cederle il passo. Decisi, al contrario, di recuperare il tempo perduto. Ma prima di poter iniziare qualsiasi tipo di programma di fitness dovevo cancellare le convinzioni inutili che avevo sempre rafforzato.

Quindi, ogni volta che iniziavo a vacillare nella pianificazione di un programma di esercizi, magari il power walking o lanciarmi direttamente in una lezione di aerobica, dicevo a me stessa: “Ami mantenerti in forma e trovi l’esercizio fisico molto divertente!”. Con questo nuovo disco a tutto volume, feci finalmente il mio ingresso nella mia prima palestra. Decisi persino di farmi affiancare da un personal trainer durante la sessione preliminare. E un po’ più avanti, sfidando una stanza piena di corpi disgustosamente in forma e ben tonificati, mi avventurai alla mia prima lezione di aerobica.

“Lo amo: non c’è niente che amo tanto quanto l’esercizio fisico”, mi facevo forza mentre inciampavo e ansimavo attraverso routine intricate che coinvolgevano ogni muscolo e avvolgevano la totalità della mia mente. Quel po’ di autoipnosi mi fece superare il primo e più grande ostacolo.

Lao-Tzu non ha forse detto che “un viaggio di mille miglia inizia con un solo passo di aerobica”? È proprio così! Al mio secondo o terzo allenamento mi ritrovai decisamente

convertita!

Non avevo idea di quanto mi sarei sentita favolosamente bene. Non avrei mai immaginato che tutto il mio corpo-mente ne avrebbe ricevuto un impatto così grande. Non avevo calcolato che lo sballo prodotto da un flusso di endorfine saltellanti attraverso il mio sistema mi avrebbe creato una certa dipendenza.

In retrospettiva mi sembra che per an­ni, poiché il mio lavoro quotidiano era tutto svolto sul computer, avevo di­menticato che c’era vita anche al di sotto del mio collo. Ed è stato un brivi­do ritrovare il mio corpo: un corpo che poteva correre per la pura gioia di farlo; che poteva inalare il profumo della pioggia mattutina o sentire gli uc­celli, cinguettare, tubare e gracchiare.

In questi giorni sono in uno stato di euforia per la sensazione che mi dà affaticarmi; persino – curiosamente – per il dolore occasionale, per la sensazione primordiale del sudore che mi gocciola dal viso, o per la gola che arde di una sete profonda e primitiva.

Neanche il sesso ha mai fatto tutto questo per me. No di certo! L’ho fatto e rifatto tante volte e vi dico: il sesso non è niente in confronto all’indulgere nello splendore sudato della mia meditazione mattutina.

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Tratto da: oshosammasati.org

 

MANEESHA JAMES

Maneesha James