Editoriale 240

Nel recente periodo natalizio mi sono trovato a osservare i bei giocattoli in vetrina di un negozio pieno di potenziali fantastici regali per i bambini di tutte le età.

C’era una bella barca a vela con telecomando... ben rifinita nei dettagli tanto da far sognare a occhi aperti grandi viaggi sull’oceano. E mi sono ricordato che ne ho avuta una anch’io da bambino.
Me l’aveva fatta mio padre che si divertiva a costruire cose. Essendo abile coi motori elettrici, fili di rame e saldatore a stagno, gli aveva applicato un motorino che faceva girare l’elica.
Quando andavo in vacanza al mare, il posto ideale dove far viaggiare la mia barca era un’enorme fontana nei giardini pubblici. Era davvero grande. E c’era sempre una decina di altri bambini con le loro barchette a navigare in quel “mare” azzurro in miniatura.


Barchetta



La mia barca la guidavo a distanza con un aggeggio in mano collegato con un lungo filo alla barca (erano gli anni ’60). Dei comandi semplici... Ma quel potere di controllo era in realtà un’illusione: sull’acqua girare non è immediato come sulla terra e come se non bastasse i miei comandi non venivano recepiti immediatamente ma c’era sempre un certo intervallo.

Il risultato era che la barca di fatto sembrava andare un po’ dove voleva lei. Non me la sentivo per niente in mano. Giravo a destra, ma non ci andava, allora giravo ancora più a destra e quasi faceva un testa coda... allora giù tutto a sinistra, insomma... un pasticcio.
Il che in quella vasca enorme non era un grosso problema quando ero da solo. Ma con altre 10 imbarcazioni diventava un incidente dietro l’altro.
Nonostante tutti i miei sforzi la barca non è mai stata veramente nelle mie mani.

Mi è tornato alla mente questo ricordo sedendomi in silenzio nel bellissimo ritiro di Osho Vipassana a Miasto all’inizio di gennaio. Mi è tornato alla mente per similitudine con quello che vedevo, a occhi chiusi, succedere dentro di me. Parlare di controllo sul proprio mondo interiore, nel momento in cui ci guardi dentro con attenzione e un minimo di distacco, è parlare di un’assurdità.
Tu vorresti girare a sinistra ma la mente se ne va a destra. Tu vorresti andare veloce, ma il corpo e la mente frenano. Tu vorresti rallentare, ma il turbinio delle emozioni gira a velocità pazzesca.
Gurdjieff insisteva molto sul “fare”. Sul cambiare le cose dentro di sé con uno sforzo. Sul fare grandi sforzi per far girare il mondo interiore come vogliamo noi. È un intenso impegno minuto per minuto della vita.

Ma a un certo punto Gurdjieff ha detto ai suoi discepoli, “È importante che cerchi di fare con intensità, che cerchi di cambiare le cose con forza, per un solo motivo: per renderti conto che non puoi cambiare niente! Tutto è governato da leggi che vanno al di là di te.”
In effetti prova a decidere di continuare a pensare a una certa cosa, in una certa direzione, o di non pensare affatto ad un’altra cosa, o di arrivare ad avere certe emozioni e non altre (questo era uno degli sforzi sostenuti da Gurdjieff... contrastare le “emozioni negative”): la vita interiore diventerà in poco tempo un inferno.
Ed è esattamente la cosa da NON fare in Vipassana... lì impari a osservare senza interferire. È in realtà l’unico modo per vedere tutta l’azione interiore acquietarsi e diventare un silenzioso lago calmo e immobile.
Tornando alla mia Vipassana con l’immagine della barchetta che se ne va per i fatti suoi sfuggendo ai miei comandi, vedo la mia mente fluire per conto suo, ora proponendomi un certo percorso, ora disegnando un certo panorama, tutte situazioni che poi sollevano la polvere delle emozioni ad offuscare ulteriormente la mia presenza silenziosa. Basta! Torno a osservare il respiro – questa è la tecnica della vipassana - e per un attimo si interrompe il flusso incontrastato dei miei pensieri. Ma quanto dura questo intervallo?

In realtà dura quanto basta a dimostrarmi che io sono un’altra cosa. Sono un ospite all’interno di un involucro. L’involucro, il corpo-mente, non sono io e su di esso non ho un grande controllo.
Quando non sono in meditazione mi illudo di avere un controllo sulla mente, sui miei flussi di pensieri, sulle mie pulsioni, per un motivo molto semplice: sono identificato con loro. Io sono i miei pensieri, e mi muovo come da suggerimento dei miei pensieri. Questo è quello che succede se non sono consapevole.
Ma la realtà che vedo, diventando un osservatore interiore, è che siamo degli ospiti all’interno del corpo-mente. Osho poi va ancora più in là nel descrivere cosa si può incontrare in questi spazi…

«Tu non sei il corpo, sei pura coscienza. In realtà è un miracolo che sei nel corpo. A causa della forza di gravità che influisce sul corpo, rimani attaccato alla terra. Ma nel silenzio assoluto, all'improvviso, tutto l'attaccamento al corpo scompare e, in quella libertà, si ha la sensazione di fluttuare verso l'alto. La tua coscienza, la tua anima, o qualunque sia il nome che le dai, fluttuerà sopra di te come un palloncino, rimanendo attaccato all'ombelico con un cordone molto brillante, simile all'argento...»

Nei miei brevi intervalli di consapevoleza vedo che sono un ospite ben distinto dal contenitore. E anche se non ho un vero controllo sull’involucro... è una sensazione incredibile di libertà!
Una libertà che deve sostituire la parola "controllo" con "armonia"...

Osho: «Una persona veramente spirituale vivrà la vita come un'arte, creerà una profonda armonia tra il corpo e la coscienza. E questa è l'arte più grande che esista. La sua vita sarà una gioia da vedere. E avrà un profumo, per la semplice ragione che non c'è scissione nel suo essere. 
Quindi le persone che continuano a fare domande su come controllare il corpo, come controllare il sesso, come controllare questo, come controllare quello, non mi capiscono affatto.
Io non sono per il controllo, sono per la comprensione. La comprensione porta il suo equilibrio; non è controllo, si vive in puro equilibrio. Nessuno controlla: né il corpo controlla l'anima, né l'anima controlla il corpo. Si sono fusi e in voi è sorta una nuova entità, l'unità organica.»

Un'unità che può davvero prendere forma nella mia vita. Gli devo solo dedicare la giusta intenstà e il necessario tempo... vedere e comprendere con sempre maggiore chiarezza queste parti che mi compongono.
Per questo sono felicissimo che presto potrò di nuovo sedermi in un ritiro di meditazione con Shunyo usando una tecnica "sorella" della Vipassana: lo Zazen. Proprio come viene praticato nei monasteri Zen da centinaia d'anni, ma con l'aggiunta del tocco di Osho. Se vuoi venire anche tu a esplorare il potere della tua consapevolezza trovi tutte le info qui.
A presto
Akarmo