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newsletter n. 033

Ciao! 
Sabato ho fatto una bellissima gita in montagna con i miei amici di Oshoba. L'intenzione era di fare una cosina di tutto riposo passeggiando intorno a un laghetto alpino molto suggestivo. Però dopo quasi due ore di camminata eravamo stanchi e a ogni curva speravamo fosse quella decisiva che iniziava a riportarci indietro. Finalmente a metà lago, dove appunto si gira sull'altro lato per tornare indietro, stavamo chiacchierando e... abbiamo sbagliato strada! Senza accorgerci siamo piano piano saliti e di fatto iniziato una nuova avventura verso montagne più alte. Aiuto! naturalmente ce ne siamo accorti quasi subito e la cosa istintiva era di tornare indietro. Ma un improvviso guizzo di entusiasmo per la novità (nessuno di noi era mai stato su quel sentiero) ci ha fatto osare a continuare. La scelta è stata davvero felice: ci siamo presto trovati in paesaggi d'alta quota con ancora la neve e laghetti cristallini e la sensazione di esser da soli sul tetto del mondo davvero impagabile. E la stanchezza? Non c'era più. C'era solo una nuova entusiastica brezza di avventure giovanili (siamo tutti vicini alla sessantina) che non ci faceva più sentire la stanchezza. Inevitabilmente mi son trovato a riflettere sulla dimensione interiore che viene spesso paragonata a una camminata in montagna, su, verso le alte vette. E mi sono chiesto: sto camminando a risparmio accontentandomi di stare dentro il tranquillo recinto del mio "conosciuto" oppure mi sto avventurando su sentieri selvaggi mai calpestati prima? Il senso dell'avventura è ancora vivo e ravviva il mio procedere nella meditazione giorno per giorno oppure mi sento "arrivato" e semplicemente pronto al riposo, a una vita da "pensionato spirituale"? Oggi mi sto osservando...
E intanto vorrei proporvi il sapore delle alte vette con
questa newsletter con articoli tratti dalla rivista (guarda quanti regali ricevono gli abbonati). Buona lettura - Akarmo


Nella grotta
di Bodhidharma
in Cin
a


Il racconto di una singolare esperienza


Intervista a Prashantam


Domanda: Mi ha incuriosito la tua esperienza di meditazione nella grotta di Bodhidharma, raccontami tutto…
Risposta: Innanzitutto è stata una grossa sorpresa anche per me. Avevo sentito Osho parlarne molte volte e persino il nome della sala di meditazione al Nostro Posto, il centro che dirigo, si ispira alla grotta di Bo­dhidharma, ma non sapevo che esistesse davvero, o che esistesse ancora.
Vado in Cina diverse volte l’anno per i miei gruppi. L’ultima volta mi trovavo a Zhengzhou, una grande città a 600 km da Pechino e qualcuno mi aveva detto che non molto distante da lì si trovavano dei templi Shaolin. Essendo io da sempre un grande appassionato di arti marziali, chiesi subito se qualcuno poteva accompagnarmici. Mi dissero di sì e che avremmo impiegato un paio d’ore per arrivarci.
Quando raggiunsi i templi notai molte statue che mi ricordavano il viso di Bodhidharma, con la peculiarità di quei suoi occhi sporgenti. Chiesi delucidazioni e mi risposero che dietro i templi Shaolin, in cima a una montagna chiamata Song Shan, c’era una grotta dove era vissuto Bodhidharma. Immediatamente chiesi: “Lo stesso Bodhidharma che ha fondato lo Zen, il mistico che venne in Cina dall’India?” e mi confermarono che era proprio lui. Quindi dissi loro che dovevo recarmi lassù a tutti i costi, ma risposero che il percorso era molto ripido e che forse non ce l’avrei fatta. Io dissi che non mi importava, che a costo di arrivare fin lassù in ginocchio, ci sarei arrivato. Partii ed era vero, la scalata era piuttosto ripida, però in compenso era “turistica” – come lo sono gran parte dei luoghi in Cina – nel senso che c’erano scalini lungo il percorso predisposti per i visitatori che erano parecchi.
Comunque più salivo, meno gente c’era e per arrivare ci vollero circa due ore. Arrivando ti trovi davanti un cartello che riporta – in cinese e che mi sono fatto tradurre – la seguente dicitura: “Questo è il luogo dove il mistico indiano visse in meditazione per molti anni e dove ebbe inizio lo Zen”
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30 anni a
pulir riso...

per scoprire l’essenza dello Zen!

Un prezioso testo di Osho


Erano trent’anni che il monaco ripuliva il riso delle sue impurità.
Il maestro gli aveva detto: “Se non ti chiamo, non farti vedere. E non partecipare alle discussioni erudite del monastero, non leggere le sacre scritture. Pulisci semplicemente il riso da mattina fino a sera inoltrata: qui ci sono diecimila monaci e il tuo compito è prenderti cura del riso”.
Quindi per trent’anni l’uomo si era completamente scordato del pensiero: che bisogno c’è di pensare quando per trent’anni non fai altro che pulire riso tutto il giorno? Quasi metà della sua vita l’aveva spesa a pulire riso. Ed è un procedimento così semplice che non richiede l’uso della mente, non richiede alcun processo di pensiero. Inoltre gli era stato impedito di andare ai discorsi, ai sermoni, alle discussioni dei monaci e gli era stato detto di non leggere le sacre scritture. Era stato escluso da qualsiasi attività che portasse alla formazione di una mente. Gli era stato dato un semplice incarico che gli avrebbe disgregato la mente, qualsiasi tipo di mente avesse avuto.
Questi erano individui di grande forza e integrità. Rimanere in attesa per trent’anni, senza lamentarsi
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Questa settimana ti segnaliamo:

>>> In questo video Osho risponde alla domanda: "Può la vita di qualcuno essere cambiata dal vederti per una volta?" GUARDA

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