osho times l'arte della meditazione
NEWSLETTER n.098  DELLA RIVISTA MENSILE CARTACEA E DIGITALE DEDICATA ALLA VISIONE DI OSHO

Ciao!
Pochi giorni fa mi son sentito molto vicino agli sfortunati abitanti di una collina franata giù in pochi minuti con sopra le loro case e tutta la loro vita... aldilà della disgrazia tremenda, mi ha commosso vedere i volti increduli di quelle persone per quello che era successo. Uno di loro diceva “Cosa ho fatto di male? Perché mi è capitata questa cosa? Perché???”.
Ed era lo stesso “perché?” che in quel preciso momento avevo io per un’altra cosa... la morte improvvisa di Meera. Artista e maestra di vita per molti discepoli di Osho. Una di quelle persone che spargono amorevolezza e cura per chiunque incontrano nella loro vita. Una grande terapista molto attiva e incredibilmente generosa e creativa, che ha cambiato in bene la vita a tante persone...
E anche un inno alla gioia e alla vita stessa in ogni momento. Morta in un incidente in mare che ha lasciato tutti increduli... “Perché?” mi son trovato a chiedermi per giorni... incapace di accettare i fatti.

Osho ha sempre espresso la sua totale fiducia nell’esistenza... la difinisce “armonia assoluta”, “saggia”, “divina”... E negli anni mi sono abituato a guardare la vita con questa attitudine, in fiducia che “la vita sa” e che bisogna fidarsi e magari con un po’ di pazienza si può anche provare a indovinare il senso... a volte si ha come l'impressione di capire. Però di fronte alla morte di Meera mi è stato impossibilie vedere la saggezza dell’esistenza. Di fronte a questa improvvisa morte di una persona così speciale nel bel mezzo della sua danza ho solo visto il buio dell’inconoscibile... non un armonioso ordine universale, in realtà mi è sembrato tutto parte di un grande caos.

Esistenza armoniosa e saggia oppure la vita è puro caos? Perché succedono certe cose?
C’è una storiella di Osho che mi ha aiutato a uscire da questo bisogno di capire...
Nel villaggio in cui viveva Hakuin, un grande Maestro Zen, una ragazza rimase incinta. Il padre voleva sapere a tutti i costi chi era stato e alla fine, per evitare una punizione, lei disse che il padre era Hakuin.
Il padre non volle sapere altro, quando il bambino nacque lo portò subito a Hakuin e lo gettò ai suoi piedi: “Sembra che questo sia tuo figlio”, disse coprendolo di insulti e rimproverandolo per quella storia di ignominia.
Hakuin disse soltanto: “Ah, è così?” e prese il bambino tra le braccia. Da quel momento, ovunque andava, portava il bambino con sé, avvolto nella manica della sua tunica stracciata. Anche nei giorni di pioggia o nelle notti di tempesta, Hakuin andava in giro a chiedere il latte nelle case dei vicini, per il bambino. Molti dei suoi discepoli, considerandolo caduto in fallo, si rivoltarono contro di lui e lo abbandonarono. E Hakuin non disse mai una sola parola.
Nel frattempo, la madre si rese conto di non poter sopportare il dolore della separazione dal proprio figlio, per cui confessò il nome del vero responsabile, e suo padre si precipitò da Hakuin, si prostrò davanti a lui, implorando più volte il suo perdono.
Hakuin disse solo: “Ah, è così?” e gli restituì il bambino.

Con questo incredibile esempio di “accettazione” mi son ritrovato finalmente fuori dalla mente che vuole capire, che chiede “perché?”, e di nuovo con i piedi sul cammino della meditazione dove si respirano qualità diverse... l'attesa, la fiducia, il rispetto per lo sconosciuto...
Concludo questa lunga newsletter proponendoti anche oggi due estratti di articoli dell’Osho Times, il mensile che puoi ricevere a casa tua in abbonamento. Buona lettura - Akarmo


 




Meditazione:
le domande e le risposte


Shunyo ha iniziato la sua scuola di consapevolezza vivendo vicina a Osho per 14 anni come parte del suo staff personale. Ora condivide la sua esperienza, viaggiando in molti paesi e facilitando corsi di meditazione e di formazione per chi vuole insegnare meditazione agli altri. All’OshoFestival della scorsa edizione ha risposto alle domande dei partecipanti... 


Da un articolo apparso sull'Osho Times



Domanda: Cos’è il sannyas? 

Shunyo: Cos’è il sannyas? È più facile dire quello che non è...
Intanto non è una religione. Osho ha sottolineato fortemente che non doveva essere adorato, pertanto noi non siamo né credenti né seguaci. Quello che facciamo è sperimentare in prima persona la meditazione. E in effetti questa è l’unica cosa che fa di noi dei sannyasin, non ci sono più dei segni esteriori che lo dimostrino. Persino il mala ora lo si indossa sotto gli abiti e solo per meditare. Tuttavia decidere di prendere il sannyas è una cosa enorme: probabilmente sei lì seduto e dentro di te c’è come un tremore... È bellissimo vedere come questo senso di eccitazione nel compiere un salto verso una vita nuova sia rimasto invariato dopo tanti anni, da quando Osho era nel corpo. 

La “celebrazione” è molto semplice, chi prende il sannyas non deve fare nulla, se non rimanere qualche istante seduto su un cuscino a occhi chiusi, presente a ciò che sta succedendo, dentro e fuori. Poi quando si sentirà pronto aprirà gli occhi e troverà davanti a sé un foglio con su scritto il suo nome. Se ha scelto di avere un mala quello sarà il momento di indossarlo. Dopodiché si alzerà: potrebbe aver voglia di stare in silenzio o per conto suo, oppure di abbracciare tutti gli amici. Qualunque cosa si sentirà di fare sarà quella giusta.

 

Domanda: Volevo sapere se Osho ha lasciato qualche messaggio, se è rimasto qualcosa.

Shunyo: Sì, ha detto: “Vi lascio il mio sogno”. E noi con quello facciamo il meglio che possiamo. Però nel suo ultimo discorso in pubblico le sue ultime parole sono state: “Ricordati che sei un Buddha, sammasati”...
 


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La visione orientale

Sosan, terzo patriarca dello Zen dice: Non cercare la verità; smetti soltanto di avere ferme opinioni...


Un prezioso brano di Osho apparso sull'Osho Times



Come puoi cercare la verità? Tu sei falso. Come potresti mai andare alla ricerca del divino? Come potrai mai metterti alla ricerca del vero? Come potresti ricercare? Cosa potresti mai fare?

La tua mente, al massimo, potrebbe giocarti qualche scherzo; al massimo potresti proiettare una verità. Potresti immaginare una verità, sognare una verità.

È per questo che gli hindu continuano a vedere Krishna, allorché conseguono il divino; e i cristiani continuano a vedere Gesù, quando realizzano la verità.

Ma la verità non è hindu né cristiana, la verità non è Krishna né Cristo. Queste sono delle forme, abiti. E se ti appaiono ancora gli abiti, questo dimostra che sei ancora ricolmo delle tue opinioni, siano esse cristiane o hindu, e che le stai proiettando.

Sosan dice: “Non cercare la verità”. Tu non la puoi cercare. Come potresti? Non sei pronto a farlo, perché è presente la mente: chi cercherà? Ogni ricerca è propria della mente, ogni ricerca è un frutto della mente. La consapevolezza non ricerca mai, non è mai alla ricerca; la consapevolezza esiste e basta. È puro essere, non è un desiderio.

Una ricerca è un desiderio. Nel mondo, ricercavi la ricchezza, il potere, il prestigio e hai fallito... Ora cerchi dio, la verità, ma non cambi, resti lo stesso di sempre. Nulla è cambiato, solo le parole. Un tempo era il potere, ora è dio, ma tu resti lo stesso ricercatore di un tempo.

La verità non può essere ricercata. Al contrario, quando ogni ricerca si arresta, la verità bussa alla tua porta; allorché il ricercatore non esiste più, la verità viene a te. Quando tu abbandoni ogni desiderio, quando non hai più alcuna motivazione per andare da qualche parte, all’improvviso scopri di essere illuminato; all’improvviso scopri di essere il tempio stesso che stavi ricercando; all’improvviso riconosci di esser Krishna, di essere Gesù. Non ti viene alcuna visione, tu sei la fonte di ogni cosa, tu sei la realtà...
 


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