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In tempi
di crisi...
investire nella
meditazione
Per connetterci con le nostre
risorse interiori e rispondere
al meglio alle difficoltà della vita
Da un'intervista a Prasad e Alvina
Domanda: Da “bravi meditatori” siamo in un certo senso abituati a considerare alcune situazioni difficili della vita – le relazioni, ad esempio – come opportunità di crescita e di evoluzione. Ma in tempi difficili da un punto di vista economico, come questi, molti sembrano disconnettersi da questo approccio. Perché è invece importante “investire” – permettetemi il gioco di parole – nella meditazione anche in tempi di crisi economica?
Prasad: La meditazione sta guadagnando sempre più popolarità oggigiorno, sebbene la visione comune la consideri solo una tecnica per rilassarsi e avere più pace interiore, e non prenda affatto in considerazione la portata del suo vero potenziale nella vita di tutti i giorni. Viene quasi percepita come un lusso, qualcosa che si fa in vacanza, separata dalla vita quotidiana e non appena si presentano delle difficoltà, la meditazione è tra le prime cose alle quali si rinuncia. Nella nostra esperienza – mia, di Leela e di Alvina – la meditazione, invece, è uno strumento molto pratico e di vitale importanza, non solo per il benessere interiore, ma anche in relazione alla realtà che ci circonda e al nostro ruolo nel mondo. Se la gente comprendesse il valore della meditazione e quello che dà veramente, tutti inizierebbero a metterla tra le priorità essenziali, invece che al fondo della lista. Quando la casa va a fuoco devi chiamare i pompieri: la meditazione è il pompiere che spegne il fuoco in tempi di crisi, anche economica!
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La linea
di confine
Altro che “avanti” e “dopo” Cristo! Il contributo del Buddha allo sviluppo della consapevolezza umana è molto maggiore di quello di Gesù... e ora Osho va ancora oltre
Un prezioso testo di Osho
Gautama il Buddha rappresenta una pietra miliare nella storia della consapevolezza umana. La società, la religione e la civiltà esistenti prima del suo arrivo, dopo non sono più state le stesse.
Indicare Gesù Cristo come linea demarcatrice tra la società passata e quella odierna è un’ossessione tutta cristiana. Ciò è anche dovuto al fatto che l’Oriente non ha mai scritto la storia e non si è mai curato dei fatti storici per il semplice motivo che, se tutto è illusorio e mutevole, che importanza ha chi è il prossimo re? Che importa cosa succede nel mondo esterno?
Non è quella la dimensione reale.
Quando si tratta di eterno e di reale, c’è assenza di tempo, non esiste la storia che è propria solo degli eventi esterni, non dell’interiorità. E visto che tutta l’attenzione dell’Oriente era focalizzata sul mondo interiore, non c’è mai stato interesse per la storia. L’attenzione era volta a come esprimere la dimensione interiore a coloro che non hanno occhi per vedere, che vivono nell’oscurità. Come portare loro la luce?
Non sappiamo quanti buddha siano rimasti in silenzio né quanti abbiano preceduto Gautama. Non ci siamo semplicemente curati di questo genere di cose: nascita, morte... sono tutte cose effimere. Ma l’Occidente è orientato verso l’esterno e visto che il cristianesimo è diventato la religione più grande del mondo, Gesù Cristo è stato imposto come linea di demarcazione che divide la società primitiva e barbarica da quella di oggi. Per questo usiamo sempre Gesù come riferimento: “Avanti Cristo”, o “Dopo Cristo”...
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