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George
Gurdjieff


Il maestro che insegnava: “Siete in prigione. Se volete uscirne, la prima cosa da fare è rendervi conto del fatto che siete in prigione. Se pensate di essere liberi, non potete scappare!”


Preziosi testi apparsi su Osho Times n. 213

 

Liberi?
George Gurdjieff è uno dei maestri più importanti di quest’epoca. È unico, da molti punti di vista: nel mondo contemporaneo nessuno ha detto le cose come le ha dette lui. È quasi come un altro Bodhidharma, o un altro Chuang Tzu: apparentemente assurdo, ma in realtà ha dato molte indicazioni davvero importanti per la liberazione della consapevolezza umana.
Gurdjieff diceva spesso: “Siete in prigione”. A volte era ancora più aderente alla realtà e anziché dire: “Siete in prigione”, diceva: “Siete la prigione”. È più vero, più reale.
Se vuoi uscire di prigione – o meglio, se non vuoi essere una prigione – la prima cosa da fare è renderti conto del fatto che sei in prigione, o che sei la prigione. Va ricordato sempre, come uno dei principi fondamentali per ogni ricercatore della verità. La mente umana tende a negare le cose brutte, a nascondere le cose che non vuole far sapere agli altri, a nasconderle in modo tale, così in profondità nell’inconscio, che persino la persona stessa ne diventa inconsapevole. In questo modo conserva la propria personalità superficiale.
Gurdjieff afferma che se non ti rendi conto della cosa fondamentale – che sei in prigione, che sei la prigione – non c’è speranza di libertà. Se credi di essere già libero, sei una pecora ipnotizzata che crede di essere un leone, che addirittura crede di essere un uomo, senza mai rendersi conto della sua realtà. Essere libero, se già “sai” di essere libero, non è un problema.
Tutte le religioni, indistintamente, forse senza nemmeno volerlo, hanno creato un incredibile stato di ipnosi. La gente crede di avere un’anima immortale. Non sto dicendo che non sia vero, sto semplicemente dicendo che non conosce nulla di ciò in cui crede.

Credere
Il tuo dio potrebbe essere soltanto il frutto di un’ipnosi psicologica, non è certo una tua scoperta, questo è assolutamente indubitabile! Ti è stata inculcata nella mente e siccome continui a crederci, la tua convinzione  impedisce qualsiasi avventura di ri­cerca della verità.
Di solito, ti è stato detto in continuazione che se non credi, non troverai nulla. Ma la verità è l’esatto contrario. Credere è un ostacolo, non un ponte. Chi crede non trova mai nulla, perché non inizia mai neppure a cercare: non ce n’è bisogno.
Sei in prigione e pensi di essere libero!
Sei in catene, ma credi che siano ornamenti. Sei uno schiavo, ma ti è stato detto di essere umile, di essere semplice, che questo è il modo in cui deve essere una persona religiosa. Sei circondato da molte strategie ipnotiche sviluppate nei secoli dalla società. E quelle strategie sono la principale causa della tua ignoranza, della tua disperazione, del tuo stato di non illuminazione.
Quindi, la prima cosa da comprendere è che sei in prigione.
Nel momento in cui riconosci di essere in prigione, non riesci più a tollerarla. Nessuno può tollerarla, va contro la dignità umana. Inizierai a trovare modi per uscirne. Inizierai a trovare persone che ne sono già uscite. Puoi iniziare a cercare e a chiedere aiuto all’esterno, al di là delle mura, dove ci sono persone pronte ad aiutarti in ogni modo, ma non possono farlo se credi di vivere in assoluta libertà.
Se credi che questa prigione sia la tua casa non ha alcun senso, ovviamente, nemmeno il pensiero di sbarazzarsene. Le mura che ti tengono prigioniero le vedi come una protezione. Per cui non c’è motivo di fare un buco nel muro e di uscire, di cercare una scala, o di ricevere aiuto dall’esterno.
Dall’esterno possono anche lanciarti una corda, prepararti una scala, ma è possibile solo se riconosci la cosa fondamentale: che sei in prigione.
George Gurdjieff insisteva costantemente sul fatto che questa è una presa di coscienza fondamentale senza la quale non c’è progresso verso l’illuminazione: Se credi di essere libero, non puoi scappare!

Conquistati un’anima!
Gurdjieff è forse il solo uomo in tutta la storia che ha affermato con enfasi, contro il parere di tutte le religioni, che non avete un’anima, che dovete crearvela, solo allora la possedete. Non siete nati con l’anima, ma solo con la possibilità di averne una. Se vi impegnerete davvero, forse riuscirete ad averla. Altrimenti per la maggior parte delle persone ci sono solo nascita e morte: non hanno un’anima che sopravvive.
Era una bugia amorevole. Ciò che diceva è sbagliato, ma non posso affermare che abbia mentito per altri motivi, era solo per compassione. Che si nasce con un’anima è vero, ma è diventata una cosa talmente scontata che non rivolgete neppure uno sguardo dentro voi stessi. È necessario che qualcuno mandi in frantumi quest’idea di essere nati con un’anima, che vi dica che dentro siete vuoti: c’è un buco. Forse questo riuscirà a scuotervi, a svegliarvi. Forse può farvi venire l’idea di guardarvi dentro, almeno una volta, per controllare se l’anima c’è o se vi hanno imbrogliato.
E George Gurdjieff in questo secolo ha aiutato più persone di chiunque altro, perché ha creato un grande anelito: “Non morire prima di esserti creato un’anima, altrimenti nulla sopravviverà alla tua morte. Cristallizza il tuo essere affinché la morte non possa distruggerti. Non sei nato con un’anima, devi creartene una”.
L’idea di tutte le religioni, sebbene vera, non è stata di alcun aiuto: è diventata un ostacolo. La compassione di Gurdjieff è grande. Tutte le religioni erano contro di lui, è ovvio,
perché c’è un punto sul quale sono tutte d’accordo: tutti nasciamo con un’anima. Ma il punto di vista di Gurdjieff è più psicologico e più efficace nel creare la liberazione. Dice che siete solo un vuoto e rimarrete vuoti a meno di non compiere uno sforzo, con una forza di volontà molto determinata di creare un centro dentro voi stessi. Esiste la possibilità, il potenziale, ma dovete attuarlo. Questa sua intuizione è grande.

Tratto da: Osho, Libertà dai propri limiti, Videodiscorso tratto da The Invitation #4 disponibile in DVD in lingua originale e sottotitoli in italiano


Chi cerca trova

di Akarmo

La mia storia d’amore con Gurdjieff  – a cui sono davvero molto grato –  è iniziata tanti anni fa. È stato il mio primo vero passo sulla via della meditazione.
Ero ancora all’università e avevo sentito parlare di Gurdjieff e Ouspensky da un regista cinematografico i cui film per me erano stati una vera e propria iniziazione spirituale, Alejandro Jodorosky.
Dopo aver visto il suo film La Montagna Sacra, il vero salto nel “concreto” lo feci proprio con Gurdjieff, di cui Jodorosky aveva parlato in un’intervista del tempo. Immediatamente percepii dalle sue parole che sarebbe stata una persona chiave del mio cammino di esplorazione del mondo spirituale.
Non era facile trovare libri e informazioni in quegli anni – era il 1974 – senza computer né internet: tutto si basava su infiniti giri nelle librerie e  ricerche sui cataloghi degli editori. Alla fine trovai alcuni libri di Gurdjieff, un po’ in italiano e un po’ in inglese. Appena iniziai a leggerli capii che ero di fronte a un maestro autentico, non un semplice filosofo, anzi presto capii che era... il “mio” maestro!
Mi ritrovai a diventarne discepolo “per corrispondenza”, per così dire, perché ero io da solo con i suoi libri, letti, riletti e straletti, e ogni brano interpolato da esperimenti concreti: ricordare se stessi (come chiama lui l’essere consapevoli), un’accurata osservazione di se stessi, i propri pensieri e soprattutto le emozioni. E poi ritornare a leggere cosa diceva di questa cosa o quell’altra: un lavoro a tempo pieno che non mi lasciava spazio per altro. E sono andato avanti così per due anni.
Ma Gurdjieff diceva anche una cosa molto importante: che per un individuo da solo è praticamente impossibile realizzarsi, risvegliarsi, ci vuole la presenza di un maestro che sia “sveglio” 24 ore su 24; e se non hai un maestro, almeno lavorare all’interno di un gruppo, dove ci si aiuti a vicenda a stare svegli.
Io proprio non sapevo come fare a trovare un maestro... e neanche un gruppo. Però all’università vedevo sempre il tabellone enorme dove tutti appuntavano le loro piccole proposte commerciali: vendo moto, compro libro, cerco baby-sitter, eccetera...
E lì misi un bel cartello con scritto in grande Gurdjieff, Ouspensky e poi sotto “se anche tu come me sei su questo cammino incontriamoci per fare qualcosa insieme” e poi il mio numero di telefono.
Passarono i giorni e nessuno mi chiamò. Tornai all’università e il mio cartello era ancora lì, però notai che qualcuno ci aveva scritto qualcosa a mano, in piccolo. Lo presi e lessi: “Osho Ashram, 17 Koregaon Park, Poona, India” e poi sotto ancora più in piccolo “chi cerca trova”!
Mi dissi: “Boh! Questa è proprio misteriosa. Ma anche molto intrigante...”. E così scrissi una lettera a quell’indirizzo, raccontando tutta la storia e chiedendo cosa c’entrassero loro con Gurdjieff.
Qualche settimana dopo arrivò la risposta dall’India. Era Laxmi, la segretaria di Osho, che mi diceva: “In realtà Osho e Gurdjieff non sono due, anche se uno è fisicamente non presente... quello che succedeva ai tempi del Prieuré in Francia intorno a Gurdjieff ora sta succedendo qui intorno a Osho, quindi vieni!”.
Non mi buttai sul primo aereo, ma certo iniziai una nuova ricerca: qualcosa da leggere di questo Osho...
E di nuovo per un gioco di fortunate coincidenze trovai il primo e unico libro di Osho in italiano a quel tempo: La rivoluzione interiore.

Per farla breve, nel 1978 ero a Pune seduto davanti a Osho che diventavo suo discepolo. E tra le prime cose che lessi poi di Osho su Gurdjieff c’era un brano in cui diceva che sulla via di Gurdjieff dopo di lui non c’erano stati altri maestri illuminati e che quindi ora Gurdjieff stava spingendo tutti i suoi discepoli verso Osho, che era il più vicino al suo percorso...
Beh, con me ha funzionato!
Akarmo

 


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