Aver vissuto nelle comunità di Osho, sin da quando avevo poco più di vent’anni, mi ha sicuramente insegnato molte cose: la condivisione, il lavorare senza pensare in termini “economici”, non nel senso del danaro, perché Osho non ha mai giudicato il danaro o la ricchezza; parlo piuttosto della mente “economica”, in contrapposizione alla generosità che scaturisce dalla presenza, rispetto alle azioni.
Osho ci insegna ad agire da un spazio di consapevolezza, di osservazione e come conseguenza naturale ne scaturisce la totalità.
Nell’essere totalmente presente in un gesto, come ad esempio sorseggiare una tazza di tè, la consapevolezza si espande, tutti i sensi ne sono coinvolti. Il tatto, la sensazione della mano che sorregge la tazza, la sensazione del tipo di ceramica, liscia o ruvida, sottile o più grossa, le labbra che si appoggiano e percepiscono lo spessore della tazza, il caldo del tè, il gusto, e la sensazione dello stomaco che riceve un liquido caldo. Tutto questo accade all’interno di un ritmo e tu puoi essere partecipe di quel ritmo e di tutte quelle sensazioni.
L’esperienza sensoriale è percepita da una parte del cervello diversa da quella in cui sono collocati i pensieri; l’espansione dei sensi, porta all’espansione della consapevolezza. Un’azione in cui sono percepite anche le sensazioni, è un’azione che espande la sensibilità e quindi una parte maggiore di te ne è coinvolto.
La stessa azione svolta da uno spazio di “meccanicità” è molto meno appagante. Bevo il tè, trangugiandolo mentre la mia mente pensa ad altro, e alla fine non me ne sono neanche accorta! Questa azione mi lascia vuota e insoddisfatta.
Quante volte in un giorno facciamo azioni e movimenti da questo spazio meccanico e “assente”? Ecco perché alla fine di una giornata potremmo sentirci svuotati e, dopo anni di vita meccanica, profondamente tristi e senza gioia di vivere.
Un’azione consapevole porta con sé un certo coinvolgimento e una certa attenzione, e ci aiuta a essere nel momento presente. E quando sei nel presente e i pensieri non interferiscono, qualsiasi cosa tu stia facendo acquisisce la qualità della totalità. Un’azione consapevole è fatta meglio, l’area sensoriale espansa ti fa cogliere cose o dettagli anche alla periferia dell’azione stessa. La totalità non è concentrazione, è presenza nel qui e ora, e dal qui e ora sorgono intuizioni, si vedono cose che quando sei perso nei tuoi pensieri possono sfuggire... nasce una grazia intorno a quel movimento o a quell’azione.
Un altro fraintendimento in cui la mente spesso cade, è pensare che totalità sia sforzo o velocità; al contrario totalità è connessione al tuo ritmo naturale, a volte veloce, a volte lento, un ritmo in cui tu sei consapevolmente coinvolto. A volte la totalità porta all’assoluta non azione, piena di presenza.
Nella mia esperienza – mentre conduco un gruppo o anche mentre lavo i polsini delle camicie prima di metterle in lavatrice – la sensazione di appagamento interiore non ha nulla a che vedere con l’attività che sto svolgendo, ma con la mia presenza al momento. Quando sono totalmente lì, in ogni gesto, o percepisco ogni mio movimento, qualcosa sgorga da dentro, qualcosa che “avvolge” il movimento, e la qualità che ne deriva è la grazia.
Nella presenza mi accorgo di dettagli che la preoccupazione o i pensieri offuscano: la presenza infatti aumenta la percezione, e l’aumento della percezione aumenta la visione e la spontaneità.
Ecco le due facce della stessa medaglia: se da una parte c’è la totalità, dall’altra, quando sei immerso nel momento, le risposte che sgorgano da quello spazio sono spontanee, non prestabilite e non meccaniche. Divieni fluido e intelligente! Ed è un altro tipo di intelligenza, che non ha nulla che fare con la conoscenza, ma ha a che fare con l’essere totalmente vivo e vibrante in ogni cellula.
Ma allora qual è l’impedimento alla presenza? Perché non siamo naturalmente nel qui e ora?
Perché siamo stati “addestrati” ad avere una meta. Perché siamo stati allevati con condizionamenti che privilegiano il risultato e non danno importanza alla vita in ogni istante. Fin da bambini la spinta è stata al far bene, al risultato, a ciò che gli altri avrebbero visto o pensato di noi, e tutta l’energia così si è spostata all’esterno, alla periferia e non verso l’interno. E tutta l’ energia ha imparato il percorso neuronale del pensiero, del controllo, e non quello dei sensi, delle sensazioni.
La presenza è una nuova via, non contiene giudizio né aspettative, non ha né passato né futuro.
Osho, il Buddha e altri grandi mistici ce l’hanno mostrata, ma non fa parte del bagaglio culturale e di conoscenza acquisito, soprattutto in Occidente. Va quindi cercata consapevolmente, coscientemente.
Soltanto scegliendo la via della presenza possiamo avere una vita soddisfacente. La felicità o il benessere a cui tutti aneliamo sono infatti qui, a disposizione in ogni istante, in ogni nostra azione. Spesso cerchiamo l’appagamento chissà quando e chissà dove... in realtà è possibile solo qui e ora, in ogni momento, in ogni movimento, in ogni istante. E quando agisci dallo spazio della presenza, le tue azioni sono avvolte da qualcosa che è percepito come amorevolezza o grazia.
Nei gruppi che conduco, nelle sessioni, nella vita quotidiana, ho una passione che mi muove, un fuoco che arde indisturbato nel cuore: come essere sempre più presente, come assaporare ogni istante, come regalarmi un alto livello di soddisfazione interiore in ogni momento... È la candela che brucia da entrambi i lati di cui parla Osho!
È un continuo invito a salire sul treno della meditazione, della totalità e dell’amore!

Siddho conduce da molti anni gruppi e training In Italia e in Europa, e ha fondato un centro di meditazione a Milano, l’Osho Tao. Per informazioni: www.costellazionisistemiche.net - www.oshotao.it
Al prossimo OshoFestival di Bellaria dal 16 al 19 aprile 2015, Siddho condurrà alcuni eventi. Guarda il programma
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