testata_mare.psd
newsletter n. 055

Indietro

Ricordi come fiori – 2

Osho e la sua famiglia. Una bellissima intervista di Sadhana, a Shashi Bhabhi, tradotta in italiano direttamente dall’hindi

– SECONDA PARTE –


Preziosi testi apparsi su Osho Times n. 217

 


Shashi è la cognata di Osho, moglie di suo fratello minore, Vijay. Tutti la chiamano Bhabhi, che in hindi vuol dire... cognata. Da quando è andata a  vivere a Pune, nella Comune di allora, oggi Resort, è diventata la Bhabhi di tutti!
Quando ho detto a Shashi Bhabhi che volevo intervistarla lei mi ha risposto: “Io che cosa ho da dire? Non sono una che sa tante cose né sono meditativa, ho studiato solo fino alla prima media e sono una donna di paese”. Le ho risposto: “Hai certamente tanti piccoli ricordi di Osho e questo non ha alcuna relazione né con la conoscenza né con la meditazione. Quelle cose riguardano il cuore e hanno le loro leggi. Da questi ricordi l’ombra della figura di Osho può raggiungere altre persone”.
Udito ciò, Shashi Bhabhi era pronta a raccontare...

– SECONDA PARTE –


“Tutti i miei figli sono nati in casa e non appena cominciavano le doglie, il padre di Osho prendeva l’orologio e aspettava. Quando sentiva il primo vagito scriveva l’ora e inviava un telegramma a Osho che al più presto avrebbe mandato il nome del bimbo. Ho avuto 5 figli e Osho si è preso cura di loro con così tanto amore che è difficile descriverlo…”.
A questo punto dell’intervista, riporta Sadhana, Shashi Bhabhi ha dovuto fare una pausa, perché questi ricordi le hanno provocato un lungo pianto di tenerezza e gratitudine. E poi, asciugandosi le lacrime, ha ripreso il racconto: “Osho ha dato il nome a tutti loro. Il primo lo ha chiamato Maitreya (pron. Meitrey), ma nonna non riusciva a pronunciarlo, quindi lo chiamava Mittu e alla fine diventò Mittu per tutti. Quando nacque, Bhaia (così chiamavano Osho in famiglia, che vuol dire “fratello”, N.d.R.) mi disse che aveva dei problemi, che non era normale. Infatti a 3 anni ancora non camminava e non parlava e tutti eravamo molto preoccupati. Lo abbiamo portato da ogni genere di medico, ma Osho diceva: ‘Puoi fare quello che vuoi, ma rimarrà così com’è, non avverrà nessun cambiamento in lui’. Una volta Bhaia venne a mangiare da noi e gli dissi dei problemi che incontravamo con Mittu. ‘Va al fiume per fare il bagno con il servo e la gente si lamenta di tante cose: fa cadere l’asciugamano di uno, butta via la camicia di un altro.... noi ogni volta restituiamo o rimborsiamo tutto, ma fino a quando continuerà così?’. Osho mi disse che la gente sarebbe arrivata persino a inventarsi delle storie su di lui, bugie, ma che dovevo accettarle. ‘Tutte le madri desiderano che il proprio figlio vada a scuola, all’università, che diventi ricco e famoso, ma tutto questo lui non lo farà mai nella sua vita. Ma se gli dico io di fare qualcosa per me, lui lo fa, invece se glielo chiedi tu non lo farà mai!’. Ed era proprio così!”.

Mittu è conosciuto a tutti coloro che han­no frequentato Pune, almeno fino alla sua morte, nel 2006. Sempre al fianco di Shashi Bhabhi, era un uomo dallo sguardo di bambino e un animo tanto dolce – come il significato del suo nome – quanto giocoso e ribelle.
“Mittu aveva una relazione profonda con Bhaia, era pazzo di lui, al punto che quando gli portavo da mangiare alla stazione, appena arrivava il treno, saliva immediatamente! Quando lo vedeva faceva i salti di gioia e Bhaia ogni volta gli portava un regalo. Lo chiamava ‘brumbrum Baba’, perché a Jabalpur Osho aveva la macchina.

Dopo di lui ho avuto 2 femmine.
Mi ricordo ancora una scena… era mattina e la madre di Osho stava scaldando il latte. Io ero appoggiata alla porta della cucina e Bhaia diceva: ‘Shashi è molto minuta, non ce la fa a stare dietro ai bambini, devi far fare l’intervento a Vijay (per non avere più figli)’. E la madre si arrabbiava e diceva: ‘Chi manderà avanti il negozio di Vijay? Mittu non parla e le femmine se ne andranno via di casa! Finché non arriverà un maschio non gli darò il permesso di fare l’intervento’. Poi però arrivò un’altra femmina. Al quinto tentativo arrivò finalmente Ashu, il maschio. Quando aveva 3 giorni, Vijay andò a Jabalpur a fare l’intervento, come Bhaia aveva detto!
Vijay si fidava tanto di quello che diceva, aveva assoluta fiducia. Quando andava ancora a scuola non studiava per niente. La madre brontolava, ma lui diceva di non preoccuparsi: ‘Quando ci sarà l’esame metterò una camicia pulita di Bhaia e lo passerò’. Osho a quel tempo insegnava all’università di Jabalpur e si prendeva cura anche di lui. Ogni mese, quando riceveva il salario gli dava 100 rupie e diceva: ‘Prendi, perché sei tu che dovrai mandare avanti la casa, ne avrai bisogno’.

Bhaia vide Ashu per la prima volta quando aveva 3 mesi. Era molto grassottello, aveva la pelle molto chiara e non piangeva mai. Gli facevo il bagno, poi lo sdraiavo sul tavolo e lui stava buono, ma teneva il collo sempre storto. Quando Bhaia lo vide indagò: ‘Perché ha il collo storto? È tutto a posto?’. La madre gli rispose: ‘Tu trovi sempre qualche difetto nei figli. Ha la pelle chiara, per questo tiene il collo storto”. Bhaia non l’ascoltò, che relazione c’era tra la pelle chiara e il collo storto?
Lo stesso giorno Osho mandò il suo aiutante, Gupta, a chiamare il Dr. Rathi, dicendogli di non dirlo a nessuno in casa. ‘Quando arriva il dottore porta Ashu sul terrazzo sul tetto e noi ti raggiungiamo’. Osho fece visitare il bimbo, dicendo al medico che se ci fosse stato qualche problema poteva portarlo a Jabalpur dove c’era un grande ospedale, ma il dottore lo tranquillizzò dicendo che il bambino era solo troppo pesante. Gli disse di mettere i cuscini da tutte e due le parti quando era sdraiato e che sarebbe andato a posto. Per le malattie Osho era molto pratico, diceva subito: ‘Fallo vedere al dottore’ e non ha mai avuto fiducia nelle cure casalinghe.

La mia seconda figlia, Pinki, nacque con 6 dita, due pollici, e per questo alcuni la chiamavano Cingo, scimmia. Nonna diceva che ci sono poche persone con 6 dita e che sono molto fortunate, intendendo dire di lasciarla stare come era, ma Bhaia non era d’accordo e prese un appuntamento con un chirurgo di Jabalpur per eliminare il sesto dito.
Bhaia era contrario al buco al naso, che in India fanno tutte le bambine, ma non voleva che lo facessi alle mie figlie, perché diceva che rovina il viso. La madre disse: ‘Quando una di loro si sposerà la famiglia di suo marito dirà che suo padre era così tirchio che non le ha fatto fare il buco al naso’. Osho rispose che, se quello era il motivo, potevano comprare un anello d’oro e darlo direttamente al padre, senza deturparle il viso.
Dal 1970 in poi il lavoro di Osho era molto aumentato, stava diventando famoso nel mondo e veniva sempre meno a Gadarwara. Arrivò il momento in cui tutta la famiglia lasciò Gadarwara per sempre. Nel 1979 il nonno morì e Osho disse a Vijay che ora avrebbe dovuto vendere la casa e il negozio, in modo da trasferire tutta la famiglia a Pune. La madre disse: ‘Cosa dici? I ragazzi stanno studiando al villaggio, come faranno a studiare a Pune? E chi si prenderà cura del negozio di Vijay?’, ma per Vijay le parole di Osho contavano più di tutto e cominciò a vendere la merce. Dopo quattro mesi io e Vijay ritornammo a Pune e andammo a incontrare Osho che gli disse di vendere anche la casa. Io per la prima volta non fui d’accordo con lui e dissi: ‘Bhaia, gli hai fatto vendere il negozio e io non ho detto niente, ma la casa non si  può vendere. Tu hai vissuto lì, abbiamo ricordi di tutta la famiglia e ho dedicato tanta cura a quella casa per 20 anni, come faccio a venderla ora?’. Osho disse: ‘Finché c’è la casa, la tua mente sarà sempre lì. Invece, se lasci il piccolo cortile potrai vivere nel grande cortile’. Alla fine lasciai con tanto coraggio il ‘pic­colo cortile’ e mi trasferii a Pune, nel­l’Osho Commune, ‘il grande cortile’, con tutta la famiglia.

Nel 1981 Osho andò in Oregon e nel 1983 chiamò tutti i suoi familiari.
Tutti dovevamo lavorare un minimo di 12 ore al giorno e io lavoravo in cucina, insieme a tutti i sannyasin occidentali. Sua madre andava a incontrarlo tutte le settimane e Osho una volta le chiese: ‘Come si trova Shashi a lavorare con gli occidentali?’. La madre rispose: ‘È molto felice e contenta, però non sa l’inglese’. Da quel giorno Osho incaricò una persona, Ma Taru, di insegnarmi almeno le parole della cucina e così cominciai a imparare l’inglese: quando avevo tempo mi mettevo a studiare. In pochi giorni imparai le parole più importanti. Ma il mio inglese è ancora traballante”.
Nelle sue frasi ci son solo le parole, non c’è grammatica, ma gli occidentali la capiscono, dice Sadhana. Shashi ancora oggi lavora all’Osho Meditation Resort, in Samadhi, alla mattina dalle 7 alle 9 e il pomeriggio dalle 3 alle 4.
“Dopo il sannyas Osho mi aveva detto di fare una meditazione al giorno. Cominciai a fare la Nadabrahma, ma solo ora sento il vero ‘nettare’ della meditazione. La mattina alle 6,30 arrivo a Chuang-Tzu, apro le porte e aspetto le persone che arrivano per la meditazione del silenzio. Il silenzio della mattina, il canto degli uccelli e il silenzio della stanza... Questa atmosfera mi porta in profonda meditazione.
Nel mio cuore c’è così tanta gratitudine per Osho che non riesco ad esprimerla. Ero una ragazza ignorante di paese e Osho dove mi ha portata? Lo vedi dove sono adesso?”.
Il resto della chiacchierata è andato in lacrime, poi asciugandosi le lacrime Shashi Bhabhi mi ha detto: “Sadhana, porta a tutti il mio namasté, alle persone che leggeranno questo articolo, alle persone che stanno cercando… e dopo preparerò i ciakati per te”.


Tratto da YES OSHO, la rivista in hindi
dedicata a Osho e alla sua visione


Vai alla PRIMA PARTE

Per informazioni sull'Osho Meditation Resort di Pune vai su osho.com

Indietro




 OSHO TIMES --- La rivista di Osho dedicata all'arte della meditazione
 C.P. 15 - 21049 Tradate VA - Italia --- tel e fax 0331 810042
  www.oshotimes.it  -  oshoba@oshoba.it