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A casa dopo il gruppo

Dopo aver partecipato a un gruppo o a un campo o evento di meditazione ci sentiamo belli, freschi e trasformati, come se non esistessero problemi di alcun genere nella vita. Ma spesso subentra anche la paura di perdere quello stato di grazia e di ritornare a essere esattamente come prima... In dialoghi a tu per tu coi discepoli, Osho dà alcuni suggerimenti su come affrontare il “dopogruppo” 


Un prezioso testo di Osho apparso su Osho Times n 222

 

L’obiettivo è la chiarezza

Il dolore e la sofferenza rimangono, fanno parte della vita. Hai solo bisogno della chiarezza necessaria per vedere ogni cosa nella giusta prospettiva, ogni cosa nella giusta luce. E a quel punto ogni cosa va al suo posto. Anche il dolore, anche la sofferenza diventano parte di un’armonia più vasta. Non cambiano, restano, fanno parte della vita, ma ora non sono più solo fatti isolati, ma fanno parte di un tutto più grande. Quando hai un chiaro quadro della situazione riesci a vedere che quel tutto non può esistere senza questa parte, è impossibile.

Lo accetti, perché la felicità non può esistere senza l’infelicità, e il giorno non può esistere senza la notte. Quando tutto acquisisce la giusta prospettiva cambia l’atteggiamento generale. Di solito ciò che vedi è un giorno tra due notti, ma non appena acquisisci un po’ di chiarezza, vedi due giorni, tra cui accade una notte. Normalmente quando guardi l’infelicità, la tristezza, la frustrazione, le estrapoli dal contesto, le guardi come elementi isolati, ed è doloroso, perché sembrano senza significato.

Il dolore fondamentale è senza significato. Perché? Perché si soffre? E se non riesci a comprenderne la ragione diventa insopportabile. Quando riesci a comprenderne il perché non è più un fatto isolato, è diventato parte di uno schema. E in un grande dipinto, c’è bisogno del nero come del bianco, altrimenti il quadro non esiste nemmeno. L’infelicità è necessaria, tanto quanto la felicità. Sono come due ali, e quando sai che sono due ali, devi usarle tutte e due per volare nel cielo dell’esistenza. E a quel punto accetti, e accetti in profonda gratitudine. Accetti persino la sofferenza, perché ora vedi che ha un significato. È un passo verso qualcosa di più grande, fa parte di un’armonia più grande. Non è isolata, ha un significato.

Quando la sofferenza acquisisce significato, hai trasceso. Ora non te ne preoccupi più, non vuoi liberartene, perché se lo fai, anche tutto ciò che è bello se ne andrà insieme a lei.

Hai compreso che la rosa, nella sua bellezza, esiste tra le spine, e quelle spine fanno parte della sua crescita. E anzi la proteggono, la difendono. Non sono nemiche, non sono contro la rosa. Se una spina a volte ti dà del dolore, è solo perché non ne hai compreso il significato.

Non c’è bisogno di andare alla ricerca della sofferenza, di cercare le spine, ma quando le trovi, accettale.

Guardale in trasparenza, attraverso la tua chiarezza di visione, in modo da poter vedere che da entrambi i lati della notte ci sono giorni. E la notte diventa sempre meno oscura, diventa un ponte tra un giorno e l’altro. Non è contro il giorno, anzi è un riposo. Un nuovo giorno può nascere da quel riposo. La notte diventa come un grembo, creativo. Il buio è creativo e anche la sofferenza.

Se incontri una persona molto ricca interiormente, scoprirai sempre che ha sofferto molto. Una persona che non ha sofferto molto la troverai sempre insipida, superficiale. Riderà, ma la sua risata non avrà profondità, non arriverà dal cuore. Sarà come dipinta sulle labbra. Se ne ascolti il suono ti accorgerai che è molto superficiale. Non arriva dal suo essere, non comunica alcun significato, alcuna profondità. Quando incontri una persona che sa ridere profondamente, ricorda che ha anche pianto profondamente. La risata è arricchita dalle lacrime. Se non sei capace di piangere non sarai capace di ridere. 

Questa è chiarezza: vedere la vita com’è e non chiedere l’impossibile. Se chiedi l’impossibile, desiderando solo giorni senza notti, solo felicità senza infelicità, generi una sofferenza senza senso per te stesso. Ed è senza senso perché chiedi l’impossibile e non potrà mai accadere. È a causa della tua mancanza di intelligenza che nasce quella sofferenza. Non fa parte della vita, potrebbe essere evitata. Non ce n’è bisogno, è inutile. 

Esiste una sofferenza inutile: quella che tu crei. Ed esiste una sofferenza che è molto importante: quella che la vita ti dà.

Ti innamori: ovviamente entra in gioco la sofferenza. Se vuoi amare dovrai soffrire molto e se ti lasci spaventare dalla sofferenza, un po’ alla volta avrai paura dell’amore. E magari arriverà il momento in cui non soffrirai più, ti sarai costruito una vita molto comoda e agiata, ma ti sfuggirà tutto ciò che è bello, perché tutto ciò che è bello arriva attraverso l’amore… e l’amore arriva solo se sei pronto ad accettare anche la sofferenza. È il prezzo da pagare. Niente è gratuito nella vita, ogni cosa ha il suo prezzo. Ed è giusto così, perché se tutto fosse gratuito, sarebbe anche privo di significato. E nessuno si divertirebbe.

Usa la chiarezza per guardare a fondo i problemi e non cercare di cambiare le cose, cerca semplicemente di accettarle. Continua a creare sempre più chiarezza, e quello è l’unico cambiamento, l’unica trasformazione. Continua ad andare sempre più in alto sulla cresta dell’onda della chiarezza e della consapevolezza. E più in alto vai, più si presenta ai tuoi occhi un mondo diverso. Il mondo resta lo stesso, ma i tuoi occhi chiari ora ti danno un quadro differente, e un po’ alla volta ogni cosa trova il suo posto. E un giorno ti accorgi che tutto è come deve essere.

Quella è la perfezione della chiarezza, tutto è come deve essere, non c’è bisogno d’altro, tutto è perfetto. Questo mondo è il mondo perfetto.

In quel momento la tua accettazione è totale e quando l’accettazione è totale tutte le ferite sono guarite. Consegui la calma del Buddha, l’innocenza di Gesù, o la superba perfezione di Lao-tsu… Normale eppure straordinaria. Ami la stessa vita eppure non è affatto la stessa vita, contiene una danza diversa.

Quindi usa la chiarezza, goditela, divertiti in essa.

 

Il vero lavoro

Qualsiasi cosa tu abbia ottenuto dal gruppo, è solo uno scorcio, non è niente di duraturo. È solo un bagliore, non è una trasformazione del tuo stato di consapevolezza. Quindi, se non ci lavori su, lo perderai. Si impolvererà e lo dimenticherai. Più ti allontanerai da esso nel tempo, e più diventerà incredibile. Un po’ alla volta ti chiederai se è accaduto veramente, o te lo sei solo immaginato.

Nel gruppo non sei solo, entra in funzione una consapevolezza collettiva. In un gruppo puoi raggiungere altezze che non hai mai raggiunto da solo, profondità che non hai mai toccato da solo. Un gruppo può essere molto più “sacro” di tutti i suoi membri messi insieme. E può anche essere “diabolico”, più di tutti i suoi membri messi insieme.

Nella folla la gente si comporta come non si comporta di solito. La responsabilità scompare, non sei più te stesso. È la folla che decide, qualcosa di simile a uno spirito collettivo prende il sopravvento. Chiedi a ogni individuo separatamente e ti dirà che è una follia, ma nella folla lo farà, inconsapevole di ciò che fa. Lo stesso è possibile all’altro estremo.

In una mente collettiva puoi toccare vette più alte di quanto non faresti da solo. Non c’è niente di male, ma non bisogna dimenticare che è un bagliore, che stai cavalcando un’onda di cui sei solo una parte. Una volta finito, il gruppo tenderà a diventare soltanto un ricordo, un bel ricordo: te lo sei goduto, ma poi sei ritornato alle vecchie abitudini.

Resisti a quella tentazione e qualsiasi cosa tu raggiunga nel gruppo, cerca di raggiungerla anche individualmente. Puoi riuscirci subito dopo il gruppo, perché il ricordo è fresco e c’è ancora fiducia. L’idea stessa che tu abbia avuto un bagliore ti sarà utile. Dopo alcuni giorni non ti servirà, quindi subito dopo un gruppo devi fare il lavoro più importante: il vero lavoro inizia quando il gruppo finisce.

Cerca di raggiungere da solo ciò che hai raggiunto nel gruppo. Ho parlato di chiarezza, cerca di ottenere quella chiarezza da solo, senza aiuto, senza guida, senza il gruppo che agisce come catalizzatore, senza la consapevolezza del gruppo a spingerti. 

Da soli si tende a rilassarsi, a diventare pigri, ma in quei piccoli bagliori di consapevolezza, quando l’ego diventa un oggetto, impotente e non ti possiede… Ed è per questo che ti senti così bene, perché l’ego è l’unica cosa brutta della vita. È una brutta distorsione della consapevolezza, nella trasformazione della consapevolezza qualcosa è andato storto…

Quindi quando senti che qualcosa è successo e resta vago e nebbioso, nella foschia, cerca di nutrirlo e di valorizzarlo di continuo. Rivivilo da solo e vedrai che è possibile raggiungerlo. E a quel punto il gruppo è stato davvero importante. Ti ha aiutato ad avere un’esperienza e ora vivi quella esperienza anche da solo. Quando provi la stessa cosa da solo, ti senti ancora meglio, perché non c’è dipendenza.

C’è la possibilità di continuare a passare da un gruppo all’altro, quasi come fosse una droga. Come un alcolizzato passa da una bottiglia all’altra. Questo è pericoloso. Il gruppo non deve diventare uno stile di vita. È bello per quello che dà, ma poi devi lavorare da solo. E allora sì, vai a fare un altro gruppo, ma con una consapevolezza più elevata. Non ripetere la stessa cosa, non rifare la stessa cosa. 

Raggiungi qualcosa e rendila una cristallizzazione permanente dentro di te.

Tratto da: Osho, Above All Don’t Wobble #10

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