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L’arte dell’ascolto

Una via naturale verso la meditazione
Leela Waduda risponde a una semplice domanda sul­l’ascolto, rivelandone risvolti molto pratici e utili a vecchi e nuovi meditatori 
 
 
Da un articolo apparso su Osho Times n 224 
Leela Waduda sarà all'OshoFestival di Bellaria 2016
 
immagine di donna che ascolta
 
Marga: Leela, vorrei che mi parlassi dell’ascolto, e in particolare dell’ascolto di Osho, come via verso la meditazione…

Leela Waduda: Certo, però prima vorrei fare una premessa sull’uso dei 5 sensi nella meditazione, per contestualizzare al meglio l’argomento.

Tutti noi abbiamo 5 sensi: vista, udito, tatto (che noi, cioè io, Alvina e Prasad, preferiamo chiamare “sentire”), gusto e olfatto, ma quelli più usati nelle tecniche di meditazione sono i primi 3. 

Osho, soprattutto nel Vigyan Bhairav Tantra, ma anche in molte altre serie di discorsi – The Hidden Harmony, The Book of Wisdom e The Secret of Secrets – dà molte tecniche di meditazione appartenenti a diverse tradizioni e gran parte di esse impiegano l’ascolto, il sentire o la vista; talvolta sono anche combinazioni di 2 sensi, o di tutti e 3 i sensi insieme. 

La ragione per cui queste 3 modalità – vedere, sentire, ascoltare – sono usate come base per le tecniche di meditazione è che rappresentano ciò che ci è più direttamente accessibile, ciò che ognuno è in grado di riconoscere e di notare. Tutti possiamo accorgerci di vedere, di ascoltare, di sentire.

Sentire è il senso più fondamentale, perché è anche il punto di partenza. Credo che sia anche il primo – o probabilmente il più importante – dei sensi nel bambino appena nato. E la gran parte delle esperienze più importanti della vita diventa accessibile attraverso il sentire. L’amore, per esempio: si deve sentire per poter amare. Si deve sentire per provare compassione. Si deve sentire per provare gratitudine. Nel corso di tutti gli anni passati con Osho c’è stata un’enfasi enorme sull’aprirsi al sentire. Abbiamo tutti impiegato un’enorme quantità di impegno nel lavoro sulle emozioni e sul sentire, proprio perché è così primario e importante.

Per quanto riguarda il vedere, può essere rivolto sia all’esterno che all’interno. Parecchie tecniche richiedono inizialmente di tenere gli occhi aperti e guardare all’esterno. Ma molto spesso usiamo la vista di qualcosa all’esterno per vedere quello che c’è dentro di noi. E a quel punto di solito vediamo la nostra energia, la luce all’interno, o metafore che rappresentano delle qualità interiori.

Il senso visivo permette a una persona di avere anche un’enorme chiarezza che non è sempre sotto forma di immagine come ciò che vediamo all’esterno; a volte si tratta semplicemente di vedere l’essenza, la luce che sta dentro la forma, la connessione. Mi succede spesso: capita che dopo un po’ che lavoro con un gruppo di persone, anziché vedere ciascuno come individuo separato, con un corpo, un punto di vista, dei desideri, dei bisogni, arrivo a vedere solo un’interconnessione di tutti noi che ha un po’ l’aspetto di una rete di stelle, in cui ogni individuo risplende con la propria luce, ma in connessione con gli altri. Quindi succede che a volte il senso visivo non è tanto inteso in senso esterno, ma può essere più una visione interiore. E credo che subisca delle evoluzioni in ciascun individuo nel corso del tempo e con la pratica. Lo stesso vale per l’udito: via via che il senso uditivo diventa più sensibile, la persona riesce a recepire attraverso l’udito anche ciò che non è detto, ciò che rimane “tra le righe”: in altre parole è in grado di comprendere il significato di qualcosa non necessariamente mediante il suono stesso, ma grazie a una sensibilità interiore del canale uditivo. 

Quindi man mano che una persona scende sempre più in profondità nella meditazione, l’esperienza dei sensi non è più tanto materiale. I sensi acquisiscono una qualità più energetica, una qualità che va al di là della forma fisica, del suono fisico, del colore fisico delle cose: qualcosa di più grande di tutto ciò. I sensi sono finestre che si aprono su questa dimensione che è al di là; oltre la mente, oltre i sensi. 

E ora, parliamo dell’ascolto!

Conduco molti gruppi in Italia e i discorsi di Osho nell’Evening Meeting ne sono parte integrante e rappresentano una delle meditazioni, anzi la meditazione più importante del gruppo, qualsiasi esso sia. 

Spesso succede che gli italiani siano riluttanti a parteciparvi, a meno che non siano sottotitolati, perché essendo in inglese temono di non comprenderne il contenuto. Quindi nel gruppo spieghiamo sempre come ascoltare Osho e facciamo meditazioni orientate precisamente a questo.

La meditazione di base è una tecnica che Osho ha dato nel Vigyan Bhairav Tantra: Ascoltare attraverso il cuore. Quando ascoltiamo attraverso il cuore possiamo metterci in ascolto di qualsiasi cosa: il canto degli uccelli, il vento che soffia tra gli alberi, le onde dell’oceano, la pioggia, la musica, un’altra persona che parla. Con il cuore possiamo persino ascoltare la nostra stessa mente che parla. Ancora più importante è ascoltare Osho con il cuore, perché anche senza conoscere il significato delle parole in inglese si riceve comunque la vibrazione che Osho sta trasmettendo.

Per esperienza personale, pur capendo l’inglese, è più importante ascoltare con il cuore e ricevere l’energia che Osho trasmette mentre parla che non capire ciò che dice. Ho notato che quando ascolto Osho con il cuore, davvero profondamente, mi arriva la vibrazione di ciò di cui parla. Per esempio, se inizia a parlare dell’hara, qualsiasi descrizione ne stia dando comincia a prendere forma dentro di me: può presentarsi come un riconoscimento dell’hara e di come l’energia nasca attraverso di esso, o qualcosa del genere. Lo stesso vale per altri contenuti: se al centro del discorso c’è il terzo occhio, il mio terzo occhio comincia ad aprirsi, e molte delle cose che dice riguardo al terzo occhio mi diventano chiare e accessibili.

Lo stesso vale quando nei discorsi ci guida verso il centro. Inizialmente, proprio perché capivo l’inglese, cercavo di seguire le sue istruzioni alla lettera, frasi come: “Vai diritto come una freccia, come se questo fosse l’ultimo attimo della tua vita”. E mi sforzavo di farlo, cercavo di seguire e mi ritrovavo a saltare di qua e di là dentro di me, non sapendo bene dove fosse il centro. Poi alla fine mi sono rilassata e ho semplicemente ascoltato profondamente Osho trasmettere la vibrazione. E ricevendo quell’energia il centro mi si è rivelato.

Fin da allora ho imparato a non sforzarmi così tanto per far accadere qualcosa, ma piuttosto a rilassarmi e ascoltare: attraverso l’ascolto accade da sé, senza che da parte mia ci sia uno sforzo per farlo accadere. È questo che spiego a chi partecipa ai nostri gruppi in Italia e non capisce l’inglese.

E talvolta sono proprio gli italiani che non capiscono l’inglese ad avere un’esperienza più profonda durante i discorsi, perché diversamente da chi capisce l’inglese, non cercano di ascoltare attraverso la mente e di capire tutte le parole. Quindi si può dire che non capire la lingua a volte rappresenti persino un vantaggio.

La cosa importante, comunque, che si conosca l’inglese o no, è semplicemente rilassarsi e ricevere profondamente. Io dico “ricevere attraverso il cuore”, ma non è detto che per tutti sia così; per alcuni potrebbe essere uno spazio di silenzio senza pensieri nel quale ascoltano e ricevono semplicemente l’essenza di quello che il maestro sta indicando o suggerendo. E sento che ciò che Osho trasmette costantemente è la consapevolezza stessa, anche quando parla di alcuni aspetti della vita come l’amore, la gratitudine, l’energia che dimora nel nostro sistema. O quando descrive gli ostacoli, come la rivalità, la gelosia, la tristezza, le emozioni o qualsiasi altra cosa. Di qualunque cosa Osho parli, trasmette costantemente un livello profondo di comprensione di quella determinata cosa al di là della mente. Ma ancora più rilevante, trasmette costantemente la consapevolezza stessa, e aprendosi a questa trasmissione energetica la consapevolezza dentro ciascuno di noi è risvegliata dalla vibrazione veicolata da Osho. Per questo l’ascolto è estremamente importante.

Sono anche altri gli elementi importanti che riguardano l’ascolto. Per esempio, nella tradizione Zen si fa un largo uso dei cosiddetti koan. Un koan è un quesito che non ha risposta e poiché è senza risposta la mente dapprima si sforza di risolverlo, cercando, in un modo o nell’altro, di trovarla. Ma a un certo punto, quando la mente è sfinita dal tentativo di risolvere un quesito che non ha soluzione, diventa silenziosa. In quel silenzio ci si rivelano molte cose; ci si trova davanti a un’enorme chiarezza e saggezza; si apre una vasta profondità che è al di là della mente. E si ha un assaggio della consapevolezza.

Non che la mente non sia qualcosa di straordinario, lo è, nella stessa misura in cui lo è qualsiasi altro processo, come il vento, le onde, i fiumi. Sono belli come la mente e il suo moto, le sue impennate, la sua creatività, la sua attività di pensiero. Ma se ti identifichi con la mente e arrivi a credere di essere i tuoi pensieri, a quel punto la mente comincia a formare qualcosa di simile a un muro – non saprei come altro descriverlo – che offusca l’essere, offusca la consapevolezza. Quindi, in un certo senso, se sei troppo nella mente, se pensi troppo tutto il tempo, cercando sempre di risolvere e capire tutto, di arrivarci attraverso le parole, questo ti impedisce di giungere al reale. 

E tornando ai koan Zen, è possibile creare dei koan personalizzati, usando delle semplici domande... Per esempio, se ti ritrovi bloccato in qualche storia che ti tormenta senza sosta e la tua mente è lì che cerca di vedere la cosa da una certa angolazione, e poi da un’altra, e tenta di capire di chi è la colpa, o del perché, o che cosa hai fatto di sbagliato, e così via, suggerisco di utilizzare una semplice frase: “È vero che…?”. Ad esempio: “È vero che ho fatto qualcosa di sbagliato?”. “È vero che sono cattivo?”. “È vero che sono un fallimento o che sono inadeguato?”. O qualcosa di simile. 

E di fronte alla domanda la mente di primo acchito va a rispondere. La mia lo fa; se pongo una domanda del genere la mia mente dice: “Sì! Sì! Sì!”. Ma se continuo a chiedere e vado più in profondità e ascolto con il cuore, un po’ alla volta la mente smette di rispondere; e comincio a udire il silenzio. E questa è una straordinaria, fantastica possibilità alla portata di tutti, perché il silenzio è già lì, è nel nostro centro, basta solo fermare il chiacchiericcio quel tanto da permetterci di ascoltarlo profondamente. E anche se la mente continua a chiacchierare possiamo comunque ascoltare il silenzio, perché è un po’ come quando siamo al ristorante con un amico. La nostra attenzione è rivolta alla conversazione con il nostro amico, ma udiamo i rumori di sottofondo dei piatti lavati in cucina; udiamo le persone attorno che a loro volta parlano tra loro. Non li ascoltiamo veramente, sono solo rumori di fondo, e benché l’orecchio sia in grado di percepirli, è solo la conversazione con l’amico che ascoltiamo veramente. 

Possiamo fare lo stesso con il silenzio dentro di noi: possiamo ascoltare il silenzio anche mentre la mente chiacchiera; possiamo lasciarla fare, come con i piatti lavati al ristorante, o le persone dei tavoli accanto, senza ascoltarla veramente e restando in profondo ascolto del silenzio interiore. E via via anche quel brusio periferico scemerà fino a scomparire. 

Quindi l’ascolto rappresenta una meditazione sorprendente e fenomenale, e sono numerose le tecniche di Osho che coinvolgono l’ascolto. Mi pare anche di ricordare che abbia spesso detto che la musica è la cosa più vicina alla meditazione: con la musica ascolti, ascolti e senti, e se l’ascolto diventa profondo abbastanza, sei in grado di udire il sottofondo di silenzio attraverso il quale viaggia l’onda musicale, o l’onda sonora. Si tratta solo di spostare l’attenzione dall’oggetto allo spazio che lo contiene: anziché focalizzarla sul suono, la focalizziamo sull’atmosfera attraverso la quale viaggia il suono. 

Andare in profondità nell’ascolto è un’esperienza incredibile. 

...Ti sarai resa conto che non ho nessuna difficoltà a parlare! 

Marga: Stavo appunto...  ascoltando!
 



"Ascoltami come se ascoltassi una musica. Cosa fai quando ascolti la musica? Ascolti, semplicemente. Non cerchi di capire, non cerchi di immaginare cosa sia, cosa significhi. Non ti preoccupi del significato, l'ascolti.
Che cosa fai quando, al mattino, all'alba, ascolti un uccello che canta?
L'ascolti, semplicemente.Ti emoziona, ti riempie di gioia.
Anch'io, qui, sono un uccello che canta al mattino. 
Ascoltami come se ascoltassi una musica, o il vento che passa tra i pini.
Ascolta, semplicemente, così. 
Ascoltando entrerai in sintonia con me." Osho

 


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Leela Waduda

LEELA WADUDA
parteciperà al prossimo OshoFestival di Bellaria dal 14 al 17 aprile 2016 con vari eventi...
Per ulteriori informazioni sul suo lavoro vedi oshomiasto.it




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