testata_mare.psd
NEWSLETTER n.079

indietro

In viaggio verso il sannyas

Ma Prem Anado, al secolo Nicoletta Machiavelli, che ha lasciato il corpo lo scorso novembre, è stata la regina incontrastata degli Spaghetti Western anni ‘70. Ma a dispetto di una promettente carriera cinematografica, il suo grande amore era e sempre sarà, l’amato maestro... Ecco un suggestivo estratto dal suo libro Past the Point of No Return, “Oltre il punto di non ritorno”

 
 
Da un articolo apparso su Osho Times n 228
 
nicoletta machiavelli
 

Riuscite a crederci? 

Riuscite a credere alla sagoma di un uomo, vestito di arancione da capo a piedi, con una lunga chioma di riccioli che svolazza al vento intorno a un volto sorridente, mentre cammina lungo una stradina di campagna in Toscana? Circondato da campi e vigneti, oliveti e cipressi, cammina con andatura regolare portando in spalla una borsa arancione. Il sole è allo zenit perciò l’ombra di quest’uomo arancione cammina con lui e sotto di lui, l’unica ombra sulla strada. 

Questa è l’immagine di Ananga – poi diventato Swami Anand – quando arrivò a Noce, in Toscana, nel 1977, e mi travolse via in un nuovo mondo, quello di un maestro e i suoi discepoli... 

Come si fece più vicino, notai al collo la collana di perline nere dalla quale pendolava un ciondolo con una piccola foto. Avevo mai visto nulla del genere?

Sapevo che sarebbe venuto e sapevo anche che si sarebbe presentato in abiti completamente arancioni e con una collana chiamata “mala” al collo. L’avevo saputo dalla mia amica, sua ex moglie, che viveva a qualche chilometro dal minuscolo paesino di Noce. Mi aveva detto in tono sarcastico: “Te ne innamorerai Nicoletta. Ed è tutto tuo”. 

Non le credetti, eppure una farfalla nel mio cuore sapeva che sarebbe andata così. E infatti questo amore esplose, come la musica della Meditazione Dinamica che usciva dal suo mini mangianastri la mattina presto del giorno dopo. 

“C’è quest’uomo”, disse Ananga – credo dopo la prima volta che ci siamo baciati – “che ha inventato un modo tutto nuovo di meditare...”. 

Ed eccomi là, nell’afoso cortile rinascimentale della villa della sua ex moglie, che salto su e giù al suono di quella musica e non voglio mai più fermarmi. Anche la mia di esplosione fu una sorpresa. Chi avrebbe immaginato che fossi così resistente? Mi sembrava di essere una fune elastica mossa da qualche forza ignota. E la mente fu spazzata via nel più delizioso dei modi... 

Qualche settimana più tardi con Ananga partimmo per un viaggio nel profondo sud italiano, per starcene soli vicino al Mediterraneo e vivere il nostro amore. Amore e meditazione, non c’è anche una canzone? Era proprio così, senonché il nostro viaggio ci portò troppo lontano e in qualche modo si dimostrò insensato. Andammo in Sicilia, ci bagnammo nelle onde del Mediterraneo che lambiscono l’isola di Lampedusa. Agli occhi del mondo eravamo un’eccentrica coppia arancione. Sì, perché a quel punto avevo tinto tutti i miei vestiti di rosso e arancione. 

Qualcosa mi stava dicendo intensamente che non ero giunta a destinazione. Finché una mattina, seduta su una roccia lavica nera, non vedo cadermi dal collo e rompersi la mia bellissima conchiglia bianca, e lì sapevo: quello dovevo fare, dovevo procurarmi un mala, in India, subito, e incontrare l’uomo delle meditazioni. 

E il viaggio per la lontana India che intrapresi appena un mese dopo, con mio figlio Wega al seguito, fu molto più comodo e confortevole del nostro viaggio di ritorno dalla Sicilia a Milano, dove Ananga aveva il suo appartamento. Era metà agosto, il periodo in cui sono tutti in vacanza, c’era sciopero dei treni e nessun volo per la penisola fino al lunedì. Era sabato. Alla fine ce la cavammo, un po’ a piedi, un po’ in autostop (“Abbi fiducia!”, esclamava Ananga al quindicesimo camion che ci sfrecciava davanti senza fermarsi), infine in treno, e per il lunedì danzavamo nel suo appartamento milanese dall’arredo spartano. 

Su un tavolino basso c’era una bellissima foto di un bellissimo uomo con la barba; una foto in bianco e nero, e ricordo che quando guardai quei profondi occhi dorati i miei arti persero sensibilità. 

Déjà vu. Ananga mi fece sedere comodamente su una pila di morbidi cuscini e mise un altro dei suoi nastri al registratore: stavolta era la voce di qualcuno, la registrazione di un discorso. Parlava di amore e morte. “Per l’appunto!”, deve aver pensato una parte di me, ma, credetemi, non c’era nulla da dire in realtà. Di nuovo, déjà vu. 

Casa, familiarità, un inspiegabile senso di rilassatezza e agio, e al tempo stesso vitalità; una fiamma che ardeva nel cuore e un bianco senso di vuoto nella mente: qualche parte di me aveva già vissuto tutto questo e in quel momento si stava riaffacciando alla coscienza come una gigantesca onda di riconoscimento. La fretta divenne urgenza, misi altri vestiti a tingere in pentola nella cucina della mia casetta di campagna di Noce, dove avevo fatto ritorno per poi poter ripartire; stavolta i miei preparativi furono fatti in gran segreto. La mia coinquilina e i suoi figli risero alla vista degli abiti arancioni stesi ad asciugare; scommetto che lo fecero anche gli abitanti di Noce... 

Prenotai il volo per telefono. Sarei partita per Bombay da Roma l’indomani mattina presto e...

Continua sull'Osho Times n 228


Articolo apparso su oshonews.com col titolo “Déjà Vu”​

indietro




 OSHO TIMES --- La rivista di Osho dedicata all'arte della meditazione
 C.P. 15 - 21049 Tradate VA - Italia --- tel e fax 0331 810042
  www.oshotimes.it  -  oshoba@oshoba.it