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Oltre i limiti e ancora oltre

 
Veena, con Osho dal 1971, nella “prima Pune” si occupava della pubblicazione dei libri dei suoi discorsi, ma non solo: siccome era brava con la macchina da cucire e aveva fatto qualche vestito per le amiche, si trovò presto coinvolta anche in inaspettati progetti...
 
Da un articolo apparso su Osho Times n. 229
 
 
[Nella foto: a sinistra Veena con Osho nel 1973 a Mumbay]


Un giorno, mentre sorseggiavo tranquillamente una tazza di tè, Priya, che lavorava in Lao-tzu, la casa in cui abitava Osho, si presentò alla porta. 

“Vieni, presto! Presto!” mi disse in un sussurro.

La seguii in Lao-tzu dove trovai Nirvano, la caretaker di Osho, pallida in viso. Mi disse che di punto in bianco Osho aveva deciso di fare un servizio fotografico e voleva che gli cucissi qualcosa da indossare. Per le undici. Diedi un’occhiata all’orologio in cucina: mancavano dieci minuti alle nove! Oddio! Non avevo ancora mai confezionato niente per lui e mi dava solo due ore per mettere insieme qualcosa! Anche io dovevo essere impallidita mentre seguivo Priya e Nirvano sulla veranda fuori dalla biblioteca, dove trovai una credenza con qualche scampolo di stoffa e una vecchia macchina da cucire. Nirvano mi disse che Osho aveva dato istruzioni per una sorta di manto con cappuccio. Un compito semplicissimo se non fosse stato che non avevo idea della sua taglia e avevo meno di due ore per combinare qualcosa. 

Osho era alto circa quanto me, quindi Nirvano mi suggerì di prendere la mia altezza come riferimento. Con la fronte madida di sudore, e non soltanto per il caldo, sgomberai un tavolo della biblioteca e cominciai a tagliare. Priya mi aveva gentilmente procurato uno specchio e mi misi all’opera. Credo di non essere mai stata tanto concentrata in vita mia. Chiamando a raccolta tutte le mie forze e abilità sartoriali riuscii effettivamente a produrre qualcosa per le undici. Nirvano mi sfilò l’indumento dalle mani e si precipitò in terrazza dove Osho e i fotografi stavano aspettando. 

Completamente sfinita tornai nella mia stanza e mi feci un’altra tazza di tè. Stavo giusto iniziando a rilassarmi e a riprendermi quando Priya ritornò dicendo di nuovo: “Vieni, presto! Presto!”. 

“Oddio, che sarà adesso?” pensavo mentre ci precipitavamo di nuovo verso l’abitazione. In cucina Nirvano aveva un sorriso sfrontato sul volto e presto avrei scoperto che era foriero di un nuovo e impossibile incarico per me. Con una risatina maliziosa mi disse che a Osho il cappuccio era piaciuto così tanto che voleva che ne facessi un altro per un secondo servizio fotografico che si sarebbe tenuto alle tre di quel pomeriggio, dopo il suo riposino.

“Cosa?!”. Avevo già dato fondo alla scorta di tessuti, ma a quanto pare dovevo inventarmi qualcos’altro. Di positivo stavolta c’era che avevo tre ore anziché due, e sebbene non avessi uno scampolo grande abbastanza per un indumento mi giostrai con un po’ di velluto e un po’ di raso che avevo e riuscii nell’intento. 

Lo consegnai appena prima delle tre e stavolta barcollai a casa totalmente messa a tappeto. Certo non ero soddisfatta del risultato, ma Osho pareva piuttosto felice. Speravo solo che la prossima volta mi avrebbe dato un po’ di preavviso, così avrei potuto procurarmi delle stoffe più interessanti e avere il tempo per creare qualcosa di meglio. 

E così fu. Per il servizio fotografico successivo fui avvisata con ampio anticipo e poiché sembrava che questi servizi sarebbero stati degli eventi ricorrenti, mi premurai di fare scorta di tessuti e inventarmi qualche idea. Col senno di poi credo che la fretta del primo incarico fosse una sorta di test per vedere se sarei riuscita a entrare in azione e farmi venire in mente qualcosa anche in condizioni non ideali. 

Nel corso del nostro percorso spirituale ci siamo trovati molte volte davanti ai suoi stratagemmi per aiutarci ad andare oltre i nostri limiti, a trovare le nostre sorgenti nascoste di energia, ad affrontare e superare ostacoli che non sapevamo di poter sormontare. 

I servizi fotografici furono una componente costante fino a quando Osho non diventò troppo debole, a causa della malattia, per sostenerli. In tanti mi hanno chiesto perché gli piacesse così tanto “mettersi in ghingheri”. Per molti era un’assurdità. A mio avviso ci possono essere quattro spiegazioni. 

In primo luogo Osho amava le stoffe. Suo padre era stato commerciante di tessuti e lui era cresciuto nel loro negozio in mezzo ai colori e alle trame. Chiunque sia stato in India sa che acquistare stoffe è un processo molto creativo, quasi sensuale, e un evento sociale e artistico, non una mera transazione d’affari. Osho rimase particolarmente affascinato quando iniziarono ad arrivare stoffe da tutto il mondo. Spesso chiedeva di farsene portare in camera a mucchi per poterle toccare e scegliere i tagli destinati ai diversi capi e servizi fotografici. 

In secondo luogo credo che facesse tutto parte del processo maestro/discepolo. Il maestro osserva il discepolo, vede quali sono i suoi talenti particolari – che sia il cucito, la fotografia, la musica, il giardinaggio, le arti marziali, l’ambito legale, quello finanziario, e così via – e crea situazioni in cui il discepolo possa sia fiorire che imparare delle dure lezioni che nelle scuole tradizionali non sono insegnate. Il maestro parte da ovunque si trovi il discepolo e da lì lo guida a spingersi oltre... e ancora oltre... e ancora oltre. 

In terzo luogo Osho aveva un’incredibile predisposizione per l’effetto sorpresa, l’effetto “shock”. Amava tenerci sulle spine, faceva molto parte del suo carattere e del suo fascino. Era capace di rendere ogni secondo di ogni singolo giorno pieno di interesse e trepidazione. Lui viveva davvero ogni istante al massimo e voleva che noi facessimo lo stesso. Chi vuole la noia? Se ci sono sannyasin che sanno cucire, scattare foto, curare il design di un libro, perché non usare i loro talenti, perché non essere creativi e divertirsi? 

In quarto luogo, Osho disse più volte che le persone che si lasciavano impressionare dai suoi cappelli, a causa dei pregiudizi su come avesse dovuto vestirsi una persona spirituale, potevano anche andarsene da qualche altra parte, per lui erano solo una perdita di tempo... 

Tratto dal libro di Veena Schlegel, Glimpses of my Master, disponibile, in inglese, su 3books.co.uk


Continua su Osho Times n. 229


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