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newsletter n. 015

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Ancora prima...
della “prima Pune”

 

In giro per l’India
agli inizi degli anni ‘70
a cantare, ballare e
far conoscere Osho

 

 
Da un'intervista ad Anandadas apparsa su Osho Times n. 201
 
 
Kirtan Mandali per le strade di Kota in Rajasthan


Bali: Come sei arrivato nel mondo di Osho?
Anandadas: Venni a contatto con Osho, a Londra, agli inizi degli anni ‘70, attraverso la meditazione Dinamica e mi piacque così tanto che decisi di partire per l’India per vedere cosa stava accadendo lì e incontrare Osho. La Dinamica me l’aveva fatta conoscere Veena, che era tornata dall’India da poco, e Osho le aveva detto di aprire un centro di meditazione a Londra.
A Londra in quegli anni stava accadendo una sorta di esplosione culturale, di crescita. C’era molto fermento anche nell’ambito della terapia, c’era l’antipsichiatria... e molte persone passavano in modo naturale dalla terapia alla meditazione.
Io non sono inglese, vengo dall’Australia, ma andai a Londra perché era una sorta di centro culturale per i madrelingua inglese di ogni parte del mondo. Londra era il “centro”, così decisi di andare a vedere.

Bali: E hai trovato qualcosa?
Anandadas: Ho trovato molto di più di ciò che mi aspettassi, stavo cercando qualcosa di tipo culturale... e invece ho trovato un metodo di trasformazione personale attraverso la meditazione.

Bali: E poi sei arrivato in India e hai incontrato Osho...
Anandadas: Quello che mi ricordo di più era il suo modo tutto particolare di “catturare” le persone... può sembrare strano, ma ci pensavo proprio stamattina: la prima volta che arrivai a Mumbai per incontrarlo e non sapevo dove andare a dormire, lui fu molto premuroso nel dirmi: “No, quello non è un buon albergo”. Aveva persino una persona specifica a Mumbai che si occupava di trovare un buon alloggio per chi veniva a trovarlo dall’Occidente! Sì, Osho era molto pratico in queste cose.
In quel periodo non girava più l’India tenendo conferenze, ma guidava frequenti “campi di meditazione” di 10 giorni in alcune località, a Monte Abu mi ricordo. Durante questi campi ad alcuni suoi discepoli chiedeva di andare alla “fattoria”, una piccolissima proprietà che avevano messo a sua disposizione nell’India centrale, oppure li mandava a fare il Kirtan Mandali, un gruppo di persone che giravano l’India ballando e cantando per la strada! Tenevano conferenze su Osho e vendevano i suoi libri.
Tutto questo accadeva prima che Osho avesse un posto tutto suo, come sarebbe successo poi a Pune. In quel periodo stava già creando in qualche modo una comunità per lavorare alla nostra crescita, suppongo, e penso che non dovesse essere facile per lui cercare di rendere più profonda la nostra meditazione senza coinvolgerci in queste co­se: “Ok, ora tu vai a stare alla fattoria e tu invece fai il Kirtan Mandali”.
Questo lui lo chiamava sadhana; infatti mi disse che il Kirtan Mandali sarebbe stata un’ottima sadhana per me. Ricordo che chiesi a qualcuno cos’era questa sadhana e mi fu risposto che era il “cammino”. Probabilmente era una traduzione semplificata... si tratta, invece, di una pratica che aiuta nella trasformazione.

Bali: Raccontami qualcosa in più del Kirtan Mandali, personalmente non ne avevo mai sentito parlare.
Anandadas: Osho ci dava delle precise indicazioni.
Non si poteva stare più di tre giorni nello stesso posto – questo ricorda la vita dei monaci buddhisti – ma dovevamo spostarci in un altro villaggio, o città, con il bus o con il treno.
Si ballava e cantava per la strada, facevamo la meditazione Dinamica in pubblico, nelle scuole ad esempio, o addirittura nei templi giainisti. Alcune volte la gente si sentiva molto disturbata da tutto questo. Una volta ci siamo dovuti nascondere in un piccolo albergo, senza poter uscire, perché l’intera cittadina era arrabbiata con noi. Ma in genere la gente in India è molto comprensiva verso tutte queste cose e il Kirtan, cioè ballare e cantare nelle strade, è una cosa accettabile e tradizionale. Eravamo un gruppo di ragazzi e ragazze che ballavano per la strada e che raccoglievano attorno a loro un bel po’ di folla. Così si vendevano anche tanti  libri. Alcuni di noi contattavano le biblioteche locali, le università, le librerie. Molto successo aveva avuto il libro Sambhog se Samadhi ki aur (tradotto in italiano: Dal Sesso all’Eros Cosmico, Bompiani), lo volevano proprio tutti quel libro!
E così facevamo molte Dinamiche, quasi ogni giorno, e poi tanta danza e canti per la strada. Danzare è sempre stato importante nelle meditazioni di Osho...

Bali: Hai imparato anche le canzoni indiane ?
Anandadas: Sì, certo, cantavamo canzoni in hindi. Cantavamo alcuni mantra come Govind Bolo Hari Gopal Bolo, canti su Krishna e sui Tirthankara, i maestri giainisti... sì tante canzoni. E alla gente piaceva molto vedere gli occidentali cantare le loro canzoni.

Bali: E c’era anche chi suonava?
Anandadas: Sì, qualcuno suonava il dholak, un tamburo, e c’era anche un tamburello che si percuoteva con una bacchetta. Non c’era bisogno di molti strumenti, bastavano un paio di percussionisti, il battito ritmico delle mani e il canto.
Non credo che dal punto di vista puramente musicale fossimo a grandi altezze... più che altro era una cosa energetica.
Danzavamo nelle strade dei villaggi, nei mercati principali delle città – un po’ come facevano gli Hare Krishna, solo che noi eravamo più rilassati e naturali – e facevamo seguire a tutto questo l’annuncio che in serata qualcuno di noi avrebbe parlato di Osho, con anche un dibattito. Non ero io a condurli ovviamente, perché si svolgevano in hindi.
Ovunque arrivassimo c’erano sempre alcune persone che ci sostenevano: noi eravamo ospiti e loro ci fornivano cibo e alloggio, o pagavano per noi.
In India vicino ai templi ci sono spesso alloggi per i pellegrini chiamati  dharmsala e lì nessuno ci ha mai chiesto di pagare, immagino perché avremmo fatto la meditazione Dinamica e la gente ne avrebbe visto una dimostrazione.
In un’altra occasione invece, in una scuola, il preside fermò la musica subito dopo il primo stadio – l’aveva turbato troppo, disse – e noi non potemmo proseguire con la seconda fase e ci ritrovammo lì seduti, guardandoci in faccia, non sapevamo cosa fare...
Era molto interessante fare la Dinamica nei templi, in quelli giainisti, poi, così belli! Qualche volta ci invitavano perché Osho era molto amato dai giainisti, la sua famiglia apparteneva a quella religione; talvolta trovavano la Dinamica troppo “provocatoria” con tutte quelle urla e grida, ma in India sono anche molto comprensivi. Secondo me erano molto più turbati dal fatto che nel nostro gruppo c’erano delle ragazze e probabilmente questo risultava più provocatorio che la meditazione Dinamica stessa... le urla e gli strilli li disturbavano meno!
Bali: Nel senso che era più provocatorio vedere insieme uomini e donne?
Anandadas: Sì, ai tempi, in India, questo era molto più provocatorio della Dinamica stessa, credo.
Quindi viaggiavamo per l’India e quando Osho conduceva un campo di meditazione andavamo a partecipare e poi ritornavamo a seguire il nostro itinerario. Non era una situazione facile a volte, anzi: il cibo era tradizionale indiano e cioè super piccante, si dormiva sopra stuoie di paglia e mi ricordo anche tante docce fredde, al Nord, in Punjab durante l’inverno... ma eravamo giovani e non era poi tanto male e soprattutto era la nostra sadahna!

Bali: Ti ricordi qualche storia
di particolare, qualche situazione divertente?
Anandadas: Mi ricordo quando siamo andati al Kunbha Mela, una grande “fiera” religiosa – milioni di persone da tutta l’India – un pellegrinaggio veramente di massa che si festeggia a rotazione in quattro luoghi sacri diversi in particolari mo­menti astrologici; il nostro gruppo si era recato a Haridwar dove avevamo un nostro contatto e proponevamo la meditazione Dinamica e il Kirtan. Venne molta gente a vederci fare la Dinamica. C’erano sadhu, santi e religiosi di ogni tipo... il nostro vicino, proprio di fianco, era un tipo quasi obeso, un guru grande e grosso che “guidava” un elefante, seduto su una pelle di leopardo, o di tigre... era una sorta di folle circo della religiosità indiana.
E venne anche la stampa internazionale a riprendere la Dinamica. Eravamo ormai abituati a farla in pubblico ed era piuttosto normale fare la Dinamica anche davanti a una grande folla: non ci inibiva, eravamo diventati molto selvaggi nella fase della catarsi.

Bali: Ti sentivi veramente a tuo agio a stare sempre sulla strada?
Anandadas: Sì, era piacevole ballare e cantare nelle strade, era divertente anche perché non andavamo quasi mai in grandi città, ma nelle piccole cittadine, in Haryana e Punjab, due stati indiani, dove la gente era molto socievole.
Non so se la situazione sia molto differente oggi, forse non sarebbe possibile ballare per la strada a causa del traffico, ma a quei tempi quei piccoli centri erano quasi dei villaggi e la gente ci seguiva quando cantavamo e ballavamo e spesso si univa a noi.
Deve far parte della cultura indiana,  ma era molto ben accettato dagli indiani vedere le persone ballare e cantare nelle strade, quasi come se fosse pubblicità o pubbliche relazioni; e si chiedevano: “Chi sono queste persone? Cosa succede? Cosa sono quei libri?”. E la gente comprava i nostri libri, forse perché facevamo delle cose “strane”. Ne vendevamo tanti, costituivano una buona parte delle nostre entrate.

Bali: Una bella esperienza tutto sommato...
Anandadas: Certo, sono stato molto contento quando Osho mi ha mandato a fare il Kirtan Mandali, anche perché avevo sentito dire che alla “fattoria” le condizioni di vita erano abbastanza dure; c’erano so­prattutto occidentali e tante situazioni difficili, c’erano stati svariati problemi interpersonali. Nel nostro gruppo, invece,  facevi la Dinamica ogni giorno e le cose erano molto, molto più facili. Eravamo davvero un gruppo di amici.
Anche se a un certo punto poi me ne sono andato. Senza chiedere nulla a Osho, senza parlarne, sono scappato in Himalaya, sono fuggito. Mi sono sentito in colpa poi, perché era la mia sadhana – e credevo di essere veramente una persona affidabile – ma ho passato un certo periodo in Himalaya finché non sono venuto a sapere che Osho era riuscito finalmente ad ac­quistare una proprietà a Pune dove sono subito andato.

Bali: E lui ti ha detto nulla?
Anandadas: No, pensavo che mi avrebbe guardato storto, ma era solo una mia fantasia! E poi subito dopo che Osho iniziò ad avere questo spazio a Pune, allora si chiamava ashram, cominciarono ad arrivare molto velocemente tantissimi oc­cidentali e il suo lavoro cambiò rapidamente. Si formò una Comune, iniziarono i gruppi di terapia... era la “prima Pune”!

 




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