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Capodanno è...
Un appuntamento immancabile, a Lignano Sabbiadoro, con Shunyo, Marco e Chetana per una meravigliosa tre-giorni di festa e meditazione.  

Di Prabala, traduttrice dell’Osho Times
 
 
Da un articolo apparso su Osho Times n 233
 
abbracci
 

In treno (di ritorno dall’OshoFesta di Capodanno 2015)


Mentre tornavo a casa con il treno, il primo gennaio, mi figuravo i miei compagni di festa andare ognuno per le loro strade, diverse, che si dipanavano nella stessa direzione, ma di senso opposto a quella da dove erano arrivati due giorni prima.

Si arriva da posti diversi, situazioni diverse, poi ci si incontra, si mettono i propri bagagli interiori – dei più disparati, più o meno ingombranti o pesanti – in mezzo alla sala di meditazione, e piano piano, nel giro di qualche ora, i bagagli sono smistati: non necessariamente in ordine, ma non più così d’impaccio da coprire la vista a chi ci sta davanti.

Si arriva, non ci si conosce, o forse sì, ma da un ricordo diverso, da un mondo di qualche mese o qualche anno fa, ma nonostante l’aver preso parte a eventi simili, o uguali a quello che si va a intraprendere, niente è mai uguale a quelli precedenti. 

Un partecipante nuovo agli eventi di Osho, nel parlare di questi eventi, mi diceva che per me forse è una cosa che ormai si ripete e alla quale magari mi sono abituata, ma io mi sono ritrovata a rispondergli che ogni evento è come se fosse il primo: posso conoscerne certi procedimenti pratici, certe modalità, ma poi quello che accade, nel qui e ora, è sempre nuovo e inaspettato e giunge a stupirmi con risvolti inattesi e inediti. 

È per questo che non mi sembra mai di partecipare allo stesso evento due volte, perché c’è quel fattore umano, quella vita, di mezzo, che plasmano la realtà in forme perennemente uniche e irripetibili. 

Quindi anche se mi è successo di condividere una camera con altri partecipanti in altri eventi, ho constatato che non finisco mai in una stanza con una persona che assomiglia neanche vagamente a un’altra conosciuta in passato; non smetto mai di meravigliarmi della variabilità delle infinite componenti umane che si mescolano e assemblano insieme in combinazioni sempre diverse e originali. 

E per l’ennesima volta mi sono ritrovata a ringraziare l’esistenza di essermi trovata in una camera tripla anziché una singola! 

Perché l’attimo in cui, la seconda mattina, io e le mie altre due compagne di stanza abbiamo scoperto di come nessuna di noi tre avesse chiuso occhio tutta la notte senza però muoversi di un millimetro per non svegliare le altre, è stato impagabile. 

E anche se ho già fatto meditazioni del cuore prima d’ora, arriva sempre un momento – o più di uno! – nel bel mezzo dello svolgimento, in cui l’onda mi travolge, inaspettata, umida di lacrime, calda e pulsante, e con lei la sorpresa di trovare dentro di me, di essere questo calore familiare di origine ignota. E sapere che, se volessi, potrei ritrovare quel calore ogni volta che voglio.

Poi c’è sempre una persona dalla quale rimango colpita a un certo punto di un evento, perché me l’ero figurata in un modo e la scopro del tutto diversa. Forse era la persona che sedeva mentre gli altri stavano ballando, o quella che ballava da sola mentre molti ballavano in coppia, o quella che ballava in un modo particolarmente inusuale, o teneva gli occhi chiusi quando era il momento di guardare. E io nella mia avventatezza avevo presunto che forse aveva qualche difficoltà a inserirsi e relazionarsi. E magari è vero, ma non per un’incapacità congenita, ma semplicemente perché non usa lo stesso canale d’accesso che usa la maggior parte delle persone. 

Poi quando sei uno di fronte all’altro, in uno dei tanti esercizi a due, la persona trova magicamente il canale, lo imbocca e ti regala un momento di presenza e autenticità di quelli rari e dentro di te, in quel preciso momento, senti un’enorme gratitudine che con te ci sia questa persona e non un’altra. Magari ha un aspetto un po’ buffo, un po’ goffo, o è solo molto timida; ma da seduti, o accovacciati, a occhi chiusi, con le tue mani intrecciate alle sue, le ginocchia che si appoggiano a vicenda, tutte le idee che la mente si era creata in modo arbitrario si dissolvono e lasciano il posto a un vero 

contatto umano, unico e irripetibile.

Nella valigia insieme ai vestiti da riportare a casa ho messo anche gli sguardi liquidi, le pelli arrossate, le mani incerte e tremolanti, o sudate, il respiro spezzato, o più disteso; i sorrisi impacciati, o celatamente interrogativi; i passi di danza spavaldi, o fuori tempo, slegati; il dubbio generico di stare facendo il gesto o la mossa sbagliati, qualunque essi siano. 

E tra un messaggio al cellulare e l’altro che mi scambio con chi mi è rimasto particolarmente nel cuore, è bello accorgermi che... “Caspita, a questa persona voglio proprio bene!”.

 

PRABALA

foto Prabala
 

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