Partecipante 1: Cos’è il sannyas?
Shunyo: Cos’è il sannyas? È più facile dire quello che non è...
Intanto non è una religione. Osho ha sottolineato fortemente che non doveva essere adorato, pertanto noi non siamo né credenti né seguaci. Quello che facciamo è sperimentare in prima persona la meditazione. E in effetti questa è l’unica cosa che fa di noi dei sannyasin, non ci sono più dei segni esteriori che lo dimostrino. Persino il mala ora lo si indossa sotto gli abiti e solo per meditare. Tuttavia decidere di prendere il sannyas è una cosa enorme: probabilmente sei lì seduto e dentro di te c’è come un tremore... È bellissimo vedere come questo senso di eccitazione nel compiere un salto verso una vita nuova sia rimasto invariato dopo tanti anni, da quando Osho era nel corpo.
La “celebrazione” è molto semplice, chi prende il sannyas non deve fare nulla, se non rimanere qualche istante seduto su un cuscino a occhi chiusi, presente a ciò che sta succedendo, dentro e fuori. Poi quando si sentirà pronto aprirà gli occhi e troverà davanti a sé un foglio con su scritto il suo nome. Se ha scelto di avere un mala quello sarà il momento di indossarlo. Dopodiché si alzerà: potrebbe aver voglia di stare in silenzio o per conto suo, oppure di abbracciare tutti gli amici. Qualunque cosa si sentirà di fare sarà quella giusta!
Partecipante 2: Una domanda pratica: il mala ce lo mettiamo da soli?
Shunyo: Sì. È importante metterlo da soli, perché sta a indicare la comprensione che il sannyas è una cosa nostra, non c’è qualcuno che lo fa per noi. E nella nostra nuova vita da sannyasin nessuno potrà fare le meditazioni per noi, le dovremo fare noi. Quindi è segno che d’ora in poi ci prendiamo la responsabilità della nostra vita come sannyasin.
Partecipante 3: Tu prima mi hai detto che il nome da sannyasin mi sarebbe arrivato dall’esistenza, ma tu come assegni il nome a una persona? Sulla base di quello che senti o da quello che ti trasmette quando la guardi?
Shunyo: Nel tuo caso è arrivato da te: tu mi hai parlato molto di te e facendo questo ti sei dato quel nome. E nel momento in cui l’hai fatto e hai detto che intendi prendere il sannyas hai trasmesso qualcosa dal cuore: anche tu fai parte dell’esistenza, la stessa dalla quale arriva il tuo nome!
Partecipante 4: Ho una domanda su Osho. Sono curioso di sapere, visto che tu hai vissuto a stretto contatto con lui per molto tempo, se esiste una parola per descrivere ciò che hai provato nel tempo trascorso insieme a lui.
Shunyo: “Incredibilmente fortunata!”. E comunque non è ancora finita. Trovandomi davanti a voi che avete deciso di prendere il sannyas, mi rendo conto che è vera una cosa che Osho ha detto, e cioè che senza più il suo corpo lo avremmo sentito ancora di più. Ogni volta che qualcuno si addentra negli spazi silenziosi della meditazione e il suo cuore si apre, la sensazione che Osho sia presente è molto forte.
Partecipante 5: Volevo sapere se Osho ha lasciato qualche messaggio, se è rimasto qualcosa.
Shunyo: Sì, ha detto: “Vi lascio il mio sogno”. E noi con quello facciamo il meglio che possiamo. Però nel suo ultimo discorso in pubblico le sue ultime parole sono state: “Ricordati che sei un Buddha, sammasati”.
Partecipante 6: Perché si cambia il nome quando si prende il sannyas?
Shunyo: Cambiando il nome ci stacchiamo dal passato. Per tutta la vita ci siamo portati dietro il nome che ci hanno dato i genitori e con cui siamo molto identificati. Quindi avere un nome completamente nuovo taglia l’identificazione e ci aiuta a capire che non siamo il nostro nome. E non siamo neanche il nuovo nome!
Partecipante 7: Vorrei fare una domanda personale: sono in un momento veramente importante della mia vita in cui sento che devo fare un grande salto nell’ignoto. Ma ho paura, perché ho un bambino piccolo, un mutuo e non ho un piano chiaro da seguire per “buttarmi” in quello che vorrei seguire.
Shunyo: Inizia portando maggiore consapevolezza nella tua vita di tutti i giorni, già questo è un salto nell’ignoto. Un bambino piccolo e un mutuo significano responsabilità che comunque hai, quindi portando maggiore consapevolezza nella tua vita quotidiana puoi arrivare al punto di capire qual è la cosa migliore per te e per il tuo bambino in questo nuovo cammino. Ma in questo momento potresti saltare in modo avventato, perciò sii paziente; da una maggiore consapevolezza nascerà la decisione giusta.
Partecipante 8: Ho spesso ascoltato e letto Osho dire che la meditazione non è una cosa seria. Amo la meditazione, ma c’è una parte di me che è molto seria nella vita e vorrei fare questo salto nella gioia, nella leggerezza, ma mi risulta difficile. Ci sono paura e giudizio.
Shunyo: Hai fatto un po’ di lavoro, della terapia, per scoprire da dove arrivano?
Partecipante 8: Sì, ma sento quest’influenza ancora molto radicata dentro di me.
Shunyo: Se sai da dove arrivano quelle radici vuol dire che i primi passi li hai già fatti. Adesso quando sorgono in te paura e giudizio sei abbastanza consapevole da vedere da dove nascono e questo ti aiuta a mettere un po’ di distanza tra te e loro. In terapia riconosciamo cosa ci frena nella vita, però poi sta a noi portare consapevolezza e osservare quando si attivano durante la nostra vita quotidiana. Di nuovo si tratta di portare consapevolezza nella vita quotidiana. Detta così sembra una cosa troppo semplice e noiosa per essere davvero la soluzione a tanti problemi così grandi. Il fatto è che ci dimentichiamo di noi stessi e piano piano dobbiamo imparare a portare consapevolezza e presenza a ogni gesto che compiamo, a noi stessi, al corpo, ai pensieri che vanno e vengono, alle emozioni. Questo è quello che Gurdjieff definisce “il lavoro”. Mentre Osho dice che è un gioco...
Partecipante 9: Nei discorsi Osho parla molte volte di religione e per quanto mi è dato di capire, lui non nega la religione di per sé, ma la indica come un ponte verso una religione superiore, verso la divinità che è in noi. Però cosa intende lui con “essere religiosi”?
Shunyo: Non posso rispondere a nome di Osho, ma l’ho sentito dire che una persona religiosa è una persona pienamente consapevole. E se sei pienamente consapevole sei anche compassionevole, sei tutte quelle cose meravigliose che porta l’illuminazione. Però ti suggerisco di esplorare maggiormente i discorsi di Osho e scoprire cosa intenda lui direttamente.
Partecipante 10: Vorrei chiedere un consiglio pratico: per me è molto più semplice cercare di essere centrato nel tempo libero piuttosto che al lavoro. Cosa posso fare?
Shunyo: Quando lavori mettici tutta la tua totalità. Qualsiasi cosa in cui riusciamo a essere totali diventa una meditazione. Se invece cerchiamo di praticare una tecnica di meditazione durante il lavoro alla fine non riusciamo a fare né il lavoro né la meditazione. Quando dico “totali” intendo “fare una cosa per volta”: quando lavori fai quello e basta, senza pensare a un altro posto, o al respiro che entra ed esce! In quella totalità il tuo lavoro diventa meditazione.
Partecipante 11: Vorrei sapere se dopo che Osho è morto hai mai provato il desiderio di trovare un altro maestro. E cosa pensi di quei sannyasin che si rivolgono ad altri maestri?
Shunyo: Non mi è mai successo di voler trovare un altro maestro. Sento che Osho tuttora ci dà così tanto che se riuscissi anche solo ad assorbirne l’1% starei andando alla grande. In quanto ai sannyasin in cerca di altri maestri, io ho degli amici che dopo essere stati per anni con Osho, che è sempre stato così rivoluzionario e rilevante per l’uomo moderno, vanno da qualche vecchio hindu immerso nelle sacre scritture e mi viene da pensare che devono essere davvero confusi!
Partecipante 12: Due anni fa ti ho fatto una domanda e vorrei riproportela. Ti chiedevo se Osho è stato, ed è, l’uomo più grande mai esistito su questa Terra e tu mi avevi dato una brevissima risposta affermativa. Ne puoi parlare un po’ più ampiamente?
Shunyo: Non so bene come si potrebbe espandere maggiormente l’argomento... Diciamo che ognuno di noi ha una sua comprensione personale di Osho e una relazione unica con lui. Prendere il sannyas adesso o in passato, con Osho nel corpo o meno, rimane comunque un’esperienza unica della persona che la fa, quindi è difficile generalizzare. È importante ricordare anche che Osho aveva reso molto chiaro che lui non ha mai avuto alcuna relazione con noi. Quando era ancora nel corpo l’ha detto molto chiaramente: “Arriva tutto da voi”. Osho non c’è mai stato davvero in quanto personalità, o come persona.
Partecipante 13: Io sono nuova, non so praticamente nulla. Mi potresti dire come si svolgeva una giornata tipica nella vita insieme a Osho?
Shunyo: È davvero misterioso perché non esisteva la “giornata tipica” accanto a Osho. Era un po’ come se lui fosse un punto fermo e il resto gli ruotasse intorno. Succedevano tantissime cose, eppure lui seguiva le sue abitudini. Si alzava alle 6 del mattino e ogni giorno passava molto tempo a fare lunghe docce o lunghi bagni in vasca. Mangiava ogni giorno alla stessa ora e più o meno sempre le stesse cose; nel pomeriggio riposava sempre alla stessa ora e alla sera veniva a parlarci alla stessa ora, e andava a letto alla stessa ora ogni sera!
Invece noi intorno a lui volavamo continuamente da una situazione all’altra in un vorticoso turbinio e succedeva di tutto: siamo stati quasi arrestati, abbiamo viaggiato, c’è stata gente che voleva invadere la Comune e portarla allo sfascio... è successo di tutto; c’erano le nostre storie d’amore, i grandi drammi.
E in mezzo a tutto questo Osho era il punto fermo, proprio come l’occhio di un ciclone...