Indietro
Malintesi sulla meditazione
È appena uscito il nuovo libro di Mediterranee, Mindfulness 4.0. La meditazione nel XXI secolo, libro che mette in evidenza i limiti del concetto così come è interpretato in genere e apre le porte a una concezione moderna e irrinunciabile della meditazione: il grande contributo di Osho al mondo!
Un prezioso brano di Osho apparso su Osho Times n. 235

Perfino la meditazione può essere sbagliata. La gente ha la falsa nozione che tutte le meditazioni siano giuste; non è così: le meditazioni possono essere sbagliate.
Ad esempio, qualsiasi meditazione che porti a una profonda concentrazione è sbagliata: non si aprirà mai alla compassione. Ti chiuderai sempre di più, anziché aprirti. Se restringi la tua consapevolezza, concentrandola su qualcosa, ed escludi l’intera esistenza, focalizzandoti su un unico punto, si creerà dentro di te una tensione sempre maggiore.
Da qui la parola “attenzione”. Significa “A-tensione”: la concentrazione, il suono stesso della parola, ti dà una sensazione di tensione. La concentrazione ha una sua utilità, ma non è meditazione. Nel lavoro scientifico, nella ricerca scientifica, in un laboratorio, devi concentrarti; devi mettere a fuoco un problema ed escludere tutto il resto. Al punto che devi essere praticamente immemore di tutto il resto del mondo: quell’unico problema su cui ti stai concentrando è tutto il tuo mondo, per questo gli scienziati diventano smemorati. Le persone che si concentrano troppo diventano sempre smemorate, perché non sanno come restare aperte al mondo intero.
Ho letto questo aneddoto:
“Ho portato con me una rana” disse il professore di zoologia ai suoi studenti “appena presa nello stagno. In questo modo, potremo studiarne l’aspetto esteriore e, in seguito, sezionarla”. E, con attenzione, iniziò ad aprire il pacchetto che aveva appoggiato sul tavolo ma, con grande stupore degli studenti, comparve un panino al prosciutto.
Il buon professore guardò quella meraviglia allibito e commentò: “È strano, ricordo perfettamente di averlo mangiato!”.
Agli scienziati accade in continuazione: si focalizzano su un punto e tutta la loro mente si restringe. Certo, una mente ristretta ha una sua funzione: diventa più penetrante, è simile a un ago affilatissimo, è in grado di colpire con precisione il punto giusto, ma perde la grandiosità della vita che ti circonda.
Un Buddha non è un uomo di concentrazione, è un uomo di consapevolezza.
Non ha cercato di restringere la sua consapevolezza, al contrario, ha cercato di lasciar cadere ogni barriera, in modo tale da diventare totalmente disponibile all’esistenza.
Osserva… L’esistenza accade simultaneamente. Io sto parlando e allo stesso tempo, esiste il rumore del traffico, il fischio del treno, il canto degli uccelli e il frusciare del vento tra gli alberi: in questo istante sta convergendo l’intera esistenza. Voi mi ascoltate, io vi parlo e milioni di cose continuano ad accadere; la vita è incredibilmente ricca.
La concentrazione ti rende focalizzato su un unico punto, a un prezzo estremamente alto: il novantanove per cento della vita viene scartato.
Lascia che ti dica alcune cose fondamentali.
La prima: la meditazione non è concentrazione, ma rilassamento; ci si rilassa, ci si rilassa semplicemente in se stessi. Più ti rilassi, più ti senti aperto, vulnerabile, sei meno rigido e più flessibile… E all’improvviso, l’esistenza inizia a penetrare in te.
Non sei più simile a una roccia: hai delle aperture. Rilassamento significa permettere a se stessi di cadere in uno stato in cui tu non fai nulla; perché se fai qualcosa, la tensione persisterà. È uno stato di non-fare. Tu ti rilassi semplicemente e ti godi questa sensazione di rilassamento.
Rilassati in te stesso: chiudi semplicemente gli occhi, e ascolta tutto ciò che accade intorno a te. Non occorre che tu senta qualcosa come una distrazione; nel momento in cui la senti come una distrazione, stai negando il divino che è l’esistenza.
In questo momento, il divino sta venendo a te in forma di uccello, non negarlo. Ha bussato alla tua porta in quanto uccello, l’attimo dopo, viene a te come un cane che abbaia, oppure come un bambino che piange disperato, o come la risata di un folle. Non lo negare; non respingerlo, accettalo, perché se lo neghi, entrerai in tensione.
Ogni negazione crea tensione. Accetta: se ti vuoi rilassare, l’accettazione è la strada da seguire. Accetta qualsiasi cosa accade intorno a te; lascia che tutto diventi un’unità organica.
Lo è! Puoi saperlo, oppure non saperlo; ma ogni cosa è interrelata.
Questi uccelli, questi alberi, questo cielo, questo sole, questa terra, tu, io, tutto è in relazione: è un’unità organica.
Se il sole scomparisse, gli alberi scomparirebbero; se gli alberi scomparissero, gli uccelli scomparirebbero; se gli uccelli e gli alberi scomparissero, voi non potreste esistere, scomparireste. Si tratta di una sfera ecologica: tutto è profondamente interrelato.
Quindi, non negare nulla, perché nel momento in cui neghi qualcosa, neghi una parte dentro di te. Se neghi il canto di questi uccelli, qualcosa in te viene negato.
E quando dico di osservare, non cercare di farlo; altrimenti tornerai a essere in tensione e inizierai a concentrarti sul respiro. Rilassati semplicemente, resta rilassato e disteso, e osserva… Anzi, cos’altro puoi fare? Sei lì, senza nulla da fare, ogni cosa viene accettata, nulla viene negato, rifiutato, non esiste lotta, tensione, conflitto, e il respiro scende in profondità… Cosa puoi fare?
Semplicemente osserva.
Introspezione vuol dire pensare su di sé. Rimembrarsi – ricordarsi di sé – non è affatto un pensiero: significa diventare consapevoli di se stessi.
La differenza è sottile, ma enorme.
La psicologia occidentale mette molta enfasi sull’introspezione, mentre quella orientale sottolinea la rimembranza di sé.
Cosa fai con l’introspezione? Per esempio, sei arrabbiato: cominci a pensare alla rabbia, a cosa l’ha causata. Ne analizzi le ragioni; valuti se è buona o cattiva. Inizi a razionalizzare: ti sei arrabbiato perché la situazione era quella che era. Rimugini sulla rabbia, la soppesi; in altre parole, il centro dell’attenzione è la rabbia, non il Sé. Tutta la tua consapevolezza è diretta verso la rabbia: la stai osservando, analizzando, associando, considerando; cerchi di capire come evitarla, in che modo liberartene, come non cascarci più.
Questo è un processo di pensiero. La giudicherai “cattiva”, perché è distruttiva. Giurerai che non commetterai mai più lo stesso errore. Cercherai di controllare questa rabbia tramite la volontà. Questo è il modo in cui la psicologia occidentale è diventata analitica: tramite l’analisi, la dissezione…
L’enfasi dell’Oriente non è sulla rabbia, ma sul Sé, sull’essere consapevoli quando si è arrabbiati; evitando di pensare, perché il pensiero è un narcotico. Mentre dormi, puoi pensare: non occorre consapevolezza.
In realtà, tu pensi in continuazione, senza mai esserne consapevole; il pensiero prosegue ininterrottamente. Persino di notte, mentre dormi, il pensiero prosegue, la mente continua il suo chiacchiericcio incessante.
È una cosa meccanica.
La psicologia orientale afferma: “Sii consapevole. Non cercare di analizzare la rabbia, non ce n’è bisogno. Semplicemente osservala, ma con consapevolezza. Non metterti a pensare”. In realtà, se cominci a pensare, il pensiero si trasformerà in un ostacolo che ti impedirà di osservare la rabbia. A quel punto, il pensiero la travestirà; sarà come se una nuvola l’avvolgesse e non vi sarà più alcuna chiarezza. Non pensare affatto: sii in uno stato di non pensiero e osserva.
Quando non c’è neppure l’increspatura di un pensiero tra te e la rabbia, ti trovi faccia a faccia con quest’ultima. Non la dissezioni; non pensi a come risalire alla sua fonte, perché si trova nel passato. Né la giudichi; infatti, non appena lo fai, il pensiero si avvia. Non giuri di non farlo “mai più”, perché così finiresti nel futuro. Con la consapevolezza, resti nel sentimento della rabbia, esattamente quieora. Non sei interessato a cambiarla, a pensarci su: ti interessa osservarla direttamente, faccia a faccia, con immediatezza. Questa è la rimembranza del Sé.
E il bello è che se riesci a osservarla, la rabbia scompare in questo stesso istante. Non solo: il fatto che scompaia, semplicemente osservandola in profondità, ti fa comprendere che non occorre usare la volontà, non c’è bisogno di prendere decisioni per il futuro, è inutile risalirne alle cause. Sono cose futili. Adesso hai la chiave: osserva la rabbia, e la rabbia scompare. E questa facoltà di osservazione è sempre alla tua portata.
Ogni volta che compare la rabbia, puoi osservare. In questo modo, l’osservazione diventerà sempre più profonda.
Questa osservazione ha tre livelli. Il primo è quando la rabbia è già accaduta ed è scomparsa. È come osservare una coda dileguarsi: l’elefante è uscito di scena e resta soltanto la coda… Infatti, mentre era presente, sei stato così assorbito dalla rabbia che non potevi esserne consapevole.
Quando ormai la rabbia se n’è andata per il novantanove per cento, diventi consapevole dell’ultimo uno per cento, che si sta dissolvendo all’orizzonte. Questo è il primo livello di consapevolezza: è buono, ma non basta.
Il secondo livello si ha quando è presente l’elefante, non solo la sua coda. Quando la situazione è matura: la rabbia è al culmine e sei letteralmente furioso, sei fuori di te, ribolli… eppure diventi consapevole.
Infine, viene il terzo livello: la rabbia non è ancora arrivata, sta solo formandosi. Non siamo alla coda, ma alla testa. Sta affiorando nella tua consapevolezza, ma tu ne diventi consapevole; in questo modo l’elefante non si materializza mai, l’hai ucciso prima che potesse nascere. Questo è controllo delle nascite! Non era ancora successo niente, quindi non restano tracce.
Continua su Osho Times n. 235
Tratto da: Osho, Mindfulness 4.0. La meditazione nel XXI secolo, Edizioni Mediterranee
Indietro
|