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Oltre il dolore

La comunicazione dei cuori...

Da un articolo di Deepti Canfora apparso su Osho Times n 241

 
fidanzati


Ogni ferita emotiva rimane nella memoria.

Un dolore emotivo, un tradimento, un rifiuto, attivano le stesse aree del cervello di quando ci scottiamo con l’acqua calda o ci pungiamo con un ago: il dolore emotivo, insomma, fa male esattamente quanto quello fisico e il nostro cervello reagisce velocemente allontanandoci dalla fonte del dolore. Lo schema automatico della mente è: scappare dal dolore.

La mente scappa dal dolore, ma questo non fa scomparire il dolore emotivo, e situazioni e sofferenze che si pensavano risolte o che si sperava di essersi lasciati alle spalle, ritornano sempre.

Queste nostre ferite sono come “insegne lampeggianti”: energeticamente continuano ad attirare situazioni e persone che stimolano quel dolore.

Queste insegne hanno un “pulsante” che viene premuto da chi si relaziona con noi e noi, a nostra volta, premiamo i pulsanti degli altri.

Perché una relazione di coppia è così difficile?

Perché ognuno dei due partner sollecita le ferite già esistenti nell’altro ed entrambi reagiscono a questi stimoli difendendosi, accusando l’altro o se stessi, ma difficilmente guardano cosa quella situazione sta portando alla luce. 

La paura di provare dolore è sempre presente nelle nostre relazioni, è qualcosa che cerchiamo di mandare via ed evitare in tutti i modi e per questo escogitiamo sempre nuove strategie che ci promettono che la volta successiva sarà diverso.

A ogni nostra nuova relazione c’è una vocina entusiasta che ci dice: “Questa volta sarà diverso”, e allora cerchiamo le prove per avvalorare questa voce.

Una di queste prove la troviamo in quella meravigliosa sensazione di fusione con lui/lei, in quei momenti in cui sentiamo di essere un unico respiro, in quel periodo di “luna di miele” che ci porta a pensare: “Finalmente ho trovato il mio grande amore, siamo una cosa sola: io sono lui/lei e lui/lei è me, siamo le due metà di una mela...”.

Ed ecco che invece di limitarci a godere di quei momenti, vi restiamo attaccati e una parte della nostra mente esige che siano PER SEMPRE.

Ci illudiamo di essere davvero “una cosa sola” con l’altro, sperando così di assicurarci quel PER SEMPRE. Ma un’aspettativa disattesa, piccoli accadimenti che non vanno come avevamo pensato, piccole mancanze, ci fanno vedere che non è così: gli altri non sono noi!

L’altro non vive in simbiosi con te, non è una parte di te e, d’altra parte, perché dovrebbe essere una parte di te?

La sensazione di fusione che proviamo con l’altro, questa sensazione di essere le due metà di una mela, l’illusione di essere una persona sola, ci mettono al riparo dalla paura dell’abbandono, dalla sensazione atavica di essere soli e quando questa illusione si infrange, un’ondata di paura ci travolge.

Ed ecco che si fa strada un’altra vocina che inizia a sussurrarci: “Hai sbagliato, non è la persona giusta”.

Quando ti rendi conto che l’altro non è te, ecco che iniziano a crearsi delle crepe in questa mela e solitamente ricerchiamo la causa nell’altro.

Il dolore dell’abbandono ritorna in superficie, la paura di essere soli si fa strada e invece di accogliere queste paure e questo dolore, ancora una volta lottiamo, ci ribelliamo, cerchiamo di evitarlo accusando l’altro e accusando noi stessi.

Allora costruiamo muri alti e spessi, perché non ci capiti più oppure ci convinciamo che abbiamo fatto un errore e che la prossima volta sarà diverso.

Ma non sarà diverso finché non ci fermiamo ad accogliere quell’onda tumultuosa di dolore, finché non accogliamo la paura dell’abbandono e la sensazione di sentirci soli.

Abbiamo un quarto chakra, il nostro cuore spirituale, che può essere un grande alleato: ci offre una dimensione dove non ci sono pressioni né giudizi e la sua funzione di accettazione è il fondamento di una ricerca interiore.

L’accettazione del quarto chakra ci abbraccia e accoglie qualsiasi emozione e dolore, in uno spazio di amore incondizionato. 

Il quarto chakra crea “spazio” interiore che ci permette di raggiungere il suo centro facilmente, dolcemente, e da questo soffice centro si apre la possibilità di fermarci invece di scappare, di accogliere invece di lottare, di sentire invece di negare. In questo centro del cuore il dolore si trasforma e l’alchimia accade.

Dal centro del cuore possiamo ascoltarci e ascoltare l’altro, non più attraverso i filtri della mente, ma da una dimensione di amore incondizionato.

Lo stato mentale abituale è quello di perdersi in un dialogo interiore continuo che spazia tra passato e futuro. La meditazione ci porta nel presente, nel qui e ora.

Dal centro del cuore possiamo comunicare con l’altro attraverso una qualità di accoglienza amorevole sia verso noi stessi, sia verso l’altro e questo ci porterà a una comunicazione completamente diversa, una reale comunicazione dei cuori. 

 

Per info sul lavoro di Deepti:
www.deepticanfora.it
www.meditazioneattiva.it

 


Ferite come “buchi”

Abbiamo tanti buchi nel nostro essere e a causa di questi buchi cerchiamo la compagnia dell’altro, l’amore dell’altro. E grazie alla sua presenza riusciamo a riempire questi buchi. Quando l’altro scompare, riappaiono, come abissi che si spalancano. Magari li avevi dimenticati, ma dovrai risentirli e, insieme a loro, il dolore. Quindi usa quei momenti come meditazione profonda... Siedi in silenzio, chiudi gli occhi, entra dentro. E osserva ciò che accade. Non pensare al futuro, non pensare al passato. Non entrare nei ricordi, perché è inutile. Entra dentro e basta. Entra in quel processo e ti rivelerà molte cose di te. Se riesci a penetrare quei buchi ne sarai completamente  trasformato. E non cercherai più di riempirli. 

Eppure potrai amare!

È possibile amare senza lasciare entrare l’altro a soddisfare qualche bisogno profondo. È possibile amare come se fosse un lusso, solo perché hai tanto da condividere e lo vuoi condividere. E allora l’amore non è più un bisogno, e non ci nascondi dietro le tue ferite. Entra in quelle ferite, entra dentro quel vuoto, in quell’assenza, e osserva...

 

Tratto da: Osho, The Passion for the Impossible #14



Articolo apparso su  Osho Times n. 241

 

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