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Cosa fa lanima dopo la morte?

Noi abbiamo familiarità con il corpo concreto, fisico; uno yogi ha familiarità con il corpo sottile e chi va oltre lo yoga entra in contatto con l’anima...

 

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 245



Osho, l’altro giorno hai detto che un uomo e una donna insieme costituiscono un’opportunità di crescita per la loro anima e questo implica che ci sono molte anime separate e non un’anima universale. Però in diverse occasioni hai detto che esiste una sola verità, un unico dio e una sola anima. Queste affermazioni non sono in contraddizione tra loro?

 

Non c’è contraddizione. Certo, dio è uno. Anche l’anima è essenzialmente una, ma il corpo è essenzialmente di due tipi. Uno è il corpo fisico che possiamo vedere, l’altro è il corpo sottile, che non possiamo vedere. Al momento della morte, il corpo fisico decade, mentre quello sottile rimane intatto. L’anima risiede in due corpi, il corpo sottile e il corpo fisico. Al momento della morte il corpo fisico muore. Il corpo fatto di terra e acqua, fatto di carne, ossa, midollo, viene meno, muore. Successivamente, il corpo composto di pensieri sottili, sentimenti sottili, vibrazioni sottili, filamenti sottili, rimane. Questo corpo, formato da tutti questi elementi sottili, prosegue il viaggio insieme all’anima ed entra nuovamente in un corpo fisico, per rinascere. Quando una nuova anima entra nell’utero materno, ci entra anche il corpo sottile. Nel momento della morte solo il corpo fisico si annienta, non quello sottile. Ma quando avviene l’ultima morte, ciò che chiamiamo moksha, il corpo sottile si disintegra insieme a quello fisico. Non c’è più rinascita per quell’anima. L’anima diventa una cosa sola con il tutto. È un evento che accade solo una volta. È come una goccia che raggiunge l’oceano.

Sono tre le cose che vanno comprese. La prima, è che esiste un “elemento dell’anima”. Quando i due tipi di corpo, quello fisico e quello sottile, entrano in contatto con l’elemento dell’anima, entrambi si attivano. Noi abbiamo familiarità con il corpo concreto, fisico; uno yogi ha familiarità con il corpo sottile e chi va oltre lo yoga entra in contatto con l’anima. Qualsiasi occhio è in grado di vedere il corpo fisico, gli occhi yogici sono capaci di vedere il corpo sottile. Ma ciò che sta oltre lo yoga, che esiste oltre il corpo sottile, si può esperire solo nel samadhi. Chi va oltre la meditazione raggiunge il samadhi ed è nello stato del samadhi che si può sperimentare il divino. L’uomo ordinario ha esperienza del corpo fisico, lo yogi di quello sottile, lo yogi illuminato ha esperienza del divino. Dio è uno, ma esistono infiniti corpi sottili e infiniti corpi fisici. Il corpo sottile è il corpo “causale” ed è questo corpo che si fa carico di quello fisico. 

È come avere tante lampadine. La fonte elettrica è una sola, l’energia è una sola, ma si manifesta attraverso diverse lampadine. Le lampadine hanno corpi diversi, ma la loro anima è una sola. Allo stesso modo, la coscienza che si manifesta attraverso di noi è una, ma nel manifestarsi usa due mezzi. Uno è il mezzo sottile, il corpo sottile; l’altro è il mezzo concreto, il corpo fisico.

La nostra esperienza è limitata al concreto, al corpo fisico. Questa mancanza di esperienza è la causa di tutta l’infelicità e ignoranza degli esseri umani. E ci sono persone che, pur andando oltre il corpo fisico, si fermano al corpo sottile. Queste sono in grado di dire: “Esiste un numero infinito di anime”. Ma quelle che vanno anche oltre il corpo sottile diranno: “Dio è uno, l’anima è una. Brahman è uno”.

Non c’è contraddizione nelle mie affermazioni. Quando faccio riferimento all’ingresso dell’anima, intendo quell’anima che è ancora associata al corpo sottile. Questo significa che il corpo sottile in cui è avvolta l’anima non si è ancora deteriorato. Ecco perché diciamo che l’anima che ha raggiunto la libertà suprema esce dal ciclo di rinascita e morte. Di fatto non c’è nascita né morte per l’anima: non è mai nata e mai morirà. Il ciclo di nascita e morte si arresta con la fine del corpo sottile, perché è questo che genera una nuova nascita. 

Il corpo sottile è un seme integrato, la cui consistenza è fatta dei nostri pensieri, desideri, istinti, volontà, esperienze, conoscenza. Questo corpo è lo strumento che ci conduce attraverso il nostro viaggio continuo. Ciononostante, per una persona i cui pensieri sono annichiliti, le cui passioni sono svanite, i cui desideri non hanno più consistenza e che non ha più aspirazioni dentro di sé, non c’è un posto in cui andare e non c’è motivo di andare da nessuna parte. Non c’è ragione di rinascere.

C’è una bellissima storia nella vita di Ramakrishna... 

Coloro che gli erano vicini, che sapevano che era un paramhansa, un illuminato, erano profondamente turbati da una cosa. Erano enormemente infastiditi nel vedere una persona illuminata come Ramakrishna, uno che ha raggiunto il samadhi, smaniare tanto per il cibo. Ramakrishna era molto ansioso rispetto al cibo. Spesso entrava in cucina per chiedere a sua moglie, Sharda Devi: “Cosa cucini, oggi? Si sta facendo tardi!”. Altre volte, magari proprio nel mezzo di una discussione seria su argomenti spirituali, si alzava all’improvviso e correva in cucina per vedere cosa c’era o per cercare qualcosa da mangiare. Sentendosi in imbarazzo, Sharda gli diceva, gentilmente: “Cosa stai facendo? Che cosa penserà la gente? Smetti di parlare di Brahman per iniziare a parlare di mangiare!”. Ramakrishna rideva, rimanendo in silenzio. Anche i suoi discepoli più prossimi si lamentavano, dicendo: “Ti stai facendo una brutta nomea. La gente si chiede ‘Come fa una persona che ha raggiunto la conoscenza a essere così invasata dal desiderio di cibo?’”. 

Un giorno sua moglie Sharda si arrabbiò moltissimo e lo rimproverò. 

Ramakrishna le disse: “Tu non lo sai, ma il giorno in cui perderò interesse verso il cibo, significherà che non vivrò più di tre giorni”. 

Sharda chiese: “Cosa intendi?”.

Ramakrishna rispose: “Tutti i miei desideri e le mie passioni sono spariti e tutti i miei pensieri se ne sono andati, ma per il bene dell’umanità, mantengo questo desiderio di mangiare deliberatamente. È come una nave legata con una sola, ultima corda. Quando questa corda si romperà, la nave intraprenderà il suo viaggio senza fine. Sto facendo un grande sforzo per rimanere qui”.

Probabilmente le persone attorno a lui non diedero molto peso a quelle parole, in quel momento. Ma tre giorni prima che Ramakrishna morisse, quando Sharda entrò con un piatto per lui, Ramakrishna lo guardò, chiuse gli occhi e si girò dando le spalle alla moglie. In un attimo lei si ricordò delle parole del marito a proposito della sua morte. Il piatto le cadde dalle mani e iniziò a piangere amaramente. 

Ramakrishna disse: “Non piangere. Desideravi che non bramassi più il cibo e il tuo desiderio è diventato realtà”.

Dopo tre giorni esatti da questo episodio, Ramakrishna morì.

Stava resistendo a fatica grazie a quella piccola fiamma di desiderio. E quella era diventata l’unica ragione per continuare il suo percorso di vita. Con la scomparsa di quel piccolo desiderio, tutto il sostegno cessò di esistere.

Quelli che chiamiamo tirthankara, che chiamiamo buddha, figli di dio, o avatar hanno un solo desiderio. Mantengono il desiderio per pura compassione, per il benessere di tutta l’umanità. Il giorno in cui questo desiderio svanisce, essi cessano di vivere nel corpo e ha inizio un viaggio senza fine verso l’infinito. Da quel momento, non c’è nascita e non c’è morte. Dopo, non c’è niente di più e niente di meno. Quello che rimane dopo non può, in ogni caso, essere quantificato; perciò, anche coloro che sanno non dicono: “Brahman è uno, il divino è uno”. Definire “uno” non significa nulla quando non può seguire il “due”, quando l’uno non può proseguire la sequenza di due e tre. Parlare di “uno” ha senso solo se anche due, tre e quattro possono esistere. “Uno” significa qualcosa solo in relazione agli altri numeri. Ecco perché coloro che sanno non diranno mai che Brahman è uno: dicono che Brahman non è duale, che non è due.

E dicono anche qualcosa di estremamente importante. Dicono: “Dio non è due; non c’è modo di definire dio 

in termini numerici”. Definendolo “uno”, stiamo tentando di contarlo usando i numeri ed è sbagliato. Ma per sperimentare quell’uno, la strada è ancora lunga. Ci troviamo ancora a livello del corpo fisico, del corpo che cambia forma infinitamente. 

Quando entriamo in questo corpo, ne troviamo un altro, il corpo sottile. Andando oltre il corpo sottile, ci avviciniamo a quello che non è un corpo, che è senza corpo: l’anima. Non è contradditorio, non è un paradosso... 

 

Testi di Osho tratti da: And Now, And Here, Vol. 2 #9 

 

Continua su Osho Times n. 245

 


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