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Il dono dei Sufi - 7

Continua su Osho Times una piccola antologia di storie Sufi – patrimonio di valore inestimabile di questa tradizione meditativa – raccontate da Osho

 

Un brano di Osho apparso su Osho Times n. 246



Zingari del mondo interiore

C’è una storia sufi su Gesù... I Sufi hanno alcune belle storie su Gesù che mancano nel Vangelo. Una delle storie è che Gesù andò a meditare sulle montagne. Incontrò un uomo molto anziano che viveva senza tetto, senza riparo, seduto sotto un albero. Gesù si stupì e chiese al vecchio: “Da quanto tempo vivi qui?”. Il vecchio disse: “Quasi cento anni. Ho duecento anni”. “Ma dov’è la tua casa?” chiese Gesù “Dov’è il tuo rifugio? Dove ti ripari quando arriva la pioggia o quando il Sole è molto caldo?”. Il vecchio cominciò a ridere come un bambino e disse: “Signore, profeti come te che ti hanno preceduto, mi hanno predetto che vivrò solo settecento anni; è per questo che non mi sono mai preoccupato di costruire una casa. Che senso avrebbe?”. Disse: “Solo settecento anni e poi dovrò andare. Quindi, perché preoccuparmi di una casa e di trovare riparo?”.

Questa è una bella storia. Si dice che dopo aver incontrato questo vecchio, Gesù scese dalle montagne e disse ai suoi discepoli: “La vita è un ponte. Attraversatelo, ma non costruiteci sopra una casa”.

La vita è vita solo quando è un flusso costante, quando continua a muoversi. È un fiume dal nulla al nulla. Non è un fenomeno intenzionale. Non è un business, è solo un vagare nella meraviglia.

L’uomo spirituale è davvero uno zingaro del mondo interiore.

Coloro che iniziano a sistemarsi da qualche parte se lo lasciano sfuggire. Bisogna rimanere vagabondi, senza casa… intendo metafisicamente, intendo spiritualmente. Non bisogna permettere a se stessi di sistemarsi da nessuna parte, perché ovunque ci si stabilisca la propria vita inizia a morire.

Osho da: Zorba The Buddha #11

 

Un’ascia rubata

Un uomo perse la sua ascia e cominciò a sospettare il ragazzo della porta accanto. Aveva visto il ragazzo camminare e pensò che avesse senz’altro rubato la sua ascia. La sua espressione, il suo modo di parlare, il suo comportamento, i suoi modi, tutto di lui tradiva il fatto che avesse rubato l’ascia.

Poco dopo l’uomo, mentre scavava nel suo giardino, trovò l’ascia.

Qualche giorno più tardi vide di nuovo il ragazzo della porta accanto. Nulla nel suo comportamento e nei suoi modi suggeriva che avesse rubato l’ascia.

Questa è la differenza tra la mente di un Buddha e una mente ordinaria. Una mente ordinaria è un agente attivo, non è come uno specchio. Non riflette solo ciò che accade; no, penetra attivamente. Introduce le sue idee nella realtà, la colora, le dà una forma. Dà alla realtà una configurazione che non c’è, che è stata determinata dalla mente stessa. 

I Sufi sostengono che la mente è una malattia. E tutti quelli che si sono realizzati sono d’accordo con loro. E il trucco è che qualunque cosa la mente pensi, poi la trova sempre, perché prima mette qualcosa nella realtà e poi lo legge. 

Con la mano destra lo metti, con la mano sinistra lo leggi e pensi di leggere la realtà. 

Il ragazzo della porta accanto è sempre lo stesso. Il ragazzo non era nemmeno a conoscenza di ciò che stava accadendo. Era diventato un ladro e poi non lo era più… Un bravo ragazzo, bravo e simpatico! Guarda come cammina, è così innocente. Il ragazzo è sempre lo stesso, ma è la mente dell’uomo a essere cambiata.

Se introduci la tua mente nella realtà, vedrai qualcosa che non c’è. E potrebbe sfuggirti qualcosa che c’è. Gli hindu definiscono maya questo portare la mente nella realtà. Questa è la causa principale di tutte le illusioni.

Se vuoi capire il concetto di maya, questa è la radice. Se vivi nella mente, vivi in maya, vivi nell’illusione, vivi nelle tue proiezioni e idee. Gli strati dei tuoi pensieri ti nascondono alla realtà e nascondono la realtà da te. Abbandonare la mente vuol dire lasciare andare maya, la radice di tutte le allucinazioni. Quando la mente non c’è, improvvisamente ciò che è, è rivelato.

Osho da: Just Like That – Talks on Sufi stories #5 

 

In pellegrinaggio

Un mistico sufi, Junnaid, si stava recando in pellegrinaggio alla Kaaba. Disse ai suoi discepoli: 

“Ci vorrà un mese per raggiungere la Kaaba. Digiuneremo, così che quando raggiungieremo la Kaaba i nostri corpi saranno assolutamente purificati”.

I discepoli furono d’accordo. Il viaggio ebbe inizio. Il terzo giorno raggiunsero un villaggio. Tutta la popolazione venne a riceverli, perché un discepolo di Junnaid molto povero viveva lì. Dal momento che Junnaid veniva per la prima e forse l’ultima volta nel suo villaggio e sarebbe stato suo ospite, l’uomo vendette il suo campo, la sua casa, tutto, per dare una grande festa in suo onore. Non era affatto a conoscenza del fatto che Junnaid stava digiunando e che aveva al seguito centinaia di discepoli.

Junnaid vide la gioia del discepolo. Era semplicemente estatico, anche se aveva messo a rischio tutto solo per dare una festa di benvenuto al suo maestro. Junnaid non disse nulla sul fatto che stava digiunando. Quando videro che Junnaid non disse nulla, anche i discepoli tacquero, ma dentro ribollivano.

La festa iniziò. Junnaid mangiò con gusto e ringraziò il discepolo, benedicendolo. Anche gli altri discepoli dovettero mangiare, dal momento che Junnaid stava mangiando. Non potevano dire: “Siamo a digiuno”, visto che il maestro pareva essersene dimenticato. Inoltre, il cibo era delizioso e per tre giorni avevano avuto fame! Ma in fondo erano arrabbiati: “Che razza di disciplina è questa?”.

Quando ripartirono, la prima cosa che fecero fu chiedere al maestro: “Non riusciamo a capire. Ti sei dimenticato del digiuno? Non l’hai nemmeno menzionato”.

Lui disse: “No, non ho dimenticato nulla, ma la sua gioia e la sua estasi erano tali che sarebbe stato un grande dolore per il suo cuore se avessi detto: ‘Non ho intenzione di mangiare’. Aveva preparato da mangiare con tanto amore. Ma non c’è alcun problema”, aggiunse Junnaid, “possiamo prolungare il nostro digiuno di altri tre giorni. Dimenticate i primi tre giorni: iniziamo il nostro digiuno da oggi e manterremo il digiuno per un mese. Non c’è alcun problema. Perché ferire il povero uomo per una cosa così semplice? Possiamo mantenere il digiuno per tre giorni in più”. Ma i discepoli dissero: “È una questione di disciplina: dato che avevamo fatto un voto, avremmo dovuto seguirlo”.

Junnaid rispose: “Vivete consapevolmente, non secondo una disciplina morta. Eravate risentiti, l’ho visto sui vostri volti. Eravate arrabbiati con me – vi stavo guardando – perché stavate semplicemente seguendo una regola morta: ‘Abbiamo fatto un voto, quindi deve essere seguito’.

Siamo noi i padroni. Così come facciamo un voto, possiamo interromperlo. E, vista la situazione, ciò che abbiamo fatto era la cosa giusta. Il nostro digiuno era ordinario, il suo amore era qualcosa di veramente sacro. Mangiare o non mangiare non conta molto, ma vi è sfuggita la sua gioia, non siete riusciti a condividere la sua estasi. Vi siete lasciati sfuggire una grande opportunità.

Se succedesse di nuovo”, disse ancora, “perché potremmo incontrare altri discepoli in altre città, non preoccupatevi. Deciderò in base al momento. Vedrò la situazione e agirò, questa è la mia disciplina. Non agisco secondo il passato”.

Osho da: The White Lotus #2

 

Continua su Osho Times n. 246


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