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newsletter n. 019

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Lacrime
di gratitudine

 

L’esistenza di sicuro le capirà!

Testi di Osho apparsi inediti su Osho Times n. 202

 


Osho, quando ti ascolto parlare della consapevolezza superiore e delle belle esperienze che ci attendono, spesso mi sento portato verso l’alto, come se il mio corpo diventasse senza peso... e solo la mia schiena dolorante mi ricorda che sono ancora qui! Questa esperienza in tua presenza è preziosa, ma questo sentimento può trasformarsi in un dolore che non è fisico. Le lacrime scorrono e ho un profondo desiderio, così disperato che non ha una direzione precisa. Anche se non ha le qualità di luce e leggerezza della prima esperienza è qualcosa di immensamente liberatorio. Che cos’è?

Ogni giorno ha la sua notte. Ti senti leggero ed è molto piacevole, poi improvvisamente il tuo corpo ti ricorda che non lo sei e che era solo una sensazione provata in mia presenza, non una vera esperienza esistenziale. Quindi diventa dolore, diventa un’enorme desiderio di provare quella sensazione per conto tuo e sentirla in ogni momento. Ti vengono le lacrime agli occhi e non provi la stessa sensazione di leggerezza, tuttavia c’è un grande sollievo.
L’esperienza è molto chiara. Primo, dimentichi la tua realtà del momento. S’innesca qualcosa in te che te la fa dimenticare, che apre una finestra oltre la realtà. Sei beato e vuoi rimanere aperto per sempre, ma questo non nasce dalla tua meditazione, ti arriva dell’esserti identificato con me, dal diventare uno con la mia presenza. Non può durare a lungo. Presto il tuo corpo te lo ricorderà, la tua schiena dolorante ti ricorderà che sei sulla Terra e la finestra si chiuderà. Ora non è più solo la tua schiena a essere dolorante, ma tutto il tuo essere. Da una sensazione di grande impotenza – perché cosa potresti mai fare per far sì che quella finestra rimanga aperta per sempre? – nasce il dolore, ma questo dolore è anche dolce.
Non è il dolore di una ferita, è il dolore per una visione che era proprio qui e si è persa! È diverso dalle sofferenze comuni e non è fisico. È un dolore che nasce da quel forte desiderio, un desiderio sentito in maniera profonda, di essere oltre il corpo, di essere trascinato verso una consapevolezza superiore. Ne hai avuto un assaggio e quel sapore è abbastanza da creare il desiderio intenso.
Tutte queste cose si mischiano e ti ritrovi in lacrime. Anche quelle lacrime sono il frutto del rimescolio delle emozioni: lo stato di beatitudine in cui eri inaspettatamente “inciampato”, il tesoro perduto che era così vicino, il desiderio di riaverlo, il dolce ricordo che è ancora persistente, l’impotenza di non poter fare nulla per riaverlo... perché non avevi fatto nulla per averlo, era semplicemente accaduto.
Succederà ancora, ma avrà sempre, come un’ombra, una sorta d’impotenza: tu non puoi farlo succedere, accade quando accade. Non è in tuo potere, nelle tue mani e tutte queste emozioni si mischiano nelle tue lacrime.
Fondamentalmente le lacrime hanno una funzione: darti sollievo. Lavano via tutta la confusione che c’è in te, la portano lontano da te, ripuliscono i tuoi occhi e la tua visione. Quindi quelle lacrime non sono di dolore e nemmeno di piacere, sono dovute a quella straordinaria esperienza che è andata perduta. Le lacrime ti aiutano a liberarti dal dolore, ti rinfrescano, ti riportano al luogo in cui eri prima di percepire la tua consapevolezza superiore penetrare, come un piccolo raggio di luce, nel tuo essere.
E succederà ancora, ma ricorda, può solo accadere da sé, quindi non sentirti impotente, non ha niente a che fare con te: è la natura stessa dell’esperienza, semplicemente accade, non puoi fare in modo che avvenga.
Devi semplicemente aspettare, devi aspettare e restare sveglio in modo da non lasciartelo sfuggire quando accadrà di nuovo.

C’è una poesia di Rabindranath Tagore...
Tagore è forse l’unico poeta del XX secolo che sia andato vicino, molto vicino, all’illuminazione. Nelle sue poesie, nelle sue parole, ci sono dei bagliori che non sono il semplice frutto di una composizione poetica e lui non li ha mai composti, ma come una donna incinta sente la presenza del bambino in grembo, un vero, autentico poeta si sente gravido di qualcosa che va oltre se stesso. Quando Tagore si sentiva gravido di un poe­ma, chiudeva la porta e informava le persone in casa che non bisognava disturbarlo qualsiasi cosa succedesse; anche se la casa andava a fuoco, nessuno doveva bussare alla sua porta!
E a volte ci volevano due o tre giorni... non mangiava, non usciva dalla stanza. Scriveva follemente di qualcosa che stava succedendo dentro di lui; più tardi avrebbe capito cosa fosse, all’inizio doveva solo portarlo nel mondo del linguaggio. Dopo aver finito, sarai sorpreso di sapere che si metteva a piangere! Arrivavano le lacrime, erano per il sollievo e la gioia d’esser stato capace di portare anche solo alcuni frammenti dall’ignoto.
Ma piangeva e le lacrime bagnavano il suo viso perché era finito troppo presto. Essere in quello stato era una tale bellezza, una tale benedizione che non avrebbe voluto mai uscirne.
Le sue poesie sono nate tutte in questo modo.

In una delle sue poesie parla di un grande tempio…
In un grande tempio, di quelli con centinaia di statue, servono centinaia di preti. Ci sono templi in India
con centinaia di statue, in Cina c’è un tempio con diecimila statue del Buddha. Ogni statua ha bisogno di essere venerata ed è un rito che dura tutto il giorno – migliaia di preti che venerano diecimila statue – e deve avvenire secondo certe regole e una certa disciplina.
Questo tempio aveva cento preti ed  era il tempio più importante di quell’area. Il priore una notte sognò che dio gli disse: “Verrò domani al tuo tempio. Mi avete venerato per secoli, generazione dopo generazione, è ora che io venga a trovarvi, per cui domani sii pronto, a un certo momento arriverò”.
Il priore si svegliò molto spaventato all’idea di dirlo agli altri preti, perché ne avrebbero riso: “Nessun dio è mai andato in nessun tempio, non si è mai sentito. È solo un sogno”.
Ma pensò anche: “Nel caso arrivasse e ci trovasse impreparati sarebbe molto imbarazzante, specialmente per me, visto che ero stato informato”. E pensò che fosse meglio trovarsi in imbarazzo davanti ai preti che davanti a dio, quindi li convocò e disse loro: “Nel sogno è successo questo e sento che sta davvero per succedere qualcosa”.
Si misero tutti a ridere e gli dissero “Stai diventando un vecchio rimbambito! Dovresti ritirarti dalla carica di priore visto che hai iniziato a sognare che dio verrà al tempio! Ma si è mai sentito?”.
Lui rispose: “Non l’ho mai sentito dire, ma il sogno era così reale che non ho potuto fare a meno di condividerlo con voi. Adesso spetta a voi. Come priore credo che non ci sia nulla di male: possiamo pulire il tempio, non è stato pulito da anni e anche se dio non venisse, almeno il tempio sarebbe pulito. Possiamo pulire ogni statua, così tanta polvere si è raccolta ovunque. Possiamo preparare un banchetto davvero delizioso e quando arriva glielo possiamo offrire. L’abbiamo offerto alle sue statue quindi oggi possiamo preparare un cibo ancora più speciale, il migliore possibile. Possiamo portare dei fiori e mettere delle candele intorno al tempio in caso non venga di giorno ma di notte”.
Quindi fin dal mattino presto ci fu un sacco di lavoro: pulire, preparare il banchetto, decorare il tempio con i fiori. E il tempio sembrava veramente bello. Erano tutti in attesa e correvano alla porta per vedere se dio stesse arrivando, potevano vedere la strada per miglia da lì, il tempio era in cima ad una collina. Ma la strada era vuota, nessuno stava arrivando.
Quella sera erano tutti talmente esausti da non poter svolgere i riti e le preghiere serali e si sentirono in colpa; e inoltre avevano preparato tutte quelle decorazioni, cibo speciale e non si sapeva neppure se dio avesse o meno cancellato il suo programma.
Si addormentarono presto. Accesero le candele e l’intero tempio sembrava un festival di luci, era una bella scena della cima della collina; e ancora ogni tanto qualcuno si svegliava e andava alla porta per vedere se dio stesse arrivando o no. A notte fonda dissero: “È solo che ci siamo fatti prendere dall’idea di quel vecchio rimbambito, abbiamo perso tutta la giornata e ci siamo stancati. Non è l’ora per una visita, nel cuore della notte, è meglio andare a dormire”. Quindi chiusero tutte le porte, che fino ad allora avevano tenute aperte. Chiusero le porte, bloccarono le finestre, andarono a dormire e si dimenticarono di dio.
E lui arrivò. C’è una frase in quella poesia: “Arriva sempre quando te ne dimentichi, arriva sempre quando non sei nemmeno consapevole che stia arrivando, arriva sempre alle menti libere dai desideri, alle menti silenziose”.
Arrivò su un carro, un carro dorato, e si fermò al cancello. Le porte erano chiuse. Scese. Il suono della ruota del carro nel silenzio della notte, nel sonno dei preti...
Qualcuno disse: “Forse è arrivato un carro”.
E qualcun altro rispose: “Stai zitto e dormi! Non è l’ora giusta per arrivare in un posto, non era un carro, ma le nuvole nel cielo che facevano rumore”.
Dio fermò il carro, salì la lunga fila di gradini che portavano al tempio, bussò alla porta. Qualcuno disse: “Sembra che qualcuno stia bussando”, ma qualcun altro, molto arrabbiato, gridò: “Idioti, ci lasciate dormire o no? Nessuno sta bussando, è solo il vento che colpisce le porte. Andate a dormire e dimenticatevi della sua visita”.
Nessuno aprì la porta e lui se ne andò. La mattina, quando le porte furono aperte, i preti furono sorpresi di vedere delle impronte nella polvere che si era raccolta durante
il giorno sui gradini che conducevano al tempio. E non erano impronte comuni.
Nella mitologia hindu, sotto il piede dio ha il segno di una ruota che gira. Quella ruota rappresenta il mondo intero e il segno era chiaro, anche nella polvere. Aveva certamente bussato, perché dalle impronte poterono vedere che si era avvicinato e che poi se n’era andato e più giù poterono vedere il segno della ruota del carro che tornava indietro.
Erano in shock, nessuno fu in grado di dire nulla, come spiegarlo? Il priore disse: “Sapevo che se mi ha fatto una promessa – anche se in sogno – l’avrebbe mantenuta. Ma voi avete pensato che io fossi rimbambito per cui sono stato tranquillo e quando qualcuno ha spezzato il sonno nella notte, ho pensato che avesse ragione, ma voi eravate così arrabbiati per esser stati disturbati... e posso anche capirlo, eravate stanchi e il cuore della notte non è il momento adatto per una visita, ma le vie di dio sono sconosciute”.
Piangevano tutti, si erano lasciati sfuggire qualcosa che accade di rado, anzi, non c’erano precedenti.
Ma il priore disse: “Non ha senso piangere”.
Risposero: “Siamo stati degli sciocchi, non era poi difficile rimanere svegli durante la notte, ma fondamentalmente siamo pigri; non siamo nemmeno riusciti ad aspettare dio per una notte, avremmo potuto rimanere svegli. E anche se c’erano dei segni del suo arrivo li abbiamo mal interpretati: era il vento che bussava alla porta, le nuvole che facevano rumore. Non possiamo perdonarci”.

È una bella allegoria, una bella me­tafora. Ci sono cose che vengono da te, ma tu non puoi andare da loro, sono cose che accadono. Tutto quello di cui c’è bisogno è che tu sia sveglio, allerta, attento e in profonda fiducia, altrimenti ti addormenterai. Se manca la fiducia, ti addormenterai.
Sono i dubbi che portano il sonno, dubbi che continuano a dire: “Che senso ha? È mai venuto? L’hai mai sentito? Ci sono precedenti? Qualche descrizione nelle sacre scritture? Vai a dormire, sei così stanco”.
Ma nessuno è mai troppo stanco.
Indipendentemente da cosa avevano fatto tutto il giorno, avrebbero potuto aspettare allerta, svegli, se avessero avuto fiducia. Ma nessuno ci aveva creduto fin dall’inizio, pensavano che il priore fosse rimbambito.
Erano stati d’accordo a pulire il tempio perché sembrava una cosa razionale, per anni non erano state fatte le pulizie. Erano stati d’accordo a portare fiori e a mettere candele, pensavano: “Male non fa, sarà un bel giorno di festa”.
Ma sapevano tutto il tempo che nessuno sarebbe arrivato! Il loro sonno non era stato un sonno comune, era stato un sonno giustificato dalla logica, dai loro dubbi: sapevano che nessuno sarebbe venuto, sicuramente.

Queste esperienze ti capiteranno sempre più, ricordati solo una cosa: quando una cosa del genere succede, sii grato e aspetta. Se l’esistenza lo vorrà, accadrà di nuovo, se non ti è d’aiuto non ti accadrà più. Ma ogni volta che accadrà sarà per il tuo bene.
Questa è fiducia e nella fiducia scoprirai che le cose accadono sempre di più e crescerai sempre di più nelle dimensioni superconscie dell’essere. Le tue lacrime non solo ti alleggeriranno, saranno di gratitudine, di riconoscenza, perché non hai fatto nulla e qualcosa è accaduto. Non lo meritavi, eppure è accaduto. Devono essere lacrime… verranno e saranno in sé una gioia, saranno lacrime di gratitudine.
Per quel che riguarda l’esistenza la gratitudine non può essere espressa a parole... l’esistenza non capisce il linguaggio, ma capisce le lacrime.

Tratto da: Osho, The Path of the Mystic #20


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