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Due cuori che
battono all’unisono

 

Succede fra amanti, fra una madre e il suo bambino, ma anche fra maestro e discepolo... un rapporto profondo che va ben oltre le leggi di causa ed effetto – la sincronicità: qualcosa di misterioso che pervade tutta l’esistenza

Testi di Osho apparsi inediti su Osho Times n. 203

 


La legge di causa ed effetto
La scienza si basa sulla legge di causa ed effetto che è puramente meccanica. Scaldi l’acqua fino a cento gradi e lei evapora. Dove la riscaldi è irrilevante: in un tempio, in una chiesa, in una moschea, non importa... in India, in Tibet, non importa. Se riscaldi l’acqua a cento gradi, evapora, e l’acqua non ha voce in capitolo. L’acqua non può dire: “Oggi non me la sento”. Oppure: “Oggi è domenica e sono in vacanza, e comunque non sono interessata a diventare vapore”. O anche: “Oggi non sono in vena, riscaldami quanto vuoi, ma io non evaporo.” E nemmeno: “Oggi mi sento improvvisamente molto generosa, ti voglio aiutare: evaporo a cinquanta gradi!”. No, l’acqua non ha scelta. La legge è puramente meccanica, causale: se si crea la causa, l’effetto deve seguire, senza alcuna eccezione.
A causa di questa legge di causalità, la scienza non può credere nell’esistenza dell’anima, nell’esistenza della consapevolezza, nell’esistenza del divino, perché si tratta di fenomeni non meccanici. La stessa metodologia della scienza impedisce di accettarli, non possono essere inclusi nel mondo scientifico. Lo invalideranno, di­struggendo l’intero edificio. Devono essere lasciati fuori. Il divino, l’anima, la consapevolezza, l’amore devono essere lasciati fuori dal tempio della scienza. Non possono essere ammessi all’interno: sono pericolosi, saboteranno tutta la struttura, sono “a-causali”!
Ma devono seguire qualche altra legge...

Qualcosa di strano
Uno scienziato, circa cento anni fa, si trovava in una vecchia casa dove c’erano due vecchi orologi sulla stessa parete. Lo scienziato fu sorpreso di osservare che segnavano sempre esattamente la stessa ora, al secondo. “Orologi così vecchi che funzionano così perfettamente? Neanche un solo secondo di differenza?” si chiedeva.
Essendo uno scienziato si incuriosì: mise uno dei due orologi cinque minuti indietro e dopo 24 ore, quando li controllò di nuovo, entrambi segnavano di nuovo la stessa ora! Un grande mistero! Si informò, ma nessuno aveva toccato nulla. Provò di nuovo, ripetutamente, ma gli orologi si comportavano sempre allo stesso modo, ritrovavano lo stesso ritmo. Cercò una spiegazione: “Sta accadendo qualcosa di strano. Non sono collegati!”.
Osservò più minutamente e arrivò alla conclusione che la vibrazione di uno dei due orologi, il più grande, attraver­sava la parete e manteneva l’altro orologio in sintonia. Qualcosa di molto sottile, niente che si potesse vedere.
Questo fu l’inizio della comprensione di un nuovo fenomeno. Quando Carl Gustav Jung iniziò a lavorare sul funzionamento della consapevolezza uma­na, arrivò a concludere che l’atmosfera creata da un cuore, le sue “vibrazioni”, se abbastanza potenti, sono in grado di influenzare il ritmo di un altro cuore, proprio come l’orologio più grande influiva sul più piccolo.
Quelle vibrazioni sono invisibili. Non esiste ancora un modo per misurarle, ma esistono. Non sono tangibili, ma funzionano. E non è una connessione di causa ed effetto.1

Una connessione poetica
Jung fu in grado di penetrare il mistero di questo diverso genere di connessione. Lo chiamò “sincronicità”. La legge di causa ed effetto è una connessione scientifica, la sincronicità è una connessione poetica. Con sincronicità si intende che se qualcosa accade da qualche parte e tu diventi disponibile nei suoi confronti e rimani vulnerabile, qualcosa in te può iniziare a rispondere, in parallelo. Ma quell’avvenimento non ne è stato la causa, non ha provocato il fenomeno.
È proprio come quando qualcuno suona della bella musica e in te nasce un grande desiderio di ballare: non è causato dalla musica, si tratta di una risposta “parallela”. Qualcosa che era profondamente addormentato in te, l’energia per ballare, è stato colpito; non causato, ma colpito, evocato, ispirato. Si tratta di sincronicità. Se fosse un rapporto di causa ed effetto accadrebbe a tutti. Causa ed effetto è un rapporto cieco, materialistico, accade tra materia e materia. Ma la sincronicità non è materiale, è spirituale, è qualcosa di poetico, è una storia d’amore.
La verità innesca sempre un processo in te, anche se non è proprio la tua. Il semplice ascoltarla crea un processo parallelo in te, ma non è causato dal fatto che la ascolti, non segue la legge di causa ed effetto, ma la legge della sincronicità.
Ascoltando della grande musica, nasce in te una musica. Non c’è alcuna necessità: può nascere e può anche non nascere. Non è inevitabile, ma se sei aperto succede, se sei disponibile, la musica nasce anche in te. Guardando un grande ballerino, qualcosa inizia a danzare dentro di te.

L’importante non è nelle cose
Sii come un bambino, con gli occhi aperti, senza pregiudizi nascosti. Basta guardare con chiarezza e dei piccoli fiori, dei fili d’erba, delle farfalle o un tramonto ti daranno tanta beatitudine quanta Gautama il Buddha ne ha trovata nell’illuminazione. La cosa importante non è nelle cose, ma nella tua apertura. La conoscenza ti chiude, diventa come un recinto, una prigione, mentre l’innocenza ti apre tutte le porte, tutte le finestre. Entra il sole, arrivano fresche brezze. D’improvviso ti arriva il profumo dei fiori. E di tanto in tanto un uccello può venire a cantare la sua canzone... l’innocenza è l’unica religiosità.
La religiosità non dipende dalle sacre scritture. Non dipende da quanto sai del mondo. Dipende da quanto sei pronto a essere come uno specchio pulito, che non riflette nulla.
Silenzio assoluto, innocenza, purezza... e l’intera esistenza per te si trasforma: ogni momento diventa estatico. Piccole cose, come sorseggiare una tazza di tè, diventano così sacre che nessuna preghiera può essere paragonabile. Basta guardare una nuvola che si muo­ve liberamente nel cielo e nell’innocenza accade una sincronicità. La nu­be non esiste più come oggetto e tu non esisti più come soggetto. Qualcosa di te si incontra e si fonde con la nube. Inizi a volare con quella nuvola.
Inizi a danzare con la pioggia, con gli alberi. Inizi a cantare con gli uccelli. Inizi a ballare con i pavoni, senza nemmeno muoverti... sei seduto e la tua consapevolezza inizia a diffondersi tutto intorno.
Il giorno in cui tocchi l’esistenza con la tua consapevolezza, in te nasce la religione e tu rinasci. Ed è questa la tua vera nascita.
Semplicemente seduto, senza fare niente... senza nemmeno pensare, sei soltanto puro essere.
E dalla mia esperienza posso dirti che sedersi su un albero è la cosa migliore, basta che tu sia molto amichevole con l’albero. L’albero aiuta il tuo silenzio, affonda le sue radici nel profondo della Terra. Non ha una mente, non chiacchiera con te, ma ti circonda... la sua aura, la sua sensibilità ti sostengono, in sincronicità.2

Da cuore a cuore
Il linguaggio dell’amore è silenzioso. Quando due amanti sono davvero in profonda armonia, in quella che Carl Jung definisce “sincronicità”, quando le loro frequenze si sintonizzano, quando entrambi vibrano sulla stessa lunghezza d’onda... poi c’è il silenzio, agli amanti non piace parlare! Sono solo i mariti e le mogli che parlano, gli amanti tacciono!
Il linguaggio non è un modo per entrare veramente in relazione, è per lo più da evitare. Quando sei profondamente innamorato puoi tenere la mano della tua amata, ma sarete in silenzio... un silenzio profondo, assoluto. E in quel lago indisturbato della vostra consapevolezza, qualcosa si trasmette, un messaggio... e si tratta di un messaggio senza parole.
Due amanti, se sono veramente innamorati e in profonda intimità, piano piano iniziano ad assomigliarsi, ad avere lo stesso aspetto:  è sincronicità. L’avrai osservato: i veri amanti, piano piano, iniziano a sembrare fratello e sorella. Qualcosa in loro inizia a sincronizzarsi, iniziano ad avere lo stesso ritmo.2

La vera intimità
Quando due amanti diventano davvero intimi, quando non hanno segreti fra di loro, quando sono davvero aperti l’uno all’altro, quando non hanno paura e non nascondono nulla... allora è intimità, quando si può dire tutto, senza alcun timore che l’altro si offenda o venga ferito. E se un amante pensa che l’altro si possa offendere, allora l’intimità non è ancora abbastanza, è solo una specie di accordo che può essere spezzato da un nonnulla. Ma quando cominciano a sentire che non c’è nulla da nascondere e si può dire tutto, quando la fiducia è giunta a una tale profondità, che anche se non si dice nulla l’altro comunque lo sa, iniziano a diventare una cosa sola.
Questa è sincronicità! E questo è ciò che accade anche tra il maestro e il discepolo, a un livello molto più profondo di qualsiasi altro rapporto d’amore, su un piano molto più alto rispetto a una qualsiasi altra intimità.1

Un sitar nelle mani del maestro
Nella musica classica indiana è un fatto risaputo dall’antichità che se un maestro di sitar suona il suo strumento e nella stanza si trova un altro sitar, se il maestro è davvero tale, l’altro sitar comincerà a vibrare della stessa melodia. Questa è sincronicità. Un vibrazione impercettibile della musica suonata dal maestro inizia lentamente a muoversi nella stanza. Ogni nota del maestro crea nell’aria intorno a lui una lieve increspatura, che inizia a diffondersi e arriva alle corde dell’altro sitar, che incominciano lentamente a vibrare.
L’imperatore Moghul dell’India, Akbar, era molto interessato a questo fenomeno, a corte aveva uno dei più grandi musicisti del tempo, Tansen, e quindi gliene parlò. Tansen rispose: “Io sono un grande musicista, ma questo è al di là delle mie capacità. Ma il mio maestro può farlo”.
Akbar disse che voleva invitarlo per tributargli i più alti onori e perché gli sarebbe davvero piaciuto ascoltarlo.
Tansen rispose: “Non ti ho mai fatto il suo nome perché io canto e suono, solo perché sono pieno di desideri. Tu mi hai dato tanto, ma i desideri sono senza fine e io continuo a suonare perché voglio di più. Il mio maestro ha già tutto: suona perché deve suonare e diffondere ciò che ha. Io sono un mendicante, lui è un padrone. Non verrà qui a palazzo, solo i mendicanti come me possono farlo. Dovrai andare tu da lui: chi ha sete vada al pozzo... se ti interessa. Vive non lontano da qui, sulle rive del fiume Yamuna, dove ha una piccola capanna. Non puoi chiedergli di suonare, ma quando suona è possibile ascoltarlo, di nascosto. E suona ogni giorno, alle tre del mattino. Dobbiamo andare, portando il mio sitar, e nasconderci accanto alla capanna e osservare cosa succede”.
E così Tansen e Akbar andarono, dopo aver preso il sitar con loro, e si sedettero fuori ad aspettare. Esattamente alle tre il maestro di Tansen iniziò a suonare. Il suo nome era Haridas e forse l’India non ha mai più avuto un altro musicista della sua levatura. Nel momento in cui iniziò a suonare il sitar fuori dalla capanna iniziò a vibrare della stessa melodia.
La musica classica indiana è basata sui raga, scale musicali particolari da eseguire in determinati momenti della giornata, per tutte le 24 ore; c’è un raga per la mattina, un altro per la sera. Hanno lavorato migliaia di anni per scoprire ciò che è in sintonia con ogni momento della giornata, in modo che il raga possa essere assorbito da quella energia. Hanno scoperto che ogni periodo della
giornata è sensibile a una determinata musica.
E alle tre, la mattina molto presto, Akbar vide con i propri occhi l’altro sitar vibrare e rispondere, come se il maestro stesse suonando entrambi, come se dita invisibili raggiungessero il sitar fuori dalla capanna. E per la prima volta Akbar iniziò a piangere lacrime di gioia.
Tornarono lentamente a casa. Rimasero in silenzio tutta la strada, ma quando Akbar stava per entrare nel palazzo e Tansen stava per tornare a casa sua, Akbar gli disse: “Tansen, pensavo che nessuno potesse suonare meglio di te, ma, mi dispiace dirtelo, non sei nemmeno paragonabile al tuo maestro. Perché sprechi la tua vita alla mia corte? Dovresti essere con il tuo maestro: se persino uno strumento musicale inanimato è ricettivo alla musica di quell’uomo, nulla sarebbe impossibile tra te e lui, potrebbero accadere miracoli! Dimentica la mia corte, dimenticami. E lui è vecchio, stai con lui, siediti al suo fianco e lascia che il flusso della sua energia ti pervada, lascia che la sua musica ti accenda!”.

Questa è la legge della sincronicità.
Questo è ciò che accade nel satsang, nella comunione con un maestro. Se ti avvicini, ed è in questo che consiste l’essere un discepolo: avvicinarsi a un maestro, avvicinarsi a una finestra dalla quale fluisce il divino. Se ti avvicini il suo potere, la sua atmosfera, la sua vibrazione darà al tuo cuore un certo ritmo. È a-causale, una di quelle cose misteriose e intangibili, ma è accaduto nel corso dei secoli.
Il discepolo è unito al maestro tramite la legge della sincronicità.
Ogni discepolo non è un discepolo fino a che la legge della sincronicità non comincia a funzionare, fino a che qualcosa di invisibile non si trasmette tra lui e il maestro.3

Testi di Osho tratti da:
1. The Fish in the Sea #3
2. I Say Unto You, Vol. 2 #1
3. From Personality to Individuality #26


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