Era il luglio del 1975 e c’era la Luna piena. In India questo giorno simbolizza la gratitudine e la devozione dei discepoli verso il maestro. Si chiama Guru Purnima: Guru è il maestro e Purnima significa “giorno di luna piena”. Perciò viene celebrato come “il giorno del maestro”.
Per via della valenza speciale di questo giorno, era chiaro che molti più discepoli del solito sarebbero stati presenti al discorso mattutino di Osho. In previsione di questo cominciai a muovermi di buon’ora perché ai discorsi di Osho preferivo sempre sedermi in un posto preciso: si trovava nella quinta fila alla destra di Osho, da dove riuscivo a veder bene ogni suo minimo gesto, cosa che mi procurava un grande piacere.
Alle 8 precise di mattina Osho fece la sua comparsa all’auditorium di Chuang-Tzu. Dopo il suo solito namastè (il saluto a mani giunte) si sedette sulla sua sedia sul piccolo palco. Laxmi gli passò quindi la cartella relativa al discorso di quel giorno: Osho avrebbe prima risposto alle domande poste dai discepoli, contenute nella cartella, poi avrebbe commentato dei sutra per la serie di discorsi Geeta Darshan.
Di norma, dopo aver ricevuto la cartella, Osho voltava una pagina o due, riponeva la cartella sul grembo, si girava verso il microfono e cominciava il discorso con le parole: “La prima domanda”.
Ma questo giorno in particolare, dopo che ebbe ricevuto la cartella da Laxmi, anziché voltare solo le prime due pagine come faceva di solito, continuò a voltarle fino all’ultima. Ci saranno state otto o dieci pagine in tutto. Poiché nell’auditorium, come al solito, regnava un silenzio totale si poteva udire distintamente il suono delle pagine che Osho voltava col pollice e il dito medio. Quando diede un’occhiata all’ultima pagina si leggeva chiara l’espressione di sorpresa dipinta sul suo volto. Osho sfilò quella pagina dalla cartella e la sistemò in cima alle altre. Poi girò lievemente il capo verso il microfono e disse: “La prima domanda! Perché celebriamo Guru Purnima nel giorno della Luna piena di Ashad?” (Ashad è un mese del calendario hindu che corrisponde più o meno al mese di luglio, durante il periodo dei monsoni in India).
Nella sua risposta Osho spiegò che la Luna piena è un bellissimo simbolo da dedicare al maestro. È un simbolo poetico perciò si dovrebbe cercare di comprenderlo attraverso il cuore piuttosto che con la testa. La scelta della Luna piena è dovuta al fatto che, illuminandosi, il maestro raggiunge la piena fioritura della sua consapevolezza.
In lui la parte oscura dell’inconsapevolezza cessa di esistere. La Luna piena simboleggia il viaggio spirituale del maestro, analogo a quello che compie la Luna quando passa dalla fase di totale oscurità alla piena illuminazione del plenilunio. Il maestro illuminato si trovava, un tempo, nella stessa oscurità in cui si trova ora il discepolo. Però grazie alla dedizione e alla giusta via, ha conseguito la luminosità del picco della consapevolezza. Ciò infonde nel discepolo la fiducia che tramite l’autodisciplina anche lui potrà raggiungere la stessa vetta del maestro.
Osho poi spiegò un altro aspetto del simbolismo della Luna piena riferito al maestro. Disse che non tutte le persone illuminate diventano maestri. Dopo aver vissuto l’esperienza appagante dell’illuminazione si diventa così serenamente soddisfatti che la questione di creare il rapporto maestro-discepolo non si pone neanche. A meno che non si abbia un’enorme compassione non si diventa maestri: è la compassione che spinge un illuminato ad aiutare chi brancola ancora nel buio; e mentre sta guidando queste persone affinché riescano a uscire dell’oscurità ecco che si viene a creare il rapporto maestro-discepolo. Il maestro è circondato dalla luce della sua consapevolezza, ma poiché il discepolo vive ancora nell’inconsapevolezza, commette degli errori e si comporta male nella società. E allora la società generalmente comincia a incolpare il maestro.
Nel mese di Ashad, durante le piogge dei monsoni, il cielo è ricoperto di nuvole nere. Queste somigliano ai discepoli che non sono ancora illuminati e annaspano nel buio. Nel mese piovoso di Ashad, benché ci sia la Luna piena, le persone non riescono a vederla perché le nuvole nere la tengono coperta. Per questo la Luna piena è come se non ci fosse. È un fenomeno analogo alla società che ritiene il maestro responsabile per le manchevolezze dei suoi discepoli. Ma la compassione del maestro è tale che non si cura delle offese che gli provengono da altri e continua a irradiare i discepoli con la sua luce di saggezza.
Mentre Osho parlava della similitudine tra la Luna piena e le nuvole nere e il rapporto maestro-discepolo, sentivo le mie lacrime scendere, perché il suo discorso rifletteva in parte una situazione che si stava verificando in quel periodo. Quasi non trascorreva giorno senza che ci si imbattesse in pesanti critiche verso Osho su giornali, riunioni pubbliche, discorsi privati, drammi teatrali, cinema e così via. Una delle cause principali era il comportamento di alcuni dei suoi discepoli. Le persone provenienti dalla cultura occidentale non si preoccupavano della cultura indiana. Così succedeva che alcune coppie passeggiassero per la strada tenendosi per mano e baciandosi in pubblico; gesti come questi andavano contro la tradizione indiana ed erano altamente offensivi e inaccettabili, specialmente a quel tempo. Le persone consideravano tali comportamenti osceni e credevano che fosse Osho a incoraggiarli. A quei tempi arrivavano da Osho tantissimi hippy, che spesso facevano uso di droghe, per conoscere la meditazione, persone che avevano un atteggiamento molto anticonvenzionale verso la vita e si rifiutavano di aderire a qualsiasi regola...
Ho visto questi hippy venire da Osho e iniziare a meditare. Quando venivano per i discorsi di Osho dovevano essere molto puliti e aver appena fatto la doccia: non doveva rimanere alcun tipo di odore sul corpo poiché Osho era allergico agli odori. Era una condizione che veniva rigorosamente rispettata: prima di entrare nell’auditorium per i discorsi o gli incontri con Osho ognuno veniva annusato accuratamente da due discepole. Quegli hippy divennero sannyasin, discepoli di Osho e iniziarono a indossare abiti arancioni. Si sedevano di fronte a Osho durante i suoi discorsi, per due, talvolta anche tre ore in totale silenzio. Alla fine la loro dipendenza dalle droghe spariva. Il cambiamento qualitativo in loro era nettamente visibile. Ne ho visti tanti come loro, erano solo hippy quando arrivavano da Osho, ma dopo qualche settimana cominciavano a essere meditativi, più tranquilli e creativi. Purtroppo però le masse indiane non avevano la pazienza e la sensibilità per notare il cambiamento e non smettevano di insultare Osho.
Il fatto che la grande compassione e la guida di Osho abbiano consentito a questi hippy di cambiare il loro stile di vita e diventare meditativi mi commuove profondamente. Perciò nell’ascoltare il discorso di Osho in quel giorno di Guru Purnima, potevo percepire la sua grande compassione nel prendersi tutti gli insulti a causa del comportamento dei suoi discepoli.
Osho diede un’ulteriore spiegazione del simbolo della Luna piena, da un’altra angolazione: disse che fu un’intuizione profonda quella dei saggi antichi che inventarono questo simbolo per il maestro. Altrimenti chiunque avrebbe pensato al Sole come simbolo invece che alla Luna. Ma usare la Luna piena come simbolo è più adatto, perché il Sole splende di luce propria mentre la Luna riflette la luce del Sole, non possiede luce propria. Allo stesso modo, il maestro che ha percorso la via della meditazione, quando si illumina, diventa shunya, ossia un non-essere, un’assenza di ego. In quello stato di non-essere s’illumina con la luce della verità. Solo quando un uomo diventa completamente vuoto la verità può risplendere attraverso di lui. Ma in questo riflettere la luce accade una trasformazione enorme. La luce accecante e bruciante del Sole quando viene riflessa attraverso la Luna, diventa fresca e riposante, rassicurante. La verità è come il Sole: è sempre diretta e imparziale, manca dell’elemento della compassione. Ma la stessa verità, quando viene riflessa attraverso un maestro illuminato, assume una qualità rassicurante grazie alla compassione che vi apporta cambiamenti sottili.
Il maestro non giudica gli errori dei discepoli poiché sa che nello stato di inconsapevolezza in cui si trovano gli errori sono inevitabili. Il maestro sa che un tempo anche lui viveva nella stessa inconsapevolezza e commetteva errori simili. Il discepolo ha bisogno di una guida per uscire dall’inconsapevolezza. Lui oggi si trova dove il maestro era ieri e il maestro si trova oggi dove il discepolo sarà domani. Pertanto il maestro è sempre pronto a perdonare gli errori dei discepoli.
Ho fatto un riassunto di quel discorso per una ragione precisa: è legato a un episodio che val la pena di ricordare. Io e Swami Anand Maitreya siamo gli unici due a esserne testimoni.
Maitreya non è più con noi... era molto vicino a Osho e viveva nella stessa casa, Lao-Tzu, dove risiedeva Osho. Uno dei suoi compiti quotidiani era quello di preparare la cartella per i discorsi mattutini di Osho.
In quel giorno di Guru Purnima avevo invitato Maitreya a pranzo, quindi, a discorso finito, ci avviammo verso casa mia. Sedeva accanto a me mentre guidavo la macchina e spontaneamente gli dissi: “Il discorso di oggi mi ha molto stupito... .” E lui rispose: “Oh Bagmar. Non puoi immaginare come sono sbalordito io!”. E una volta arrivati a casa mi raccontò l’accaduto. Mi disse: “Ogni mattina preparo la cartella per i discorsi di Osho e la mando nella sua stanza per le 7.30. Osho quindi scorre le pagine con le domande, inserisce le barzellette e le poesie relative a una data pagina e sistema tutto nell’ordine che preferisce per il discorso. Per fare questo impiega quindici minuti, poi alle 7.45 va nel suo bagno per prepararsi ed esce da lì pronto per andare direttamente al discorso”. Continuò dicendo: “Stamattina ho preparato la cartella sistemando le domande per Osho e le ho mandate nella sua stanza alle 7.30 precise, come al solito. Però subito dopo averlo fatto è arrivata Divya Bharti con una domanda sul perché si celebra il Guru Purnima nel giorno della Luna piena di Ashad”.
Maitreya si fermò per un attimo poi continuò: “Mi trovavo di fronte a un grande dilemma. La domanda era molto pertinente al discorso di oggi, ma la cartella era già stata inviata a Osho. Aspettai fino alle 7.45 poi mi precipitai nella sua stanza. Come previsto Osho non si trovava in stanza perché si stava preparando nell’altra e c’era solo Nirvano (che si prendeva direttamente cura di Osho). Le dissi che c’era da aggiungere un’altra domanda alla cartella. Però lei si rifiutò di farlo dicendo che Osho aveva già scorso e sistemato le pagine e il tutto andava lasciato com’era”.
Maitreya allora suggerì a Nirvano di aggiungere la pagina sotto le altre, ma lei rispose che non sarebbe riuscita ad avvertire Osho di quell’aggiunta. Maitreya concluse: “Tu mettila soltanto in fondo alle altre e il resto lo affidiamo all’esistenza”. E Nirvano acconsentì, sebbene con riluttanza, solo per rispetto a Maitreya.
Maitreya finì qui il suo resoconto, ma a quel punto avevo di fronte a me tutta la scena del discorso della mattina. Ora il mistero che c’era dietro lo scorrere insolito delle pagine di Osho fino alla fine e l’espressione sul suo viso nel vedere l’ultima, mi era stato svelato.
Tenendo conto che Osho vide questa domanda all’ultimo momento, fu sorprendente come la sua risposta si rivelò splendida e spontanea. Rispose alla domanda da così tante angolazioni, in modo così esaustivo e così perfetto.
Il suo stesso discorso è un esempio
di come il maestro diventi un nulla e di come la verità si rifletta attraverso di lui.
Da: Satya Niranjan (P.C. Bagmar), I Leave You My Dream, Sakshi Publication
indietro