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newsletter n. 033

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30 anni a pulir riso...
...per scoprire l’essenza dello Zen!

 

Preziosi testi di Osho apparsi su Osho Times n. 208

 


Lo Zen è molto strano.
Non serve alcun sapere, nessuna conoscenza erudita.
Quello che occorre è un immenso silenzio e attendere, osservare... quando il tempo è maturo, l’esistenza riversa su di te tutti i suoi misteri!


Osho


Erano trent’anni che il monaco ripuliva il riso delle sue impurità.
Il maestro gli aveva detto: “Se non ti chiamo, non farti vedere. E non partecipare alle discussioni erudite del monastero, non leggere le sacre scritture. Pulisci semplicemente il riso da mattina fino a sera inoltrata: qui ci sono diecimila monaci e il tuo compito è prenderti cura del riso”.
Quindi per trent’anni l’uomo si era completamente scordato del pensiero: che bisogno c’è di pensare quando per trent’anni non fai altro che pulire riso tutto il giorno? Quasi metà della sua vita l’aveva spesa a pulire riso. Ed è un procedimento così semplice che non richiede l’uso della mente, non richiede alcun processo di pensiero. Inoltre gli era stato impedito di andare ai discorsi, ai sermoni, alle discussioni dei monaci e gli era stato detto di non leggere le sacre scritture. Era stato escluso da qualsiasi attività che portasse alla formazione di una mente. Gli era stato dato un semplice incarico che gli avrebbe disgregato la mente, qualsiasi tipo di mente avesse avuto.
Questi erano individui di grande forza e integrità. Rimanere in attesa per trent’anni, senza lamentarsi, senza nemmeno rivedere il maestro! E solo perché lui gli aveva detto: “Questa è l’unica cosa che devi fare”. Non parlava neanche con gli altri monaci e tutti si erano dimenticati di lui.
Viveva in una piccola capanna accanto alla cucina. La mattina entrava in cucina e a notte inoltrata tornava nella capanna e andava a dormire, era un processo molto semplice. Nel giro di trent’anni rimase solo nonmente.
Poi accadde qualcosa. Il maestro stava invecchiando e sentendo avvicinarsi la morte informò i diecimila monaci – a eccezione di quello che si limitava a pulire il riso – dicendo loro: “Se qualcuno vuole diventare il mio successore è invitato a venire nella notte e scrivere sulla mia porta la pura e semplice essenza dello Zen”.
C’erano molti grandi eruditi, ma tutto il monastero sapeva chi tra loro fosse il monaco più colto: forse sarebbe stato lui il prescelto. Quando il maestro andò a dormire, il monaco erudito si recò furtivamente davanti alla sua porta senza far rumore, così che nessuno si accorgesse di chi fosse stato a scrivere. Aveva addirittura paura, perché conosceva il maestro: nessuno poteva ingannarlo, questo era certo. E lui stesso sapeva di non sapere nulla di Zen a livello di esperienza vissuta, benché fosse capace di produrre erudite argomentazioni. Ma quel vecchio non si sarebbe lasciato incantare dal sapere accademico.
Scrisse una bellissima frase sulla porta, in silenzio per non svegliare il maestro: “Lo Zen non è altro che uscire dalla mente e il trascendente apre le sue porte”, ma, timoroso e cauto, non firmò. “Se il maestro la troverà giusta, mi alzerò in piedi e affermerò di esser stato io a scriverla. Se la troverà sbagliata me ne rimarrò seduto”. Il vecchio aveva l’abitudine di bastonare i discepoli.
L’indomani mattina, quando il maestro aprì la porta e vide la frase disse: “Chi è l’idiota che l’ha scritto?”. Dai diecimila monaci non arrivò risposta.
Quindi la cancellò e disse: “Non danneggiate la mia porta! Se non sapete... Posso morire senza un successore, ma non permetterò a nessun erudito di prendere il mio posto”.
Era indubbio che la frase fosse perfetta e che nessuno avrebbe saputo far di meglio: “Zen è andare oltre la mente”. Non c’era frase che avrebbe potuto riassumerlo con più precisione e chiarezza, ma i maestri hanno il loro modo di trovare ciò che cercano.
Due monaci passarono accanto al pu­litore di riso. Non conoscevano neanche il suo nome, tutti lo chiamavano semplicemente il “pulitore di riso” e non lo consideravano nemmeno un mo­naco. Lui non aveva mai detto a nessuno di essere stato iniziato e nessuno si era mai interessato a lui, a come si chiamasse. Non era mai venuto ai discorsi né alle meditazioni né alle discussioni erudite. E tutti i monaci erano sempre in preda al fervore per ogni genere di argomentazione filosofica. Quando si leggevano le sacre scritture, i sutra di Gautama il Bud­dha, non si era mai presentato. Che razza d’uomo! Faceva solo una cosa e la gente si era persino dimenticata da quanti anni continuasse a farla.
I due uomini passarono davanti alla cucina discutendo tra loro: “La frase era perfettamente giusta, ma il nostro vecchio maestro è davvero strano. Come ha fatto a capire che è un’asserzione accademica, che non è esistenziale, che non è esperienziale?”.
Per la prima volta il monaco pulitore  di riso si mise a ridere. In trent’anni era la prima che si esprimeva in qualche modo. I due monaci lo guardarono e dissero: “Perché hai riso? Non ti abbiamo mai visto ridere”.
Rispose: “Ho riso perché chiunque l’ab­bia scritto deve essere un idiota!”.
E loro dissero: “Queste sono state esattamente le parole del maestro! E tu sapresti scrivere qualcosa di meglio?”.
Lui disse: “Non so scrivere. Ho dimenticato come si fa. In trent’anni ho persino dimenticato quel poco che sapevo. E comunque chi vuole essere il successore?”.
Erano scioccati: “Quest’uomo è strano. Trent’anni senza dire una parola e poi all’improvviso esplode”.
A notte fonda il maestro si recò dal pulitore di riso e gli disse: “Puoi scrivere di meglio?”. Il pulitore di riso disse: “Non esiste una mente, come puoi trascenderla? E non c’è una dimensione trascendente, tutto è qui e ora. Non si deve andare da nessuna parte, neanche oltre la mente. La mente è una finzione e la gente ha creato l’ulteriore finzione di andare oltre la mente. Però ti chiedo perdono. Non voglio essere il tuo successore. Sono così felice. Sei un uomo così meraviglioso e mi hai dato un lavoro così meditativo!”.
Il maestro disse: “Dovrai accettare l’incarico, perché non c’è nessun altro di cui mi possa fidare. Sono tutti ingolfati di conoscenze e di ogni genere di erudizione. Tu sei la persona giusta e ho atteso questo momento per trent’anni: forse sarai tu il mio successore. Questa attesa mi ha dimostrato senza ombra di dubbio che devi aver fatto esperienza di qualcosa che ti mantiene centrato, senza preoccupazioni, senza tensione. Non hai mai neanche rivolto una singola parola a qualcuno, fai il tuo lavoro e te ne vai a dormire. Una cosa però: questi studiosi e queste persone ambiziose ti metteranno i bastoni tra le ruote. Perciò ho portato la mia tonaca, il mio bastone e il mio copricapo,” – cioè gli oggetti che il successore riceve dal maestro – “quindi prendi questa tonaca, questo bastone e questo copricapo”. Mise quest’ultimo sulla testa del monaco pulitore di riso e gli disse di fuggire dal monastero il più in fretta possibile. “Vai sulle montagne. Quelli che avranno bisogno ti raggiungeranno. Ma stai attento! Se qualcuno del monastero lo viene a sapere verranno a ucciderti. Non accetteranno un monaco pulitore di riso come loro maestro”.
Così il pover’uomo prese la tonaca, il bastone e scappò. Però mentre fuggiva dal cancello, il guardiano lo vide con gli indumenti del maestro. Quindi an­dò subito a informare tutti i monaci ambiziosi che stavano ancora tentando di trovare la frase migliore: “Smettetela! Il successore è stato prescelto”.
Dissero: “E chi è?”.
Il guardiano rispose: “Ricordate un uomo che venne qui trent’anni fa e non parlò mai in tutti questi anni, il pulitore di riso? L’ho appena visto che usciva dal cancello con il bastone del maestro, il suo copricapo in testa e la tonaca nell’altra mano, e correva via!”.
Quindi molti di coloro che ambivano al ruolo di successore impugnarono la spada e corsero nella direzione indicata dal guardiano. E non tardarono a trovare il povero pulitore di riso, a circondarlo con le loro spade, e a dirgli: “Restituisci la tonaca. Non conosci una sola parola di Zen”.
Il pover’uomo rise. Disse: “Credete che esista una parola da sapere prima di conoscere lo Zen?”.
Rimasero scioccati. Era la verità, ma erano così ambiziosi che non riuscivano ad accettare l’uomo. Ma questi disse: “Non c’è problema. Tenete le vostre spade nel fodero, non c’è alcun bisogno di preoccuparvi. Ecco il copricapo” – e lo gettò a terra – “ed  ecco la tonaca e il bastone. Se potete prenderli, prendeteli”.
Sebbene fossero ambiziosi, erano anche ragionevoli, dopo aver vissuto con il maestro così a lungo. Come avrebbero potuto prenderli? Se era stato il maestro a darglieli, sarebbe stato del tutto sbagliato raccoglierli.
E sapevano di non sapere, mentre quest’uomo sembrava sapere, non importava che fosse un pulitore di riso. Si inchinarono ai suoi piedi e dissero: “Abbiamo sbagliato. La nostra era solo ambizione. Ti preghiamo di ritornare”.
Lui disse: “Non voglio essere il successore. Avevo rifiutato, ma il vecchio maestro è stato così insistente. Vi prego di prendere le sue cose. Chiunque voglia essere il successore può farsi avanti. Io vado sulle montagne”.
I monaci insistettero: “No, devi ritornare”.
E fu così che divenne il successore.

Tratto da: Osho, I Celebrate Myself #7

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