Prem: Parlami un po’ della tua vita, della tua crescita, di un percorso che da personale è diventato passione e poi anche professione...
Bela: Iniziai a cercare qualcosa di più nella vita fin da molto piccola, ma nell’ambiente in cui sono cresciuta non c’erano persone in sintonia con questo mio bisogno. Poi intorno ai vent’anni la mia situazione personale raggiunse un livello di insostenibilità tale da mettermi di fronte alla necessità di fare qualcosa: stavo finendo in un vicolo cieco.
A quel punto non so cosa accadde, forse per magia, forse per qualcosa dell’esistenza che doveva essere portato a compimento, nel ‘96 mi ritrovai a vivere con due sannyasin, in Olanda. Feci la Primal e subito dopo iniziai il training che in tutto durò cinque anni: tre dedicati al mio processo personale e gli altri due a dare sessioni con supervisione. Prima di concludere il training presi il sannyas, o meglio, fu il sannyas a prendere me! Era il ‘99 e avevo un profondo desiderio di andare a Pune...
Mi riuscì di andarci alla fine del 2000, per un mese, spinta da un grande desiderio del cuore di visitare il luogo dove Osho aveva vissuto e creato tutte le sue tecniche e soprattutto, per esprimere la mia profonda gratitudine.
Là successero tante di quelle cose... per tre settimane, mi sentii così toccata dal buddhafield che non feci altro che piangere; trascorsi gran parte del tempo a fare Dinamica, Silent Sitting, la meditazione silenziosa in Chuang-tzu, dove sono conservate le ceneri di Osho, e soprattutto a stare nel giardino, il parco
di Osho.
A fine gennaio i miei insegnanti del training vennero a Pune e fu allora che mi resi conto di non essere ancora pronta a tornare a casa e persino loro mi incoraggiarono a rimanere un altro mese. Tra le altre cose notai il training per diventare Osho Therapist, che si sarebbe tenuto più avanti e qualcosa in me sapeva che avrei dovuto esserci a tutti i costi.
Intanto pian piano smisi di piangere e mi sentii pronta per ripartire. Tornai a casa e lavorai mesi senza sosta per poter tornare al Resort, anche se non guadagnai abbastanza da pagarmi il training. Andai subito da Dwari, che conduceva il Training di Respiro, una parte importante del training di Osho Therapist, e le chiesi di partecipare come assistente, visti i miei cinque anni di lavoro Primal, ma lei rispose che per assistere bisognava aver partecipato.
La mia determinazione comunque era così tanta che subito prima dell’inizio del training ritornai da Dwari dicendo: “Eccomi, sono pronta”. Le parlai del mio training, le spiegai che non si trattava solo di Primal, ma che affrontava molti altri aspetti: respiro, pulsation, struttura della personalità, body-types, ipnosi NPL e che non avevo abbastanza denaro per pagare il training e vivere a Pune. Dopo ripetute insistenze mi fu concesso, grazie al mio background e alle mie qualifiche, di fare una parte del training come partecipante e il resto come staff, e da lì incominciò il mio viaggio. Dopo il training iniziai a lavorare alla Multiversity, con sessioni e piccoli gruppi di respiro, anche se la mia vera passione rimaneva la Primal.
Ripartii per casa, dove lavorai di nuovo sodo per sei mesi e mi organizzai per lasciare tutto, in modo da potermi stabilire definitivamente a Pune: il training di Osho Therapist era stato una svolta dalla quale non era più possibile tornare indietro.
Avevo iniziato ad ascoltare Osho regolarmente, per via dell’Evening Meeting, e molte delle cose che sentivo dentro mi venivano confermate dalle sue parole, quindi cominciai ad approfondire la mia comprensione della terapia. Ancora oggi continuo a imparare, a integrare la visione di Osho nel condividere quello che so.
Il mio percorso di terapista ha avuto inizio con i gruppi di respiro, poi è arrivato il lavoro di Primal, dapprima come assistente, poi come co-conduttrice e a un certo punto ho cominciato a condurre gruppi io stessa. Intanto comunque la vita mi metteva alla prova con svariate situazioni e circostanze, perché la vita al Resort può essere molto intensa.
Finii per sovraccaricarmi di lavoro tra ufficio alla Multiversity e conduzione di gruppi, tanto che a un certo punto neanche le meditazioni mi furono più d’aiuto. A quel punto, circa cinque anni fa, decisi di fare il Freedom Process, che fu un’esperienza sorprendente, perché finalmente mi portò alla comprensione di qualcosa che per anni avevo tentato, senza riuscirvi, di trasmettere e di condividere nel lavoro di Primal: partire cioè dalla prospettiva dell’adulto, laddove nella struttura Primal si rimane ancora identificati con il bambino interiore.
Fu per me un grosso salto qualitativo, tanto che chiesi a Tarika, che conduceva il processo, di fare il training. Lei accettò e da qualche anno a questa parte il Freedom Process è diventato il mio lavoro .
Prem: E cos’è che porti di speciale in questo lavoro, il tuo contributo personale?
Bela: Credo che le persone sentano fortemente che ci sono passata anch’io, che non è qualcosa che ho imparato da un libro di testo. Credo che sia anche ciò che dice Osho, cioè di condividere la nostra esperienza e la meditazione. Forse non è neanche terapia, è che siamo tutti sulla stessa barca... è condividere non insegnare, o “curare”, o cambiare qualcosa nell’altra persona.
Un regalo prezioso che ho ricevuto dalla mia vita, in questo luogo e da Osho, è l’accettazione di ciò che sono: non dover cambiare, ma piuttosto diventare ciò che sono già, ma di cui un tempo non ero consapevole.
Nel lavoro che faccio occorre essere molto aperti e imparare a stare con qualsiasi cosa succeda, dentro e fuori, per far sì che la comprensione arrivi anche agli altri. Quando conduco un gruppo non sono solo i partecipanti a dover aprirsi, ma anche io, e ogni volta è come ricominciare daccapo.
Si parte dall’apertura, dalla fiducia e dalla meditazione, senza tentare di cambiare l’altro, ma cercando la sua essenza. È anche per questo che il gruppo si chiama Osho Freedom Process (Processo verso la libertà), un nome che amo molto.
Condurlo e parteciparvi è sempre un regalo per me. Per me, l’aver fatto il gruppo come partecipante prima e facilitatrice poi, si è centrato molto sul dire “sì” a qualsiasi cosa accada, per quanto difficile possa essere. Ci sono stati momenti in cui ho pensato che non ce l’avrei fatta, eppure mi dicevo: “Va bene, ma cosa succede se dico semplicemente sì?”.
Dire sì alle situazioni ha anche aperto una nuova dimensione nel mio lavoro alla Multiversity da quattro anni a questa parte. Ogni volta è imparare che quanto più riesco a dire sì, tanto più qualcosa si apre in me e fa sì che le persone si aprano a loro volta. Per me significa vivere in prima persona quello che insegno. È facile dirlo a parole, ma è viverlo su di sé che smuove e tocca gli altri.
Prem: Tieni gruppi anche fuori dal Resort?
Bela: Gran parte del tempo vivo e lavoro qui, ma vado anche in altri posti. Il mio lavoro fuori dal Resort è pressoché lo stesso, Primal principalmente, o qualcosa comunque legato a Osho, mantenendo la struttura giornaliera di Dinamica e Kundalini, e se ce n’è il modo, anche i discorsi di Osho, ma non sempre c’è lo spazio o la possibilità di fare l’Evening Meeting.
Propongo sempre lavori legati a Osho, invogliando molte persone a venire a Pune. Anche per me è andata così: sono approdata qui grazie alla voglia di cambiare e alla gratitudine e qui c’è qualcosa di molto profondo che poi porta a condividere.
Prem: Perché è così importante, secondo te, il lavoro sull’infanzia?
Bela: Da quello che ho compreso negli anni, la psicologia umana è fortemente condizionata dalle esperienze che viviamo nei primi sette anni della nostra vita, e a seconda di dove nasciamo consideriamo normali certe cose e anormali altre. Nelle diverse società ci sono elementi necessari alla convivenza, affinché tutto proceda e funzioni senza intoppi, ma che non hanno niente a che vedere con l’individuo in sé. È sempre fonte di sorpresa per me vedere, nella Primal ad esempio, come basti radunare individui di condizionamenti diversi e farli condividere e parlare tra loro, per innescare lo spirito della ricerca e indurli a mettere in discussione tutto quello che sanno.
Il primo passo, come dicevamo, è sentirsi accettati per come si è, senza aver bisogno di cambiare e da questo spazio di accettazione invito le persone a sentire cosa significa per loro “verità”, cos’è autentico. La bellezza di questo lavoro è che tutti insieme, anch'io, al di là dei nostri condizionamenti, “risuoniamo” a un livello dove le verità vibrano tutte sulla stessa frequenza e lo si avverte anche sul piano energetico: qualcosa detto con sincerità viene accolto da tutti, anche quando la mente continua a lottare, a resistere, ad avere le sue idee.
Prem: E come gestisci tutta questa diversità?
Bela: Uso molto il mio senso dell’intuito. Per alcuni a volte basta una condivisione, o il sentirsi visti nella propria verità, cioè il riconoscimento che ciò che ritenevano vero è in qualche modo confermato dall’esterno.
Prendo in considerazione anche le tipologie diverse di persone, alcuni per esempio accumulano molta energia nel corpo: rabbia, tristezza e paura vanno a finire proprio li, quindi con loro faccio molto lavoro fisico.
La costante che cerco di garantire ai partecipanti è il senso di essere al sicuro, in uno spazio protetto. C’è gente che ha fatto cose terribili e bisogna dar loro lo spazio e il modo di sentire ciò che hanno fatto. Anche quando per istinto di sopravvivenza hanno commesso cose “malvagie” e ferito chi stava loro vicino, lo hanno fatto inconsapevolmente. A volte non devo far altro che rimanere accanto a loro, dare loro lo spazio necessario per accettare ciò che hanno fatto e lasciarli uscire dalla vergogna. Può accadere solo se sanno di essere in uno spazio sicuro dove possono condividere e lasciar venire alla luce il proprio passato; solo così possono continuare nel processo.
Quello che ho imparato è quanta bellezza si cela dentro ognuno di noi e se posso in qualche modo contribuire a esaltarla, a rendere le persone consapevoli di quanta bellezza hanno dentro, gran parte del meccanismo di sopravvivenza che le ha spinte a commettere azioni non tanto edificanti evapora da solo.
A volte non serve tanto scavare nel problema, ma cercare quello spazio dove la persona può espandersi e dire sì; cercare quella qualità – e ce ne sono tante – che alberga perfino nella persona più incasinata... tutti abbiamo una bellezza, delle qualità, un’essenza che ci rende unici, perfetti. Questa è una componente importante che porto nel mio lavoro: cercare l’essenza nella persona, condurla alla propria intelligenza interiore, perché in fondo come posso sapere io quello che succede nell’intimo di una persona? Quello che posso fare è condividere la mia comprensione, la mia intuizione e augurarmi che risuoni nell’altro, ma credo fermamente che ognuno sappia dentro di sé cosa occorre per la fioritura del proprio potenziale, secondo le parole – cito a memoria – di Osho: “Non è che devi cercare il buddha dentro di te, ce l’hai già, devi solo ricontattarlo”.
Prem: Questo significa che piuttosto che “andare nella ferita” fai ricorso alle risorse interiori?
Bela: Diciamo tutte e due: a mio avviso lo strato di ferite va esplorato, è uno strato che si forma in un momento della nostra vita in cui si presenta una situazione che non siamo in grado di gestire: succede troppo in fretta o siamo troppo piccoli, la situazione è troppo opprimente e dobbiamo adattarci, grazie al meccanismo di sopravvivenza. Poi perfino da adulti siamo troppo piccoli, a livello energetico, per riprenderci il nostro spazio quando siamo invasi da qualcuno, quindi abbiamo bisogno di sentire la ferita. Ma quello che è davvero importante è portarla in uno spazio dove ritroviamo la forza di rimetterci in piedi.
Inoltre è molto importante per me non rendere le persone dipendenti, perché nel lavoro Primal il terapista può cadere facilmente nel ruolo della “brava maestrina”, o del “genitore buono”.
Nel momento in cui la persona si immerge nella propria essenza, non ci sono mezze misure: l’amore, quella sostanza di cui tutti siamo fatti, si manifesta all’improvviso, e a quel punto è fondamentale per me farmi da parte, anche se è bellissimo da vedere... vedere qualcuno nella propria essenza è qualcosa di molto dolce, è cuore aperto, energia d’amore pura.
Il mio lavoro consiste proprio nel restituire quell’energia alla persona dicendo: “Questo sei tu, è tutto tuo: non succede grazie a me, ma grazie alla tua volontà e al tuo desiderio di guardare in profondità e vedere quello che c’è”.
Fare questo lavoro è un regalo enorme... è bellissimo vedere le persone che si “schiudono” davanti a me, sedere con loro e assistere alla radiosità della loro essenza. Perciò la mia enfasi è sempre quella di trovare il modo di restituire alla persona quello che ha perché diventi davvero suo... perché le appartiene già!
Alle volte invece è più sicuro proporre la meditazione, perché è qualcosa di facilmente accessibile e in questi casi non mi addentro tanto negli strati della ferita, piuttosto porto le persone a capire il valore della consapevolezza e a come fare per accrescerla nella vita di tutti i giorni, per “convivere” meglio con il condizionamento. Quindi si tratta di scegliere come muovermi di volta in volta, rimanendo fedele alla ricerca del vero potenziale in ognuno. A volte accade come una danza, mi chiedo semplicemente: “Cosa posso dare a questa persona per farla aprire?”.
Prem: E cosa osservi nelle persone? Chi sono, quali sono le differenze? È vero che i giovani sono molto più consapevoli di quanto accadeva in passato?
Bela: Vedo un grande numero di giovani intenti a scoprire che cos’è la vita, qual è il suo scopo, cosa vogliono fare. Per alcuni la risposta è ancora piuttosto convenzionale: vogliono sposarsi, avere dei bambini e vivere felicemente. È tutto molto bello se quella è davvero la qualità che li contraddistingue! Però ce ne sono anche tanti che mettono tutto in discussione, giovani che hanno già un’intelligenza molto spiccata e sono connessi con un approccio diverso verso le cose e la vita. Talvolta il lavoro è più facile con loro, talvolta no.
In generale mi commuove vedere quanti giovani vengono a fare gruppi e il lavoro di Primal e quanta chiarezza e comprensione hanno nel muoversi attraverso il processo, quindi in un certo senso è vero che le persone stanno diventando più consapevoli. Persone che hanno il desiderio di fare qualcosa della propria vita, non necessariamente nel contesto della società, o secondo i modelli di comportamento dei genitori, ma che vogliono davvero trovare qualcosa di più significativo e autentico nella vita.
Di base mi sembra che man mano le persone stiano diventando più consapevoli e questo si traduce anche in un modo diverso di allevare i figli, dando loro un bagaglio di condizionamenti minore di quello che si è ricevuto a propria volta durante l’infanzia.
Per concludere vorrei dire che la grande passione per quello che faccio nasce soprattutto dal fatto che la visione di Osho ha funzionato e funziona per me, per la mia vita! Ogni giorno è come trovare un diamante da raccogliere lungo il cammino e ogni volta rimango meravigliata!
Bela guiderà l’Osho Freedom Process dal 4 al 15 febbraio 2015
all’Osho International Meditation Resort di Pune in India.
I colloqui preliminari sono già iniziati e le persone interessate possono scrivere a: dhyanbela@live.com
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