La paura di morire...

 

La paura di morire è paura di vivere

Osho tocca uno dei fondamenti della religione tradizionale 

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 252

 

Osho

L’approccio di una religione con la morte è sicuramente uno degli elementi più significativi. Determina se la religione è autentica o se si tratta di una pseudo-religione. La pseudo-religione non sa nulla della morte. Anzi, non sa nulla della vita, cosa da cui origina la paura, la paura della morte, tanto quanto della vita. Non è possibile avere paura solo della morte, perché la morte non è separata dalla vita, fa parte della vita. Non è la fine della vita, è un avvenimento della vita; la vita continua. La morte accade continuamente, milioni di volte; è un semplice evento. Le pseudo-religioni non hanno paura solo della morte, ma anche della vita. Puoi accorgertene subito; e da questo capirai perché hanno paura della morte. Sono tutte a favore della rinuncia alla vita. Sono tutte basate su un atteggiamento anti-vita: come se nella vita ci fosse qualcosa di sbagliato, una vita che nasce dal peccato originale e quindi, di conseguenza, non è giusto che tu stia vivendo. Adamo ed Eva furono puniti perché volevano vivere, volevano conoscere, volevano capire, esplorare, indagare: questo è il loro peccato originale. Tu sei l’erede di Adamo ed Eva. Sei nato nel peccato. 

Le pseudo-religioni non possono sostenere la vita. Non possono insegnarti l’arte di vivere e di vivere intensamente e totalmente. Possono solo insegnarti a fuggire dalla vita, a evitare di conoscere la verità. È facile metterle in relazione con la storia del peccato originale.

Il peccato originale è che Adamo ed Eva volevano sapere che cosa fosse la vita. Volevano gustare la vita eterna. Perché continuare a vivere un’esistenza temporanea e caduca, che può essere arrestata in qualsiasi momento da qualsiasi cosa? Un piccolo incidente e tu non esisti più… 

C’è qualcosa di più? O è tutto qui? Questo era il loro peccato originale. Quindi, quale sarà la virtù originale? Lo puoi dedurre molto facilmente. La virtù originale è quella di rinunciare alla vita. Adamo ed Eva stavano cercando di conoscere la vita eterna; volevano diventare eterni, come dèi. Le pseudo-religioni dicono di rinunciare totalmente alla vita, si sono opposte ad Adamo ed Eva. Se vuoi tornare nel Giardino dell’Eden, devi rinnegarli. E devi rinunciare alla ricerca, al dubbio, allo scetticismo, perché sono le vie per accedere alla conoscenza. 

Questa storia è simbolica. Ti offre la chiave di lettura a tutte le religioni. Ciò che Adamo ed Eva hanno fatto, le religioni hanno cercato di annullarlo, per generare in te l’idea che solo così potrai di nuovo essere accettato da dio, accolto in cielo. Le religioni hanno paura della vita, hanno paura di conoscere, ma vita e conoscenza non sono separate. È a causa di questa storia che sembrano separate, perché, in questa storia, devono esserlo: un albero della vita eterna e un albero della conoscenza. Ma in realtà, vivere è conoscere. Conoscere è vivere. Non c’è altro modo per conoscere, se non vivere. E non c’è altro modo di vivere, a parte essere consapevole di ciò che stai vivendo. Conoscenza e vita sono inseparabili. Colui che conosce si illumina, ma è anche bruciante di vita. Le pseudo-religioni ti insegnano a temere anche la vita (tu l’hai dimenticata nella tua domanda), non hanno solo paura della morte. Non parlano della morte; si pensa sia sconveniente parlarne. Essere seduti a tavola e parlare della morte non è indice di buona educazione. Figurati! Parlare della morte a tavola! Ma persino davanti a una tomba, quando le persone si riuniscono per porgere l’estremo saluto, non parlano della morte.

 

Era uno dei miei passatempi nella mia infanzia accodarmi a ogni funerale. I miei genitori erano preoccupati: “Non conosci l’uomo che è morto, non hai nessun rapporto con lui, non siete amici, perché dovresti preoccuparti per lui e perdere tempo così?”. Perché il funerale indiano dura tre, quattro, cinque ore. Per prima cosa, il corteo funebre cammina, andando fuori città, per portare il corpo che sarà poi cremato sulla pira funebre... E, conosci gli indiani, non sanno fare nulla in modo efficiente: la pira funebre non prenderà fuoco; si accenderà solo in parte e l’uomo non brucerà. Tutti cercheranno di allontanarsi da lì il più rapidamente possibile. Ma anche i morti sono difficili. Faranno del loro meglio per tenerti lì il più a lungo possibile… 

Risposi ai miei genitori che la questione non era essere in relazione con qualcuno. Sono certamente in relazione con la morte, che non si può negare. Non importa chi muore, è solo un simbolo per me. Un giorno morirò. Devo sapere come si comportano le persone con i morti, come si comportano i morti con i vivi; altrimenti, come faccio a imparare?”. 

Dissero: “Parli di cose strane”, “Mah” dissi “dovete convincermi del fatto che la morte non mi riguarda, che non morirò; se riuscirete a convincermi di questo, smetterò di andare, altrimenti lasciatemi esplorare”. Non potevano dirmi che non sarei morto, quindi ho risposto: “Allora non ditemi più niente, non sto dicendo a voi di andare e a me piace quello che succede lì”. 

La prima cosa che ho osservato è che nessuno parla della morte, neanche lì. La pira funebre stava cremando il padre di qualcuno, il fratello di qualcuno, lo zio di qualcuno, l’amico di qualcuno, il nemico di qualcuno: quella persona era in relazione con molte persone in molti modi. Era appena morta e tutti erano impegnati a parlare di banalità. Parlavano di film, di politica, di economia; avrebbero parlato di qualsiasi cosa, pur di non parlare della morte. Si riunivano in piccoli gruppi, sedendosi intorno alla pira funebre. Io passavo da un gruppo all’altro: nessuno parlava di morte. E so per certo che stavano parlando di altre cose per tenersi occupati, in modo da non vedere il corpo in fiamme, perché quello era anche il loro corpo.

Avrebbero potuto accorgersi, se solo avessero avuto un piccolo barlume rispetto alle cose, che a bruciare, lì sulla pira funebre, erano loro, nessun altro. È solo una questione di tempo. Domani qualcun’altra di queste persone sarà lì, sulla pira funebre; dopodomani ci sarà qualcun altro ancora: tutti i giorni qualcuno è portato alla pira funebre. 

Un giorno anche io sarò portato lì e questo è il trattamento che queste persone mi riserveranno. Questo è il loro ultimo addio: stanno parlando di prezzi in aumento, della rupia che si svaluta, di fronte alla morte. E sono tutti seduti con le spalle rivolte alla pira funebre. Dovevano venire, così sono venuti, ma non volevano venire. Quindi sono lì con una presenza che è quasi un’assenza, solo per soddisfare un conformismo sociale, solo per dimostrare che erano presenti. E questo è anche un modo per assicurarsi che quando saranno loro a morire non sarà il municipio a occuparsi di loro. Dato che hanno partecipato alla morte di molte persone, sarà obbligatorio per le altre persone rendere loro omaggio. So perché sono lì: sono lì perché vogliono che le persone siano presenti per loro quando saranno sulla pira funebre. 

“Ma cosa stanno facendo queste persone?” chiedevo a quelli che conoscevo. Talvolta capitava che ci fosse uno dei miei insegnanti tra loro, a parlare di cose stupide, magari del fatto che qualcuno sta flirtando con la moglie di qualcun’altro... Così ho detto: “È questo il momento di parlare della moglie di qualcuno e di cosa sta facendo?”. “Pensa alla moglie di quest’uomo che è morto, nessuno si preoccupa di questo, nessuno ne parla”. “Pensa a tua moglie, quando sarai morto, con chi flirterà? Che cosa farà? Hai trovato una soluzione a questo? E non ne vedi la stupidità? La morte è presente e tu stai cercando di evitarla in ogni modo possibile”. Ma questo è ciò che hanno sempre fatto tutte le religioni. E queste persone stanno semplicemente rappresentando le tradizioni di certe religioni.

 

Le religioni ti hanno prima di tutto spaventato rispetto alla vita; l’hanno condannata: tutto ciò che esprime un segno di vita in te è peccato. L’amore è peccato, perché è un’espressione di vita. È la vita che prova a riprodursi; è la creatività della vita... 


​Continua su su Osho Times n. 252

Testo di Osho tratto da: From personality to individuality #12