Biodinamica Craniosacrale

Biodinamica Craniosacrale

Come agisce e perché. Punya intervista Bhadrena...  

Un articolo apparso su Osho Times n 261

 

Biodinamica Craniosacrale
 

Punya: Quando ricevo una sessione di Biodinamica Craniosacrale, mi sembra sempre che l’operatore non faccia nulla: sta semplicemente seduto, con le mani ferme su qualche area del mio corpo. 

Però, durante la sessione e dopo, percepisco un grande cambiamento. Ad esempio, il mal di testa che avevo da un anno è sparito.

Come agisce?

 

Bhadrena: Lo stato interiore e l’atteggiamento dell’operatore sono un’arte che si apprende ed è coltivata attraverso molti anni di formazione e pratica.

Nel cosiddetto “non fare”, l’operatore è testimone di un processo e monitora costantemente il proprio orientamento verso le forze della salute, adeguando la sua percezione ai movimenti più delicati e quasi impercettibili nel corpo del cliente. Anche dopo decenni di pratica costante, l’arte di ascoltare e rispondere al movimento involontario e alle forze vitali universali in azione, continua a essere affinata e messa a punto.

 

Punya: Ci sono movimenti all’interno del corpo?

 

Bhadrena: Il corpo è vivo e costantemente in movimento. Ci sono i movimenti del respiro, la digestione, la circolazione del sangue e anche movimenti più delicati del metabolismo e della circolazione dei fluidi in generale. Tuttavia un operatore si orienta verso un ulteriore movimento interiore, che è un ritmo regolatore che porta ordine e coerenza al sistema fisico e alle funzioni fisiologiche.

Noi, come operatori, ci orientiamo verso un principio vitale, un principio ordinatore della vita espresso nel corpo. E possiamo farlo solo stando fermi, in uno stato di consapevolezza e percezione espanse, non focalizzate su dettagli e parti dell’anatomia, ma rivolte all’intero corpo del cliente come unità funzionale.

Ad esempio, nel tuo caso, sei venuta per un mal di testa e sapevi anche che una caduta aveva avuto una forte influenza su quella specifica area. Ma un operatore biodinamico tende a non concentrarsi sul problema di quella zona, piuttosto vedrà come il corpo nel suo insieme, come unità funzionale, esprime la vita e può ancora esprimerla nonostante una difficoltà specifica.

Il nostro approccio è di calibrare la percezione alla forza vitale che è ancora disponibile, espressa in cicli ritmici lenti che portano più vigore, circolazione e vitalità ai tessuti che sono stati colpiti. Il corpo tende a incapsulare le aree stagnanti, contratte o dolorose, concentrandole in zone specifiche per evitare che influenzino l’intero sistema e per permettergli di funzionare nonostante il problema. Durante la sessione queste aree sono animate dal movimento presente. L’operatore sostiene i cicli ritmici di ciò che chiamiamo “Respirazione Primaria” o “Marea” e lo fa rimanendo fermo, in uno stato di quiete e ricettività.

 

Punya: Cosa percepisce l’operatore a livello fisico?

 

Bhadrena: L’operatore percepisce le forze vitali, cioè le cosiddette “potenze”, che muovono ogni cellula del corpo. A livello fisico, queste si esprimono con l’insorgere di un’espansione, seguita da un assestamento e una retrazione, in un modo molto, molto lento e costante, appunto come una marea o un respiro interiore. Questi cicli possono variare in lunghezza e tempo, tuttavia quando ci orientiamo verso l’integrità e la salute, generalmente sono lenti, circa 1 ciclo al minuto.

Le potenze muovono i fluidi, i quali permeano le cellule, si espandono e scorrono, rivitalizzando aree che sono in stato di inerzia o traumatizzate e quindi sotto shock, trattenute e congelate. È come una dolce irrigazione con le acque della vita dall’interno. Le abilità sviluppate da un operatore sono: ascoltare e cooperare con questo moto interiore, sostenendo la sua “intenzione” di regolare le funzioni vitali e riportarle a un ordine naturale.

 

Punya: Questo può succedere, ad esempio, “tirando” un po’ la testa del cliente?

 

Bhadrena: Un operatore in Biodinamica Craniosacrale non aggiunge mai trazione o forze dall’esterno. Se i fluidi e le forze dall’interno vogliono creare spazio nella testa, l’operatore lo favorisce, facendo sì che sia più facile.

Il Dr. Sutherland, creatore del lavoro, parla del “Respiro della vita” e delle sue forze vitali, le “potenze”, appunto. Come operatori cooperiamo e sosteniamo, facilitiamo e rafforziamo l’espressione delle potenze e del loro potenziale, in modo che ciò che vuole accadere naturalmente possa verificarsi.

Per il cliente queste azioni interiori sono quasi impercettibili e spesso sono al di sotto del normale livello di consapevolezza. Ma successivamente il cliente si sentirà probabilmente bene, nel senso di: “Sento di avere più spazio. Qualcosa si sta rilasciando; è fantastico. Riesco a respirare di nuovo”.

Il cliente percepisce l’effetto ritardato di riconnessione alla salute, al senso di benessere, a un maggiore spazio e libertà interiori, a un senso di pace, con la sensazione che qualcosa se ne sia andato. L’operatore può quindi confermare: “Sì, durante la sessione qualcosa è cambiato e il tuo corpo si è riorientato alla sua normale funzione. Riesco a sentire che si esprime in un modo più naturale, nel modo in cui faceva prima che insorgesse il problema”, cioè l’incidente, la malattia, l’operazione o qualsiasi altra cosa con cui abbiamo lavorato.

Il training è una formazione percettiva raffinata in cui l’operatore impara a differenziare le varie espressioni di salute. “Respirazione primaria” o “marea” sono termini che usiamo nel nostro metodo per parlare del moto della forza vitale. Abbiamo il privilegio di essere in contatto con la vita stessa.

 

Punya: Perché si chiama Cranio­sacrale?

 

Bhadrena: Questo mi porta a parlare un po’ della storia. Il lavoro nasce dall’osteopatia. All’inizio del secolo scorso, il dottor William Garner Sutherland, quando era ancora uno studente di osteopatia, ebbe l’intuizione che anche le ossa del cranio dovessero avere un movimento intrinseco, come tutte le parti del corpo. Esse presentano alcune suture che ricordano la forma delle branchie di un pesce e quindi la sua intuizione fu che dovevano “respirare” e muoversi come le branchie di un pesce.

Ma a quel tempo si riteneva che le ossa della testa fossero saldate, fuse tra loro in un blocco unico, e che non ci fosse alcun movimento. Quindi pensò: “Sono pazzo”. Tuttavia decise di confutare la sua folle idea e cominciò a fare esperimenti, scoprendo che se si impediva quel movimento, ancora considerato immaginario e della cui esistenza non era ancora certo, il cliente peggiorava. Dapprima sperimentò su di sé, anche in modo estremo, usando elmetti e cinghie sulla testa in modo da impedire il movimento, e come risultato si ritrovò ad avere mal di testa, pessimo umore, maggiore irritabilità e persino mal di schiena.

 

Queste sperimentazioni lo portarono a studiare tutto il sistema in modo approfondito e si rese quindi conto che non si trattava solo delle ossa del cranio, ma anche del sistema nervoso centrale e del liquido cerebrospinale in cui il cervello e il midollo spinale sono immersi.

Definì quindi i 5 elementi che costituiscono questo “sistema respiratorio”:

• la fluttuazione intrinseca del liquido cerebrospinale

• il movimento involontario del cervello e del midollo spinale

• la mobilità delle membrane intracraniche

• la mobilità e motilità delle ossa del cranio

• il movimento involontario del sacro tra le due ossa iliache

In altre parole, postulò l’esistenza di un sistema centrale in cui fossero presenti un movimento e una fluttuazione dei fluidi.

Questo fu l’inizio della ricerca di Sutherland e presto si accorse del fatto che il movimento delle ossa era solo la manifestazione più esterna dell’azione di forze più profonde e cominciò a indagare ulteriormente: cosa fa muovere le ossa? Cosa fa muovere il fluido? Cosa fa muovere il cervello? Si rese conto della presenza di una forza motrice sottostante, alla quale le ossa e le varie strutture rispondono con un movimento ritmico. 

Sviluppò così l’ipotesi che ci dovesse essere una forza vitale in azione e che la sua espressione fosse probabilmente molto vicina alla natura della vita stessa. Sutherland era un uomo religioso e chiamò questa forza il “respiro della vita”, riferendosi all’aneddoto della Bibbia, in cui dio infonde la vita nella materia attraverso il soffio vitale. Sutherland chiamò il suo lavoro “osteopatia craniale” e nel tempo, si spostò dallo studio del cranio all’osservazione delle funzioni del corpo nella sua unità.

 

Punya: La parola Craniosacrale è quindi un po’ obsoleta?

 

Bhadrena: Questo è il termine con cui il lavoro iniziò a ottenere riconoscimento al di fuori del campo dell’osteopatia craniale. Divenne noto come Terapia Craniosacrale e diventò una disciplina a sé stante. 

Oggi il metodo è ulteriormente differenziato. Lo chiamiamo Biodinamica Craniosacrale per onorarne le radici e anche per sottolineare il contatto con il dinamismo e le dinamiche della vita.

Un operatore di Biodinamica Craniosacrale non si limita solo a lavorare con il cranio e il sacro, ma fa riferimento alla totalità del corpo e all’interconnessione di ciascuna cellula e molecola del corpo. 

Quando il senso di unità è ristabilito, il cliente sente di aver ritrovato se stesso, di riconoscersi nuovamente. Questo si esprime spesso in frasi tipo: “Mi sentivo fuori centro, ora mi sento di nuovo centrato”. “Ho riacquistato le mie capacità e ho accesso al mio potenziale e inoltre, il dolore è diminuito”.

Il termine “craniosacrale” oggi è associato a un metodo che offre molti benefici. Anche il campo medico lo conosce, anche se non sempre sa perché e come agisce, tuttavia sa che nelle sessioni qualcosa accade al livello del sistema nervoso centrale. Il sistema nervoso centrale è interconnesso con tutto il corpo, organi compresi, dal vero centro del nostro corpo fino all’estrema periferia, la pelle. Non è così difficile comprendere come questo metodo presenti un approccio olistico completo.

Il campo medico forse non comprende le implicazioni più profonde del lavoro, che riguardano gli stati essenziali, l’anima e lo spirito di un cliente, ma la comprensione delle connessioni fisiologiche e strutturali è già un buon inizio.

 

Punya: Se ho capito bene, l’operatore, seduto accanto al cliente, con le mani appoggiate sul suo corpo, ascolta questo movimento molto, molto sottile e lo percepisce attraverso le dita...

 

Bhadrena: Sì, e vorrei aggiungere che le mani sono lo strumento attraverso il quale riceviamo le informazioni che però sono elaborate nel nostro sistema percettivo. Come operatori sentiamo il respiro della vita in noi stessi. Lo sentiamo con e attraverso tutto il nostro corpo, non solo attraverso le mani. Il nostro compito è raccogliere informazioni in modo ricettivo e mantenere l’orientamento verso l’espressione della salute e dell’integrità. Invece di cercare ciò che non funziona, andiamo alla ricerca di ciò che funziona ancora, riconoscendo le forze vitali e di salute sottostanti al problema.

Il nostro orientamento interiore verso la salute e l’integrità permette un cambiamento. Un operatore esperto può gestire anche la situazione più difficile orientandosi verso la salute, perché sa che l’integrità e la salute sono sempre presenti...

 

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Bhadrena

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