Editoriale 161

Sul finire dell’estate ho fatto una bella passeggiata nei boschi vicino a casa mia.
Sono boschi molto estesi per esser così vicini all’area metropolitana di Milano. Si può camminare per ore prima di incontrare un altro centro abitato.
In quella stagione la natura è al massimo della sua espressione e tutto il bosco è fitto di vegetazione di ogni tipo. Non si riesce quasi a camminare, se non “bisticciando” con arbusti, erba alta, rovi e rami bassi che rendono il procedere difficile. Senza contare il rischio di incontrare una vipera.
Nel mezzo di quella che mi appariva come una giungla, a un certo punto, ecco un sentiero!
Un incontro che mi sono trovato a salutare con particolare gioia perché, così ben definito com’era, in mezzo al casino della vegetazione, faceva davvero venire voglia di percorrerlo, sicuro di non finire invischiato in un cespuglio di rovi.


Bosco

 

In realtà più che il comfort di una facile camminata, mi son reso conto che il sentiero era rilassante, perché apriva in me la porta della fiducia, dandomi un vero senso di benessere.

Mi è venuto in mente che la cosiddetta "via" della meditazione non appare davanti a noi così marcata di suo, ma nasce dal genio di un maestro illuminato.
Osho non ha avuto un maestro. Si è illuminato seguendo solo la sua luce interiore. Dice che è un lavoro quasi impossibile: uno su un milione riesce a raggiungere l’illuminazione senza un maestro. Perché senza un maestro devi riporre fiducia assoluta e totale nell’esistenza, cosa difficile, come sappiamo. Perché è un viaggio verso l’ignoto, l’inesplorato, è come il procedere in una giungla senza un sentiero…
Osho dice che ci sono dei passaggi dove si entra in territori così misteriosi che da soli non si riesce a orientarsi. Ti può aiutare solo uno che ci è già passato, che vede dove sei tu e che sa dove devi arrivare e ti può dire: “Ecco, adesso salta!”. E tu salti solo perché hai fiducia in quella guida, non perché vedi dove stai andando.

 
La fiducia è la vera madre del meditatore. Facendo però – soprattutto all’inizio – ben distinzione tra “fiducia” e “fede”: Osho raccomanda di non credergli ciecamente, ma di ascoltarlo usando la propria comprensione e, dove non si capisce, di provare ad accettare le sue parole come ipotesi. Che poi vai a verificare esperienzialmente.
Sul sentiero della meditazione la fiducia gioca un ruolo fondamentale e – soprattutto all’inizio – non è riposta solo nel maestro, ma anche intorno a lui, nelle “prove viventi”, cioè negli altri meditatori sullo stesso cammino arrivati al maestro prima di noi. 
Da quelli che saranno poi i nostri compagni di viaggio, dalla fiducia che ci ispirano, dalle qualità che esprimono, spesso dipende moltissimo della nostra possibilità di aprirci al maestro, alla meditazione e in ultima analisi alla reale possibilità di trasformazione personale.


La comunità che nasce intorno a un illuminato, anche se, come nel caso di Osho, sparsa in tutto il mondo e non concentrata in un unico luogo, respira la stessa energia del maestro. Ma la qualità della “trasmissione” possibile verso altri dipende dai singoli meditatori, dal loro essere o meno in profonda sincronicità col maestro, da quanto hanno fatto proprie qualità sottili del maestro come la grazia, il silenzio, la gioia e la presenza.

Il modo in cui, come innamorati di Osho, viviamo la nosta vita, può essere di grosso impatto su chi si avvicina a Osho per la prima volta, ma non solo... le qualità che esprimiamo possono o meno avere un grosso impatto anche sull’intera umanità presente e futura!

Osho: “Nessuno appartiene a questo luogo, ma per il momento ci troviamo qui e per il momento dobbiamo esserci totalmente, intensamente, e dobbiamo rendere questo momento il più bello possibile.
Dobbiamo vivere la nostra vita come una danza, in modo che, quando ce ne andremo, chiunque arrivi dopo di noi scopra che le persone che erano qui prima non erano persone qualunque. Hanno lasciato fiori e fragranze. Hanno lasciato l’eco delle loro canzoni e delle loro danze. Hanno lasciato le loro impronte in oro puro a 24 carati.


Non è una sfortuna essere degli ospiti, è una grande opportunità: il pianeta, l’esistenza, sono stati così generosi, così gentili, così amorevoli, così benevolenti che ci danno il benvenuto a stare qui.
Lascia il segno. Tu te ne andrai, ma la tua risata può rimanere. Tu te ne sarai andato, ma la tua danza resterà. Tu te ne sarai andato, ma il modo in cui hai vissuto continuerà a generare le sue vibrazioni. La gente del futuro potrà ricordare, con gratitudine, di essere erede di un grande pianeta, per una grande progenie di esseri umani”. Osho
 

Un raro campo energetico dove affinare le qualità sottili sta per prendere forma in occasione del Capodanno. L’Oshofesta è il giusto melange di Osho e amicizia tra compagni di viaggio. Guarda.

E prima di trovarci lì, ecco un po' di begli articoli tratti dalla rivista Osho Times.
Buona lettura, Akarmo