Più meditazione e più amore

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Tu, io e il pianeta – riflessioni di Shastro

Un articolo apparso su Osho Times n 262

 

Foresta pluviale
 

Questo articolo, originariamente in inglese, è stato scritto nel 2000, cioè 19 anni fa, quando l’Autore viveva negli Stati Uniti. Alcuni dati e riferimenti, dunque, non sono attuali. Tuttavia l’articolo conserva ancora la sua bellezza e attualità, perché è da campanelli d’allarme come questo che è possibile acquisire consapevolezza di ciò che ci circonda e cambiare il corso degli eventi...


Sono nato e cresciuto nel Nord Italia, vicino a Venezia, in una città che era ben nota per essere quella con il minor numero di alberi e aree verdi per abitante di tutta la nazione. 

Ricordo che da bambino guardavo fuori dalla finestra e i miei occhi scrutavano l'orizzonte, cercando la punta di un albero. Quando ne trovavo uno, lasciavo riposare gli occhi sulle sue foglie verdi e sui suoi rami che ondeggiavano al vento. Ero pervaso da un senso di meraviglia e vastità, un senso di divinità che mi appariva molto più reale dell’idea cattolica di dio che mi era stata propinata in quei primi anni della mia vita.

Ricordo chiaramente il giorno in cui, guardando un albero, mi vennero le lacrime agli occhi e pensai: "Se dio esiste, deve avere qualcosa a che fare con questo albero". 

Adesso, a distanza di tanti anni, che percepisco come molte vite, riesco a comprendere e vedere la verità intrinseca che mi si rivelava in quei momenti: facciamo parte di un ecosistema organico che è la manifestazione fisica di un'energia divina molto più vasta della somma di tutte le sue singole parti.

Come adulto, vedo la nostra bellissima Terra attraversare un processo che presto, temo, farà apparire l'intero pianeta come la città in cui sono cresciuto. 

Questo è uno dei motivi per cui mi sento in dovere di parlare e scrivere su questo problema. L'altra ragione è che, anche se si sta affermando una consapevolezza collettiva del fatto che la Terra sia fondamentalmente malata, perché il suo equilibrio naturale è stato alterato dall'umanità, la maggior parte dei media non è disposta a rendere il pubblico consapevole di quanto sia grave la situazione. La ragione è che la maggior parte dei canali di informazione sono di proprietà o fortemente influenzati economicamente proprio da quelle stesse grandi multinazionali che sono le principali responsabili della maggior parte dei danni sul pianeta e che pagano i lobbisti per far approvare leggi e regolamenti altamente non ecologici.

Quindi, ecco alcuni fatti che offrono una prospettiva più chiara: ogni secondo scompaiono nel mondo 2,47 acri di foresta pluviale, ovvero 214.000 acri al giorno (un'area più grande di New York City) e 78 milioni di acri all'anno (un'area più grande della Polonia).

Secondo The Nature Conservancy, originariamente il pianeta era coperto da 5.120.000.000 acri di foresta pluviale. Più della metà è stata bruciata, rasa al suolo e distrutta. Ora rimangono soltanto 2.176.000.000 acri. Gli scienziati stimano che se la deforestazione continua al passo attuale, quasi tutti gli ecosistemi di foresta pluviale saranno distrutti entro il 2030. Quindi, metà delle foreste del mondo sono già scomparse e oltre 30 milioni di acri si perdono ogni anno. Anche negli Stati Uniti, più della metà delle foreste nazionali sono state abbattute, dedicate all’estrazione di minerali o industrializzate in altri modi.

Le foreste pluviali coprono meno del 2% della superficie terrestre, tuttavia ospitano più della metà di tutte le specie vegetali e animali. 

C’è un ritmo naturale secondo cui le specie si estinguono e sono sostituite da altre specie più adatte al clima e all'habitat naturale in continua evoluzione. Se gli umani non ci fossero, o se le loro attività non avessero l’impatto che hanno, vedremmo una specie estinguersi ogni 5 anni. Questo è il ritmo con cui l'estinzione accade in natura, nel flusso e riflusso della vita in continua evoluzione. Al giorno d’oggi si estinguono 25.000 specie viventi all’anno!

Ciò a cui assistiamo in questo momento non fa parte di un processo naturale. L'uomo ha influenzato l'ambiente a livelli mai accaduti prima nei miliardi di anni in cui il pianeta è stato organicamente vivo. 

Oltre alla deforestazione, due delle principali cause di questo squilibrio globale sono l'inquinamento e la sovrappopolazione. I soli Stati Uniti, anche se costituiscono solo il 5% della popolazione mondiale, consumano più di 1/3 della ricchezza globale e creano il 50% dei rifiuti non organici e il 25% dell'inquinamento da anidride carbonica, che è una delle principali cause del cambiamento climatico.

Inoltre l’ambiente è oramai legato ai distributori di benzina e alle grandi compagnie petrolifere che stanno alle loro spalle. La trivellazione e la distruzione di luoghi come l'Artic Wildlife Refuge e il Greater Yellowstone negli USA, come il governo attuale vorrebbe farci credere, non è la soluzione. Gli Stati Uniti non hanno abbastanza petrolio per essere autosufficienti. Potremmo svuotare tutte le riserve di petrolio d’America e dovremmo comunque ancora importarne grandi quantità. Ma se semplicemente usassimo la tecnologia disponibile, ad esempio per aumentare gli standard di risparmio di carburante per le nuove auto a 40 miglia al gallone (17 km per litro), potremmo risparmiare circa due milioni di barili di petrolio al giorno, più delle importazioni statunitensi dall'Arabia Saudita.

Allo stesso tempo, la popolazione mondiale sta crescendo a un ritmo allarmante: ogni mese aggiungiamo alla Terra l'equivalente di un'altra Los Angeles (da 2 a 3 milioni di persone). Di questo passo, entro il 2020 il 40% della popolazione della Terra non avrà abbastanza acqua per irrigare le coltivazioni. Questo è il motivo principale per cui molte delle grandi multinazionali stanno acquistando sorgenti d'acqua e pozzi dappertutto nel mondo. È già possibile vedere il logo Coca-Cola su alcune marche di acqua minerale. L'acqua diventerà presto un bene di lusso!

E senza andare troppo lontano nel futuro, in questo momento ogni 3,6 secondi una persona muore di fame e il 75% sono bambini. Questo accade su un pianeta che potrebbe senza problemi alimentare tutti i suoi abitanti. C'è una grande ricchezza che non è distribuita equamente. Solo con i soldi spesi per la guerra in Iraq, avremmo potuto contribuire notevolmente a risolvere il problema della fame in Africa, creando le infrastrutture necessarie per lo sviluppo dell’agricoltura.

D'altra parte, l'esistenza di un "Terzo mondo" è solo un riflesso, su scala più ampia, di un modo di pensare che permea le nostre società occidentali e le nostre menti, secondo il quale "io" sono separato da "te" e secondo cui l'individuo non è connesso a tutti gli altri esseri sulla Terra. Nella nostra cultura materialista, la preoccupazione maggiore è l'individuo e il suo accumulo di ricchezza materiale, in sostituzione, o come simbolo della felicità. Per questo motivo abbiamo perso il senso di un significato più ampio al di là di noi. Abbiamo perso il contatto con la sensazione che tutti gli esseri viventi condividono la stessa Terra. Non importa se siamo bianchi o neri, buddhisti o cristiani, uomini o donne, ricchi o poveri, esseri umani o pesci: condividiamo tutti la stessa casa. 

Questa è stata l'intuizione di fondo che ha colpito la maggior parte degli astronauti quando sono iniziati i viaggi nello spazio: tutti loro hanno detto quanto fosse straordinariamente bello il "pianeta blu" visto dallo spazio e quanto fosse ovvio che non c'erano linee a demarcare confini e separare le nazioni. È un solo mondo e tutti lo condividiamo in quanto nostra dimora: è l'unica casa che abbiamo, quindi è meglio che ce ne prendiamo cura.

Condividiamo questa casa con un'incredibile varietà di animali e piante con i quali siamo strettamente connessi. Ad esempio, se non ci fossero gli alberi, non potremmo respirare! 

Sento che l'alienazione che l'uomo sta vivendo nel profondo del suo cuore in questi tempi, deriva dal suo fallimento nel percepire se stesso come connesso a tutti gli altri esseri viventi. Abbiamo perso il contatto con la realtà fondamentale dell'universo: che siamo tutti interconnessi in quanto parte dell'unità di tutta la Vita. A livello ecologico, questo tipo di mentalità si manifesta nel non percepire il pianeta come un organismo vivente, ma piuttosto come qualcosa di inanimato che ci appartiene e che possiamo usare e smaltire a nostro piacimento.

L'insegnante buddhista Thich Nhat Hanh ha detto:

 “Un essere umano è un animale, una parte della natura. Ma noi ci consideriamo distinti dal resto della natura. Classifichiamo gli altri animali ed esseri viventi come natura, agendo come se noi non ne facessimo parte. E poi ci poniamo la domanda: ‘Come dobbiamo gestire la natura?’".

Allo stesso modo, pensiamo di poter infestare il pianeta di rifiuti tossici e che questo non ci danneggerà. Oppure, forti della nostra fede in un mondo diviso in nazioni, scarichiamo i rifiuti tossici nel cortile di servizio, cioè nei paesi del Terzo Mondo. Dimentichiamo di far parte di un sistema planetario e che l'inquinamento è destinato a ritornare a noi sotto forma di acqua, cibo o virus trasportati dagli esseri umani che sono stati danneggiati da tale inquinamento, per non parlare della nostra mancanza di sensibilità per tutti gli esseri che soffriranno in quei paesi come conseguenza delle nostre azioni.

Esistono molti modi in cui, a livello sociale, ognuno di noi può contribuire al ripristino dell'equilibrio sul nostro pianeta, dal voto per i giusti rappresentanti, al sostegno finanziario alle organizzazioni che fanno da cani da guardia ambientali, allo scrivere ai nostri giornali locali i nostri sentimenti e le nostre idee. 

Ma soprattutto, parallelamente all'azione sociale, ciò che è necessario in questi tempi critici è un approfondimento della nostra consapevolezza e della nostra capacità di vedere attraverso le bugie: una pulizia profonda della nostra psiche. Abbiamo bisogno di capire che il mondo è un riflesso di chi siamo dentro e che quindi è nostra responsabilità, non solo verso noi stessi, ma verso l'intero pianeta, aprirci alle profondità della vita. Dobbiamo trovare dentro di noi le comprensioni grazie alle quali saremo di nuovo in grado di esperire l'unità come realtà e la divisione come illusione, grazie alle quali la compassione potrà tornare a scorrere nella nostra vita e nelle nostre azioni. Abbiamo bisogno di più meditazione e amore.

 J. Krishnamurti ha detto:

“Ciò che sei, il mondo è. E senza la tua trasformazione, non può esserci la trasformazione del mondo”.

Dobbiamo renderci conto del fatto che non siamo solo esseri fisici su un pianeta materiale, ma molto di più: siamo un riflesso del cosmo e proprio come l'universo è misterioso e vasto, lo siamo anche noi. Siamo un cosmo in miniatura, ciascuno di noi intimamente legato a tutta la Vita.

Una preghiera Sioux dice:

“Rendimi saggio in modo da comprendere la lezione che hai nascosto in ogni foglia e roccia”.

Per essere in grado di ascoltare la musica sottile nascosta in ogni foglia e roccia, dobbiamo essere in silenzio. Dobbiamo coltivare la quiete e il silenzio interiori, usando qualunque approccio o tecnica funzioni meglio per noi.

Ricordo che Osho una volta disse che non devi fare nulla per esperire l'esistenza, devi solo smettere di fare. Devi essere in uno stato assolutamente non impegnato, senza tensioni, senza preoccupazioni. In questo stato di tranquillità entri in una certa sintonia con la musica che ti circonda. Ti rendi improvvisamente conto della musica del sole, degli alberi, delle montagne, dei fiumi e delle stelle…

Sento che quando la nostra risposta sociale scaturirà da quello spazio di pace interiore – e solo allora – porterà con sé tutto il potenziale, la vastità, la compassione e la grande saggezza del cuore umano.


Articolo apparso su  Osho Times n. 262

 

Pubblicato in origine nel blog di Shastro su www.shastro.com​