Editoriale 174

​Il vento a casa mia segue quasi sempre lo stesso giro. Inizia a caso, soffia un po’ di qua e un po’ di là, poi si stabilizza e quando soffia con potenza è sempre da nord-est verso sud-ovest. Si insinua tra un caseggiato di 5 piani e un altro di 3, separati da uno stretto spazio vuoto che, a mo’ di imbuto, ne aumenta la forza. E il retro di casa mia si trova proprio a 10 metri da quel punto…
Risultato? All’uscita dell’imbuto il vento può avere degli effetti devastanti: ha più volte spezzato dei rami della siepe e nel tempo ha provocato una cosa strana nel giardino del mio vicino…
Premessa: molti anni fa qualcuno aveva piantato un solitario abete, probabilmente arrivato come albero di natale che dopo le feste è finito in giardino. Crescendo è diventato un maestoso albero di almeno 30 metri, con la sua bella punta dritta protesa verso l’alto e in continua crescita.
Questo bell’abetone si trova proprio all’uscita del vento dall’imbuto. Il risultato è che è cresciuto vistosamente inclinato verso sud-ovest, diventando una specie di torre di Pisa che incombe sulla casa sottostante.
Due anni fa i proprietari, per salvare l’albero da una rovinosa caduta e la casa dalle sue conseguenze, hanno deciso di tagliare la punta dell’abete di circa 5 metri.


Abete

È ancora un albero molto alto, ma invece di avere la classica forma a cono, è diventato una specie di cilindro.
Notavo proprio in questi giorni che, a due anni dalla perdita della punta, il suo sistema di crescita si è come riprogrammato rispetto al suo sviluppo naturale: perduta la cima, l’albero ha pensato bene di alzare tutte le punte dei rami, ognuna in cerca dello sviluppo verticale per l’intero albero.
Certo i rami più bassi non hanno nessuna possibilità di farcela, ma qualcuno dei rami più alti diventerà la nuova cima e il resto dell’albero potrà rilassarsi (immagino) avendo ritrovato la sua direzione di crescita naturale.

La mancanza della cima proiettata verso l’alto deve avere creato, all’interno dell’abete mozzo, un disagio che ho immaginato simile a come mi sentivo io anni fa prima di incontrare Osho e la meditazione.
C’era dentro di me questa bomba energetica che spingeva disordinatamente in tutte le direzioni possibili, cercando uno sfogo che arrivasse a qualcosa di conclusivo, di significativo, di appagante… Erano anni di grandi slanci che, per assenza di una vera attrattiva all’esterno, finivano presto e si spegnevano con un nulla di fatto.
Chiaramente non era quella la direzione naturale che quella potente spinta energetica dentro di me stava cercando.
Per continuare il paragone con l’abete, ogni mio ramo si spingeva in fuori a modo suo nella direzione che gli veniva, ma non aveva la capacità di cristallizzare intorno a sé l’intero flusso di energia.

Se mi guardo indietro, posso vedere con chiarezza che, dopo il mio arrivo a Pune e l’incontro con Osho, è avvenuta in me una specie di pacificazione interiore.
Lì è iniziata la mia esperienza con la meditazione. E oggi, ricordando lo spazio energetico in cui mi trovavo allora, vedo chiaramente che questa pacificazione interiore è iniziata nel momento in cui la mia energia ha cominciato a muoversi con determinazione in una misteriosa direzione... verso quello che oggi posso definire “l’alto” dentro di me, contrapposto al “fuori” verso cui si era mossa a caso fino ad allora.
Iniziare a meditare con Osho ha creato in me una specie di “cima dell’abete” che cristallizzava piano piano verso l’alto l’intera energia del mio sistema. 

Osho: “Traguardi più elevati sono possibili e ti stanno chiamando. Questo va compreso in profondità. Qualsiasi cosa tu sia non è ancora il fine, sei solo a metà strada. Puoi ricadere in basso, puoi salire in alto. La tua crescita non è terminata, non sei ancora il prodotto finito, sei solo un passaggio, qualcosa continua a crescere dentro di te.
E ricorda, finché non diventi ciò che puoi diventare non sarai soddisfatto. Devi diventare ciò che puoi diventare, è una necessità! Altrimenti sarai frustrato, sarai privo di significato, sentirai che la vita non ha scopo. Potrai andare avanti, ma non ci sarà gioia. E magari avrai successo in altre cose, ma tu, in te stesso, sarai un fallimento”.

La “cima dell’abete” dà un senso di verticalità coordinata all’intero movimento dell’energia…

Osho: “Tutto il corpo è radicato nella spina dorsale. Se la spina dorsale è giovane, lo sei anche tu. Se è vecchia, sei vecchio. Tutto dipende dalla spina dorsale: se è viva avrai una mente molto brillante. Se è fiacca e morta avrai una mente molto annebbiata. 
La scienza dello Yoga cerca in molti modi di rivitalizzare la spina dorsale, di renderla vibrante, piena di luce, fresca e giovane.
La spina dorsale ha due estremità: l’inizio è il centro sessuale e la fine è sahasrar, il settimo centro sulla sommità della testa. L’inizio della spina dorsale è attaccato alla terra e il sesso è l’elemento più terreno in te. Dal centro dell’inizio della spina dorsale sei in contatto con la natura, con la terra, con la materia.
Dall’ultimo centro, o secondo polo, sahasrar, nella testa, sei in contatto col divino. 

Questi sono i due poli dell’esistenza. Il primo è il sesso e il secondo è sahasrar. La tua energia scorrerà verso il basso, ritornando alla terra dal centro sessuale, oppure sarà liberata nel cosmo dal sahasrar.
Questi sono i due flussi, le due possibilità.
Se non cominci a scorrere verso l’alto, la tua infelicità non finirà mai. Potrai anche avere qualche bagliore di felicità, ma saranno solo bagliori, molto illusori.
Quando l’energia comincia a muoversi verso l’alto avrai sempre più dei bagliori reali. E quando raggiungerà il sahasrar, avrai dentro di te la beatitudine assoluta…”.

È un lungo percorso, per usare la mappa di Osho, “su, per la spina dorsale”… e mi sembra di essere solo all’inizio del viaggio. La mia giornata spesso oscilla alternatamente in entrambe le direzioni. Ma per fortuna quell’ora di meditazione che Osho mi ha insegnato a ritagliarmi con determinazione, tutte le sere dopo il lavoro, non mi lascia dubbi su cosa dia un senso alla mia vita!
Osho ci ha regalato centinaia di tecniche tra le quali scegliere quella che funziona meglio a seconda dei momenti. Oltre a quelle “spontanee”, disseminate in molti dei suoi libri, ne esistono alcune che sono strutturate in diverse fasi scandite dalla musica. Negli anni sono diventate le più classiche tra le sue meditazioni.Le trovi tutte qui.
E in sostegno alla meditazione, nasce tutti i mesi la rivista Osho Times che puoi ricevere a casa tua in abbonamento. Tratti da lì, ecco come sempre due bellissimi articoli. Buona lettura, Akarmo​