Trovare l‘essenziale
Trovare l'essenziale
In cosa ha senso investire l'energia?
Un articolo di AKARMO pubblicato su Osho Times n. 320 cartaceo e digitale

All’Osho Festival di quest’anno ho compiuto la bellezza di 70 anni!
È una bella cifra tonda a cui mi devo ancora abituare...
Avendoli compiuti in mezzo a tanti amici ho anche ricevuto un mare di auguri e scambiato tante parole sugli anni che passano.
C’è stato un amico in particolare che, anche lui coi capelli bianchi, si chiedeva e ha incluso me nella sua ricerca, cosa ha senso fare a questo punto della vita, in cosa ha senso investire energia.
La domanda, sincera, mi ha portato a guardarmi dentro: “A cosa ha senso che dia energia nella mia vita?”.
E così ho avuto modo innanzitutto di vedere quali sono le cose che hanno un vero valore. E mi sono ricordato di Osho che dice che le uniche cose che hanno valore nella vita sono quelle che non dovrai lasciare al momento della morte. La morte fa da giudice implacabile.
Naturalmente non è solo ora che mi chiedo quali sono le cose a cui vale davvero la pena di dare energia nella propria vita. E ricordo ancora adesso con nitidezza un sogno notturno che risale a un periodo in cui avevo la domanda a fuoco con più chiarezza.
In quel sogno stavo sentendo la presenza quasi fisica di Osho al mio fianco. E in quella sensazione c’era anche la chiarezza che lui era perfettamente consapevole di me. E mi è nato il pensiero :“Se Osho è consapevole di me, anch’io posso essere consapevole di lui”. E così pensando, mi sono visto ergermi al di sopra del mio piccolo mondo interiore ed espandermi a includere tutto quello che potevo, per arrivare a essere pienamente consapevole di Osho. Era una specie di gesto voluto, realizzato con un certo sforzo di presenza ed espansione. Faceva seguito a un mio volere preciso.
Al che Osho disse: “Invece di competere con me, trova nella tua vita quella consapevolezza che sopravvivrà alla morte”.
Inutile dire che quella fucilata, nella nebbia dei miei sogni, mi svegliò “di botto”. E anche grazie a questo ho potuto salvare nella mia memoria questa insolita esperienza notturna.
Ancora oggi, in quella breve frase di Osho, ritrovo tutto il senso che può dare valore oggi al mio vivere: trovare quella consapevolezza che sopravvive alla morte.
Comunque la vita nel mondo rimane densa di richieste di azione, creatività, impegno. Tanto fare, tanto programmare, tanto vivere con intensità.
Quindi, innanzitutto, non ho trasformato quella frase in un progetto stile monaco zen: tot ore al giorno seduto in meditazione, nel mio silenzioso monastero, a cercare in me stesso l’eterno, il sublime, il Buddha. Anche se un po’ mi piacerebbe e credo di averlo fatto in alcune vite passate. Ma, come posso dedurre dal fatto che sono ancora qui e sto ancora cercando in questa vita, non ero riuscito a trovare quello che cercavo.
E quindi in questa vita eccomi a provare una via diversa. Gurdjieff la chiamava la Quarta Via. Cioè meditare pur restando nel mondo, nella vita normale, con la gente e con le cose.
Gurdjieff la chiamava anche “la via del padre di famiglia”. Nel senso di impegno nella vita senza scappare di fronte alle responsabilità.
Ma cosa cambia nella vita di un padre di famiglia normale e un “padre di famiglia” meditatore sulla Quarta Via?
Fanno entrambi esattamente le stesse cose: si relazionano, amano, lavorano, si godono il cibo e la compagnia, fanno soldi e li spendono, creano una vita solida dal punto di vista materiale, ecc.
Con una differenza sottile che però cambia tutto: il meditatore si impegna a tenere accesa la consapevolezza in tutto quello che fa.
Con questa consapevolezza succedono almeno due cose che trasformano la vita “normale” in via verso la realizzazione del proprio Buddha interiore: la prima è il consolidamento dell’arte di essere testimoni. È la pratica base di molte meditazioni, osservare cosa succede dentro e fuori di noi, essere consapevoli e attenti a cosa ci passa davanti, a cosa stiamo facendo, a cosa pensiamo e sentiamo. Con questa pratica trasformiamo in meditazione ogni momento della giornata. E inoltre trasformiamo ogni momento della vita in un’occasione per vivere veramente, con totalità qualunque cosa, arricchendoci di esperienze vere, rendendo più ricca la nostra esistenza.
La seconda cosa è che iniziano a succedere dei momenti magici in cui non stiamo osservando delle cose, ma siamo consapevoli di essere l’osservatore.
Osho ripete sempre che il processo di risveglio individuale passa attraverso il vedere che non siamo il corpo, non siamo i pensieri, non siamo le emozioni e nemmeno gli stati d’animo. Ma siamo un osservatore sulla collina. Un testimone silenzioso che vede tutto passargli davanti. Questo testimone ha la capacità di sopravvivere anche alla morte. È una presenza eterna, non materiale, la vera realtà che si può chiamare spirituale.
Ecco per tornare alla domanda dell’amico “a cosa ha senso dare energia veramente nella vita” la mia comprensione, anche per via dei 70 anni, è senza dubbio questa: basta disperdermi nei mille fiumi in cui scorre la mia vita, questo l’ho fatto fin troppo! Adesso voglio dare energia all’essenziale, cioè trovare il testimone silenzioso dentro di me e in un certo senso trasferirmi lì, lasciando andare l’identificazione con la periferia di me stesso.
È un bisogno profondo. Forse l’ho sempre avuto, ma non l’avevo a fuoco. Dico che “forse l’ho sempre avuto” per via di una nuova scoperta che ho fatto...
Da che ho memoria di me, sono soggetto a una sensazione di insoddisfazione che si fa sentire ogni tanto. Soprattutto al mattino quando mi sveglio. L’ho sempre vissuta come un segnale che c’è qualcosa nella mia vita da mettere a posto. E quando mi succede, andando dentro a vedere da dove viene la sensazione, a poco a poco metto a fuoco cosa potrebbe essere che mi dà la sensazione. E poi nel corso della giornata se posso la sistemo.
Invece da qualche tempo questa sensazione del mattino non riesce a indicarmi con chiarezza cosa dovrei sistemare nella mia vita e rimango col punto interrogativo. Ma siccome la lingua batte dove il dente duole, soprattutto nelle prime ore del giorno, prima di iniziare l’attività, questa sensazione è lì che mi chiama. Dopo vari tentativi di scoprire cosa non va, non trovando niente di particolare, mi trovo a diventare semplicemente consapevole di me stesso. E, come per magia, questa consapevolezza annulla completamente la sensazione di insoddisfazione.
Da qui la comprensione: la sensazione che qualcosa non va nella mia vita viene dal fatto che non sono consapevole!
Nel momento in cui sono consapevole, presente, testimone, tutto si acquieta magicamente: ecco, sto realizzando l’essenziale, sto lavorando alla realizzazione di me stesso, l’unica cosa che conta veramente nella vita!
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