Ritornare a casa

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Dalla consapevolezza globale a quella cosmica

Un articolo pubblicato su Osho Times n. 321 cartaceo e digitale

 

Utero cosmico


Dalla consapevolezza globale a quella cosmica: un salto di coscienza possibile? Gli scienziati si avvicinano alla visione dei mistici...

Viviamo in un’epoca in cui parlare di “consapevolezza globale” è diventato quasi scontato. Sappiamo che le nostre scelte influenzano il pianeta, che siamo interconnessi come umanità e che la cooperazione è necessaria per affrontare crisi ambientali e sociali. Ma alcuni filosofi, mistici e scienziati di frontiera, cominciano ad ammettere che esiste una forma ancora più ampia di consapevolezza: quella cosmica.

Cosa si intende per consapevolezza cosmica? Non si tratta di una teoria astratta o di un concetto esoterico, ma di un modo di percepire la realtà in cui l’essere umano non si sente il solo abitante del mondo, ma una parte integrante dell’universo intero. 
È una visione che ci invita a superare l’identificazione con il corpo, la nazione o la cultura, per entrare in risonanza con l’Intelligenza che permea ogni forma di vita, dalle galassie agli atomi.

Il pensiero cosmico non è nuovo. Lo troviamo in molte tradizioni spirituali: nel Tao, nei Veda, nei testi dei mistici sufi, negli insegnamenti gnostici. E anche Osho ne ha parlato da diversi punti di vista. Ma oggi sta tornando in forme nuove, sostenuto anche da alcune riflessioni della fisica quantistica e dalle esperienze trasformative di migliaia di persone che, attraverso stati meditativi, esperienze di pre-morte o semplicemente una notte sotto le stelle, hanno percepito un’unità più grande.

Neil Hogan, autore e divulgatore spirituale australiano, propone una distinzione chiave: la consapevolezza globale si occupa della cooperazione tra esseri umani, mentre quella cosmica si estende all’intero tessuto dell’esistenza. È un livello in cui l’ego si ridimensiona e l’esperienza dell’“io” si fonde con il “tutto”.

In un suo articolo, Hogan scrive: “Non siamo solo individui che vivono su un pianeta. Siamo manifestazioni temporanee di una coscienza più vasta, frammenti della stessa luce. Quando cominciamo a vivere da questo spazio, le nostre scelte cambiano. Non per dovere morale, ma per un naturale senso di appartenenza”.

Cosa accade, allora, quando cominciamo a vivere dalla consapevolezza cosmica? In primo luogo, si riduce il senso di separazione. I conflitti perdono forza, le ansie si attenuano e anche le sfide personali sono vissute in un contesto più ampio. In secondo luogo, si sviluppa una naturale propensione alla gratitudine, all’ascolto e alla cura. Non perché “dobbiamo essere buoni”, ma perché ogni forma di vita è riconosciuta come parte di noi.

Questo tipo di coscienza non è riservato a pochi eletti o a chi vive ritirato in un ashram. È accessibile, anche se non sempre immediata. Richiede apertura, presenza e soprattutto silenzio. Non per fuggire dal mondo, ma per sentirlo nella sua vera essenza.
In un mondo sempre più frammentato, accelerato e rumoroso, forse questa è la vera rivoluzione: smettere di sentirci al centro dell’universo e cominciare a viverci dentro.

Fonte: Neil Hogan, Global Awareness or Cosmic Awareness?


 

Osho: «Questa è la differenza tra l’uomo mondano e l’uomo religioso: l’uomo mondano ha accettato questo mon­do: è a casa. L’uomo religioso non è stato in grado di farlo. Si sente un estraneo. Sente di provenire da qualche altro luogo e di andare da qualche altra parte, come se il suo destino fosse altrove: un altro piano dell’essere, un’altra dimensione del­­la coscienza, uno stato di co­scien­za alterato.

Questo è l’anelito religioso. Sorge quando ci si sente estranei e si inizia a cercare qualcosa che possa essere casa. Bisogna percorrere lunghe distanze per arrivare a casa. Non che la casa sia molto lontana: è molto vicina, ma per avvicinarsi bisogna percorrere lunghe distanze. Non che la casa sia fuori: è dentro, ma per volgersi verso l’interno, bisogna prima cercare all’esterno.

Per arrivare a casa, bisogna bussare a molte porte: non c’è altro modo. 
Quindi, se senti quell’estraneo sorgere in te, non cercare di allontanarlo, non cercare di rifiutare quella sensazione. Non cercare di sentirti a casa, perché quella sensazione ti porterà più lontano. Sentirti a casa non ti porterà da nessuna parte.

Potrebbe essere un po’ doloroso, non è molto piacevole. C’è un senso di disagio, perché vorresti essere a casa e rilassarti. Punge come una spina: pensare che questa non sia casa tua, che questo sia solo un accampamento che va bene per una notte, ma al mattino devi andartene. Quella sensazione dovrebbe essere mantenuta costantemente. Se la perdi di vista, ti blocchi.

Poi, un giorno, torni davvero a casa. E non è solo una sensazione: tu sei la casa. Non hai una relazione facile con il mondo, no! Non ci sei più. Il mondo e tu non siete più separati. Solo allora sei arrivato a casa. 

L’universo diventa il tuo grembo e tu ne fai parte. Gli psicologi hanno avuto una certa intuizione al riguardo affermando che le persone religiose cercano lo stesso stato di benessere che aveva il bambino quando era nel grembo materno. È vero... Quando il bambino è nel grembo materno, non è separato. La madre respira per lui, mangia per lui. È influenzato da ogni stato d’animo della madre, da ogni umore della madre. Fa parte di lei, vibra con lei. Se la madre è triste, lui è triste. Se la madre è felice, lui è felice. Non è separato: è unito. Poi la nascita, la separazione e il divorzio.

Il divorzio dalla madre è il divorzio dall’universo. Si resta soli. L’uomo cerca in ogni modo di sentirsi a proprio agio, ma non ci riesce. Ed è un bene che non si riesca, perché se ci si riesce, è perduto. Bisogna muoversi e continuare a muoversi.
Solo così, un giorno, diventi capace di entrare nella stessa relazione che avevi con tua madre nel grembo materno. Era una relazione inconscia, ora la relazione è consapevole. Entri consapevolmente nell’utero universale. Consapevolmente ti unisci all’universo.

Burke la chiama “coscienza cosmica”: è giusto. Chiamala coscienza divina, coscienza buddhica, o come preferisci, ma come è stato per il corpo nel grembo materno, così è per la tua anima... E questa è la seconda nascita.
Tutto ciò che faccio qui è solo aiutarti a raggiungere la seconda nascita. Quindi non rimanere mai bloccato lungo il cammino. È bene fermarsi e riposare a volte, ma ricorda sempre che la casa è lontana; bisogna andare, la notte è buia e il viaggio è lungo. Non bisogna mai perdere di vista questa sfida e non bisogna mai perdere quella qualità avventurosa che nasce dalla sensazione di essere degli estranei, di non appartenere a questo luogo. A nessun luogo.»

Osho, Blessed Are the Ignorant #4


 

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