Il pittore il pastore e il detenuto

Il pittore, il pastore e il detenuto

Un racconto di Osho molto particolare

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 321

 

Osho


Molti, molti anni fa, in un certo paese, c’era un giovane e famoso pittore che decise di fare un ritratto davvero grandioso, un ritratto dal vivo che esprimesse a pieno la gioia di dio, cioè il ritratto di un uomo i cui occhi irradiassero pace eterna. E così, si mise alla ricerca di qualcuno il cui volto riflettesse quella luce eterna ed eterea.

L’artista vagò di villaggio in villaggio, di giungla in giungla, alla ricerca del suo soggetto e finalmente si imbatté in un pastore dagli occhi splendenti, con un volto e dei lineamenti che alludevano alla promessa della dimora celeste. Un solo sguardo gli bastò per convincersi che dio fosse presente in quel giovane.

L’artista fece il ritratto del giovane pastore. Ne furono realizzate milioni di copie e il dipinto fu venduto ovunque. La gente provava grande gratitudine per poter appendere il quadro alle proprie pareti.

Dopo un periodo di circa vent’anni, quando l’artista era ormai vecchio, decise di fare un altro ritratto. La sua esperienza gli aveva mostrato che la vita non è solo bontà, che nell’uomo esiste anche Satana. L’idea di dipingere il ritratto di Satana persistette in lui. Se avesse portato a termine il progetto, i due dipinti si sarebbero completati a vicenda, avrebbero mostrato l’uomo nella sua completezza. Aveva già dipinto il ritratto della divinità e ora voleva ritrarre il male incarnato.

Cercò un uomo che non fosse un uomo, ma Satana. Frequentò bische, bar e manicomi. Questo soggetto do­veva essere pieno del fuoco dell’inferno; il suo volto doveva mostrare tutto ciò che è malvagio, brutto e sadico.

Dopo una lunga ricerca, l’artista fi­nalmente incontrò un detenuto in una prigione. L’uomo aveva commesso sette omicidi ed era stato condannato all’impiccagione, che sarebbe accaduta in pochi giorni. L’inferno era evidente negli occhi dell’uomo che sputavano odio. Il suo volto era più brutto di quanto il pittore avesse sperare di trovare. L’artista iniziò a dipingerlo.

Quando ebbe completato il ritratto, tirò fuori il suo dipinto precedente e lo mise accanto al nuovo dipinto per creare contrasto. Era difficile valutare quale fosse il migliore dal punto di vista artistico: entrambi erano meravigliosi. Rimase lì a fissarli entrambi. E poi udì un singhiozzo. Si voltò e vide il prigioniero incatenato che piangeva. L’artista era sconcertato. Chiese: “Amico mio, perché piangi? Questi quadri ti disturbano?”. Il prigioniero disse: “Ho cercato di na­sconderti qualcosa per tutto questo tempo, ma oggi non ce la faccio. Ovviamente non sai che anche il primo quadro ritrae me. Entrambi i ritratti sono miei. Sono quello stesso pastore che hai incontrato vent’anni fa sulle colline. Piango per la mia caduta, per come mi sono abbassato negli ultimi vent’anni. Sono caduto dal cielo all’inferno, da dio a Satana”.

Non so quanto sia vera questa storia, ma una cosa è certa: la vita di ogni uomo ha due lati opposti e di ciascuno di noi sono possibili due ritratti. In ogni uomo esistono sia dio che Satana; in ogni uomo c’è la possibilità del paradiso e la possibilità dell’inferno. In un uomo può crescere un mazzo di rose bellissime e può anche accumularsi in lui un mare di fango. Ogni uomo oscilla tra questi due estremi. L’uomo può raggiungere entrambi questi estremi, ma la maggior parte delle persone è più incline all’infernale. Quei pochi fortunati che aspirano all’eterno, che lasciano che in loro cresca il divino, sono rari. 

Durante l’infanzia siamo in paradiso, ma crescendo, a poco a poco atterriamo all’inferno. Il mondo dell’infanzia è pieno di innocenza e purezza, ma gradualmente iniziamo a percorrere una strada lastricata di menzogne e tradimenti e quando diventiamo adulti siamo vecchi, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Non solo il corpo diventa debole e infermo, ma anche l’anima cade in uno stato di rovina. E noi semplicemente lo accettiamo e lasciamo semplicemente che la storia finisca così. Ma così finiamo anche noi stessi.

La religione è fatalista riguardo a questa domanda, a questa caduta, a questo viaggio dal paradiso all’inferno. Ma questo viaggio dovrebbe essere invertito. Questo viaggio dovrebbe essere gratificante: dal dolore alla gioia, dall’oscurità alla luce, dalla mortalità all’immortalità. L’impulso interiore dell’uomo è raggiungere l’immortalità partendo da ciò che è destinato alla morte; questa è la sete più profonda dell’anima dell’uomo. L’unica ricerca dell’anima è passare dall’oscurità alla luce. La spinta fondamentale della nostra energia primordiale è passare dalla falsità alla verità. 1


NELL'OSCURITA' DEL CUORE

La religione è radicata nel coraggio, perché significa addentrarsi nel mondo dell’ignoto, entrare nel misterioso e nel miracoloso, entrare in qualcosa in cui l’intelletto non è di alcuna utilità. Significa addentrarsi nell’oscurità. 

Ma coloro che sono entrati nell’oscurità del cuore ne sono usciti luminosi. Ne sono usciti illuminati.
Ma prima di potersi illuminare bisogna attraversare una notte dell’anima molto buia, ed è lì che serve il coraggio.

Ci vuole coraggio per addentrarsi nel mare inesplorato senza alcuna mappa, perché non esiste alcuna mappa. Nella natura stessa delle cose, una mappa non è possibile. La vita è così vasta che non può essere contenuta in una mappa. Ed è così mutevole, così dinamica, che qualsiasi mappa è destinata a essere sbagliata. Nel momento in cui è tracciata, la vita cambia e la mappa non può adattarsi, è sempre obsoleta.

Quindi bisogna procedere senza mappe, sapendo perfettamente che si sta rischiando, mettendo a repentaglio la sicurezza di questa riva per la riva sconosciuta, che potrebbe esistere o non esistere. Ma il cuore coraggioso si sente incuriosito dall’ignoto, è immensamente attratto dall’ignoto. È una sfida. E fortunati coloro che accettano la sfida, perché proprio in quell’accettazione si integrano. Proprio in quell’accettazione nasce la loro anima: non sono più corpi vuoti.

La vita non è per i codardi. I codardi fingono solo di vivere. Continuano a procedere in modo così cauto, così timorosi di commettere errori, così spaventati di smarrirsi, che non riescono a vivere. La vita ha bisogno di un po’ di temerarietà, di una certa qualità della totalità, di una certa follia per buttarsi a capofitto nelle cose.

Se non si è un po’ giocatori d’azzardo, ci si perde tutta la gioia della vita. 
Io vi insegno a essere giocatori d’azzardo. Il sannyas è una scommessa. State rischiando la vita con un uomo molto pericoloso. Vi state fidando di qualcuno di cui non ci si può fidare affatto! Potrebbe tagliarvi la testa... Quindi siate pronti! 2

 

 

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Testi di Osho tratti da:
1. From Sex to Superconsciousness #3
2. Fingers Pointing to the Moon #2