Storie

STORIE

Dell'altro mondo

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 321

 

Osho


L’Angelo e il Buddha

C’era una volta un angelo che stava tornando in cielo dopo aver compiuto la missione per la quale era stato mandato sulla Terra. Era una notte buia, senza Luna né stelle e la Terra era avvolta da nuvole scure.

Nel momento in cui l’angelo stava attraversando quelle nuvole nere, vide un miracolo accadere proprio sotto di lui: una foresta piena di luce.

Restò perplesso. Era stato in quella zona molte volte, conosceva bene la Terra. Non aveva mai visto prima una cosa del genere. E la luce non era una luce comune, ma aveva in sé il sapore della beatitudine, della benedizione.

Solo alla vista di quella luce, l’angelo si sentì più beato di quanto non si fosse mai sentito prima, persino in compagnia degli dèi. Nemmeno in cielo aveva mai assistito a un fenomeno così luminoso.

La luce sorgeva da un piccolo boschetto di manghi e si diffondeva per tutta la foresta. Era così potente che riusciva a vedere il fogliame degli alberi, i loro fiori e un laghetto proprio accanto al boschetto. Ne fu incuriosito e scese di nuovo sulla Terra.
Mentre scendeva, rimase ancora più sorpreso. Un suono silenzioso permeava l’atmosfera, il suono silenzioso che in Oriente è conosciuto come pranava, omkar. Era come se l’intera foresta stesse cantando “om”.

Fu una tale benedizione. E non solo: altre sorprese lo attendevano. 
Nel momento in cui scese vicino al boschetto, sentì una fragranza assolutamente sconosciuta, ignota, persino in cielo. 
Non era terrena e non era nemmeno celeste. Era al di là!

Entrò nel boschetto, ancora senza capire cosa stesse succedendo. Un’altra sorpresa: un uomo era seduto sotto un albero secolare, in meditazione. A quel punto le cose non furono più così difficili da capire e pensò: “Quest’uomo è diventato un Buddha. Quest’uomo è tornato a casa! La luce, la fragranza e il suono emanano da quest’uomo”.

Avvicinandosi, si sentì sempre più pervaso dalla sua presenza. Tutta la foresta era in fermento: una nuova vibrazione, una nuova vita. Vide gli alberi fiorire fuori stagione. E c’era un tale silenzio, un silenzio assoluto. E in quel silenzio assoluto, quel suono privo di suono: la foresta, gli alberi, il lago e le montagne cantavano.

L’angelo si lasciò cadere ai piedi dell’uomo, aprì il suo terzo occhio e cercò di vedere cosa succedesse dentro di lui. Si dice che gli angeli abbiano la capacità di scrutare la mente umana, che riescano a leggere quali pensieri vi si muovano. Ma più ci provava, più sentiva che era impossibile: non c’era alcun pensiero dentro quell’uomo. C’era un vuoto assoluto, il nulla.

Iniziò ad avere paura. Conosceva il nulla del cielo, conosceva l’infinito del cielo, ma questo era più profondo e aveva una profondità a lui sconosciuta. Era abissale. Iniziò ad avere paura di perdersi, di non riuscire più a tornare indietro.

Ma l’attrazione era enorme ed era pronto persino a perdersi. Ci provò con tutte le sue forze, si immerse sempre più in quel silenzio. Entrò nella coscienza dell’uomo, ma non riuscì a trovare un solo briciolo di pensiero e non riuscendo a capire cosa stesse facendo, uscì.

Poi si trasformò in un uomo, si inchinò, toccando i piedi al Buddha, e disse: “Signore, per favore, esci dal tuo samadhi e illuminami su ciò che sta accadendo dentro di te, perché non vedo un solo pensiero. Persino gli dèi sono così pieni di pensieri! Cosa ti è successo? Sei diventato così completamente silenzioso, nemmeno i cadaveri sono così quieti, vecchi pensieri continuano a fluttuare come polvere nella loro mente. La mente continua a funzionare, per abitudine. Cosa ti è successo? Sei vivo!”.

L’uomo guardò l’angelo, non disse una sola parola, ma sorrise. Quel sorriso fu come un’infezione, ipnotico. E l’angelo sentì l’attrazione di quel sorriso. Quel sorriso lo stava trasformando, quel sorriso era una grande sfida, quel sorriso era una provocazione, una seduzione. Quel sorriso lo invitò a entrare nel mondo interiore di quell’uomo. E di nuovo l’uomo chiuse gli occhi e in qualche modo anche l’angelo sentì di doverli chiudere. Aveva raccolto il suggerimento.

L’uomo stava dicendo: “Non posso dirti cos’è, ma posso mostrarti la via. Siediti come me, stai come me. Hai scrutato nel mio vuoto, ora sii vuoto. Solo attraverso l’essere c’è una via per comprendere”.

Non aveva pronunciato una sola parola, quel sorriso era il suo sermone! Aveva detto tutto ciò che è contenuto nei Veda, nel Corano, nella Bibbia, nel Dhammapada e nella Gita. Aveva detto tutto senza dire una sola parola. Aveva detto ciò che non può essere detto. E l’angelo chiuse gli occhi, rimase seduto in silenzio e cominciò a scomparire.


 

Accanto a un maestro

Questo è ciò che accade intorno a un maestro. Non devi obbedire, devi solo essere presente, disponibile, tutto qui. La sua presenza è sufficiente a creare la seduzione.
La presenza del maestro è seducente, non dà comandamenti. Non ti dice “Fai questo” e “Non fare quello”. Chi parla così, non è un maestro. Al massimo può essere un insegnante. Un maestro non dice mai “Fai questo” e “Non fare quello”. Un maestro non si preoccupa affatto delle tue azioni. La sua preoccupazione è più profonda, la sua preoccupazione è rivolta al tuo essere.

Un maestro è contagioso, come il morbillo. In sua presenza inizi a percepire una vibrazione diversa: se sei disponibile, se sei pronto ad ascoltare, se sei pronto a guardare, le cose iniziano a muoversi da sole. Questo è il significato di un maestro.

Qual è la differenza tra un insegnante e un maestro? Un insegnante ti insegna una dottrina, una filosofia. Discute, argomenta, dimostra. Un maestro è lui stesso la prova.

Non discute, non propone alcuna filosofia, non ti dà alcun ethos né dei comandamenti. Non crea alcun dovere, non ti dà alcun ideale. Anzi, ti toglie tutti gli ideali. Non ti dà una scrittura, ma ti insegna a bruciare tutte le scritture, a liberarti dalla parola, a liberarti dalla teoria, perché quando sei libero dalla parola, dalla teoria e dalle scritture, sei libero di essere. Altrimenti, i pensieri continuano a gridare dentro di te, continuano ad annebbiarti, continuano a distrarti dal tuo centro.

Un pensiero è una distrazione, qualsiasi pensiero: quello mondano, quello ultraterreno. Il pensiero in quanto tale è una distrazione, ti allontana da te stesso. Un pensiero ti conduce nel mondo dei sogni, delle illusioni, delle astrazioni. Non ti permette di vedere, sentire ed essere. Tutto il lavoro di un maestro consiste nell’aiutarti a liberarti dalla mente. Per questo non ha alcun messaggio in merito alle tue azioni. Un maestro ha certamente un messaggio in merito al tuo essere. Ti insegna a essere. E ti insegna in migliaia di modi.

Un maestro è fondamentalmente una presenza. Anche quando parla, parla solo per condurti verso l’inesprimibile. Anche quando parla, ti dissuade dal perseguire il linguaggio. Cerca di parlare in modo da poterti guidare in un mondo di non-pensiero.

L’insegnamento di un maestro è un non-insegnamento. Non propone idee a cui tu possa aggrapparti. Un maestro è totalmente distruttivo: crea il caos. Ti fa impazzire per quanto riguarda la tua mente, perché quando la mente è impazzita, si ferma e improvvisamente sorge una nuova consapevolezza.

Quindi la prima cosa da capire: un maestro crea fiducia, non obbedienza. Un maestro non chiede mai obbedienza. E se qualcuno ti chiede obbedienza, fuggi da quella persona. È alla ricerca di uno schiavo. Ti distruggerà, distruggerà la tua libertà, condizionerà la tua mente. Ti darà un modello da seguire. Non ti renderà aperto agli dèi, non farà di te un dio, perché un dio significa libertà, libertà assoluta.

L’obbedienza è schiavitù, obbedienza è una bella parola per dire schiavitù. Chiunque crei obbedienza in te è pericoloso, è tuo nemico. Un maestro non crea obbedienza, crea fiducia, e questa è una cosa completamente diversa, diversa in tutto e per tutto.

 

 

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Testi di Osho tratti da: Zen: The Path of Paradox, V.3 #1