Ciao!
Appena uscita su Netflix, non me la sono voluta perdere! Parlo dell’intera serie in 6 puntate, Wild Wild Country, dedicata a Osho, soprattutto nel periodo della sua avventura americana. Naturalmente manca molto di quello che, chi c’era, definirebbe essenziale: lo spirito di fratellanza che univa migliaia di cuori intorno a un essere unico e speciale che irradiava pura luminosità, grazia e amorevolezza. C’era qualcosa di inesprimibile a parole, ma che molti hanno saputo dire con una lacrima d’amore, un sorriso di beatitudine, un momento di silenzio a occhi chiusi...
Molti di coloro che c’erano hanno cercato di completare l’informazione offerta dalla serie di Netflix e precisare gli inevitabili errori storici, quindi sono apparsi vari scritti su Facebook. Abbiamo voluto tradurne qualcuno sulle nostre pagine FB per gli amici che non sanno l’inglese e in questa newsletter ne trovi uno, se vuoi approfondire.
Aldilà delle inevitabili lacune dei documentari, mi son goduto le immagini di Osho e della grande Comune in Oregon che non vedevo da tanti anni. E così sono tornato con la memoria a quei giorni felici e laboriosi che hanno visto tutto il mondo di Osho concentrato a creare in pochissimo tempo un’oasi nel deserto. Oasi non solo per la natura, ma soprattutto per il cuore e lo spirito.
E ho rivisto una scena che avevo vissuto in prima persona con Osho nella grande hall con 20mila meditatori in Darhsan, cioè seduti in meditazione col maestro.
Quella, per la stragrande maggioranza di noi, era la prima volta che rivedevamo Osho dopo che aveva lasciato l’India un paio d’anni prima.
In India eravamo abituati a vedere Osho ogni mattina al discorso. Arrivava in auto alla Buddha Hall dove era atteso da tutti in totale silenzio e presenza. Saliva i 3 gradini quasi fluttuando, salutava con il namasté e iniziava a parlare. Una volta finito, sempre in totale silenzio, salutava di nuovo e se ne andava. Tutti noi immobili e raccolti dentro noi stessi.
Fu così per anni. Tutti i giorni praticamente identico.
Ma in America, quella prima volta che lo abbiamo rivisto, ci ha riservato una grossa sorpresa...
Alla fine del Darshan si è alzato per salutare e andarsene, e ha fatto un cenno a una ragazza in prima fila... Un cenno del tipo “Vieni, avvicinati, salta sul podio”. “Cosa!?!?”. La sola idea era impensabile per come eravamo abituati con lui in India. E naturalmente la ragazza non credeva ai suoi occhi e ha indugiato un attimo. Ma il gesto è stato visto da tutti e così i più coraggiosi si sono alzati e si sono avvicinati a Osho. Immediatamente l’intera assemblea si è alzata ed è andata verso Osho. Migliaia di persone che cercavano di avvicinarsi a lui sul podio. Io ero forse in ventesima fila con centinaia di persone davanti a me. Ci ho provato, ma erano troppi e così son rimasto lì a vedere tutta la scena col grande desiderio di avvicinarmi anch’io, ma con la frustrazione dell’impossibilità.
Naturalmente ho continuato a sperare fino alla fine... Poi quando Osho si è incamminato verso l’auto ho rinunciato definitivamente. Ma il momento era stato di un’intesità altissima. E con tutta l’energia proiettata verso di lui che mi ritrovavo addosso, come se avessi allungato tutto me stesso fuori dal corpo, gli ho mandato un’intenso saluto a distanza con un cuore traboccante d’amore.
E per un attimo era come se gli stessi vicino anche se l’auto era ormai andata verso casa. Un altro attimo ed ecco il regalo! Come se Osho avesse fatto la stessa cosa, mi è tornato indietro all’improvviso il suo saluto tangibile, come un dolce ma solido tocco all’intero mio essere.
A distanza di anni mi rendo conto che quel momento è stato di immensa importanza per la mia meditazione. Lì ho capito che Osho non è il corpo. Che io non sono il corpo. E che ci sono delle invisibili dimensioni misteriose tutte da esplorare che non sono creazioni della mente.
Il mondo dell’energia può portare una vicinanza tra cuori che sembra possibile solo nelle favole, ma chi per esempio è già stato all’OshoFestival sa di cosa parlo... E se non ci sei mai stato, eccoci a un passo dall’occasione di immergerci di nuovo in quell’energia a Lignano Sabbiadoro dal 12 al 15 aprile.
E nel qui e ora eccoti due begli articoli dell’Osho Times, tratti dalla rivista che ti porta a casa l’arte della meditazione di Osho... Abbonati! Buona lettura Akarmo
|
|
La nostra saga in Oregon
Il sorprendente successo di un massacro mancato
Da un articolo di Subhuti
apparso sulla pagina Facebook di Osho Times
Osho sta facendo notizia: l’uscita della serie in sei episodi “Wild Wild Country” su Netflix ha innescato un rinnovato dibattito sulla decisione di questo mistico di trasferirsi dall’India in America nel 1981, e di nuovo si parla della costruzione di Rajneeshpuram, la nostra comune spirituale, un Ranch di 120 miglia quadrate nel cuore dell’Oregon.
Le recensioni dei media si sono concentrate sul fatto che questa serie di documentari ha raccontato accuratamente la storia, e la maggior parte delle testate approva. Qualcuno rileva una mancanza di “durezza” nei confronti dei “Rajneeshi”, visto il disturbo che abbiamo causato. Altri dicono che quei docufilm nel loro insieme non mettono in luce l’atmosfera d’amore che esisteva tra i residenti del Ranch, l’enorme entusiasmo con cui abbiamo creato la nostra città, e il potere di trasformazione dell’esperimento di “Wild West” tentato da Osho.
Per me, che ho vissuto e lavorato dall’inizio alla fine in quello che chiamavo familiarmente “il Ranch”, la rivelazione più sorprendente è arrivata improvvisamente una notte, dopo aver visto l’episodio finale...
>>>>>> continua la lettura
Vite passate
In un vecchio discorso in hindi Osho parla della metodologia per conoscere le vite precedenti
Un raro brano di Osho apparso sull'Osho Times
È possibile conoscere le vite passate, ma al momento non sapete niente nemmeno della vostra vita attuale. Conoscere le vite passate è ancora più difficile. È possibile, sicuramente, perché quando qualcosa resta impresso sotto forma di ricordo nella nostra mente, non va mai distrutto. Rimane a livello profondo nel nostro inconscio. Qualsiasi cosa abbiamo imparato, non sarà mai dimenticata.
Se ti chiedessi che cosa hai fatto il 1° gennaio del 1980, forse non saresti in grado di rispondere. Probabilmente diresti: “Non ricordo nulla. Non ho davvero idea di cosa ho fatto il 1° gennaio del 1980”. Ma se ti ipnotizzassi, e questa non è una cosa difficile, se ti portassi in stato di incoscienza e ti chiedessi che cosa hai fatto quel giorno, tu mi faresti il resoconto completo della giornata...
>>>>>> continua la lettura |
|
|
|