Mi ero consolato, però, qualche giorno dopo, quando Osho aveva detto allo stesso terapista che dopo il suo primo satori sarebbe stato difficile per lui avere il secondo, perché sarebbe stato lì ad aspettarselo ogni volta che entrava in meditazione. A quel punto avrebbe dovuto avere molta pazienza…
Che contraddizione! Da un lato se non punti a una meta non farai mai nessun passo in quella direzione. Oltretutto Osho continua anche a dirci che è una questione di totalità, bisogna darci dentro senza tregua. Dall’altra se ci vuoi arrivare con tutto te stesso, questo stesso desiderio diventa l’ostacolo.
Ho trovato oggi un brano di Osho che mi ha fatto fare pace con questo paradosso:
“Dal seme al frutto c'è un lungo viaggio e serve tanta pazienza da parte del giardiniere. Ma la pazienza non deve diventare pigrizia e la differenza è molto sottile. La pazienza dovrebbe restare, nel profondo del cuore, molto impaziente, sapendo perfettamente che quando viene la primavera arriveranno i fiori. Ciò non significa che devi dimenticare l'anelito, l'aspirazione, per l'arrivo della primavera; la preghiera, l'attesa, per l'arrivo della primavera. Aspetta, ma la tua attesa non deve spegnerti. L'ospite verrà, ma nessuno sa mai quando arriverà. Aspetta come un amante, con le porte aperte, gli occhi fissi sulla strada... Come se fra un istante dovesse accadere l'incontro con l'ospite, con l'amico.
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