“Un momento”, disse, “poiché lei non ha tirato sul prezzo, voglio avvisarla di una cosa. Ecco, guardi: naturalmente questo è un diavolo, e i diavoli, si sa, non sono buoni”.
“Ma come! Se ha detto che era un magnifico diavolo!” disse il signore con indignazione.
“Certo, certo”, rispose il mercante, “è così. È un magnifico diavolo, ma non è buono. È e rimane un diavolo. Lei ha fatto un ottimo acquisto, ma a una condizione: lo deve tenere sempre impegnato. Ogni giorno gli deve dar da fare: da quest'ora fino a quest'altra tagliare la legna, poi cucinare il pranzo, poi la cena, poi mezz'ora di riposo, poi andare in giardino e sarchiare, eccetera. È quando gli avanza del tempo, quando non sa che cosa fare, che è pericoloso!”.
“Se questo è tutto...” fece il signore, e si portò il diavolo a casa. E, per qualche tempo, le cose andarono davvero bene. Tutte le mattine il signore chiamava il diavolo che si inginocchiava obbediente, gli dettava il programma della giornata e il diavolo partiva con le faccende di casa lavorando ininterrottamente tutto il giorno. Quando non lavorava, si riposava o giocava, ma obbedendo sempre agli ordini del signore.
Un giorno, dopo alcuni mesi, il signore incontrò in città un vecchio amico. L'incontro inaspettato e la gioia di rivedere l'amico gli fecero dimenticare ogni cosa. Condusse l'amico in un caffè e cominciarono a bere, una tazzina di sakè dopo l'altra. Poi mangiarono magnificamente e bevvero ancora una volta, finché non si ritrovarono nel quartiere dei salici. Le donne tennero i due amici occupati a lungo, e il signore si svegliò l'indomani mattina in una stanza sconosciuta.
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