Fedele al silenzio
Un’anima arancione
nel market-place
Un articolo di Ameya apparso
sulla rivista Osho Times
Ricordo un viaggio a Berlino, agli inizi degli anni novanta, di quelli che “sali in auto la sera con amici e ti ritrovi nell’appartamento di non sai chi, che è partito per l’India e ha lasciato le chiavi al vicino di casa per bagnare le piante”.
Sulla parete di quella stanza una scritta che diceva: “Semplicemente sii”.
La padrona di casa era andata in India, perché il suo maestro, Osho, aveva lasciato il corpo. Le stanze della nostra ospite invisibile erano piene di foto, riviste, libri e cd; la parola ricorrente che li univa tutti era “meditazione”.
Curiosando tra vari articoli che riguardavano la Comune di Osho in India, memorizzai frasi, rimaste scolpite dentro come un’eco. Al mio ritorno in Italia cercai immediatamente libri di Osho in libreria. Aprendoli a caso, ogni parola sembrava rivolta proprio a me.
Sono sempre stata inquieta. Oggi so che una possibile definizione di come mi sentivo all’epoca, poco più che trentenne, era “ricerca spirituale”. Allora sapevo solo di avere sete, anzi fame. Di qualcosa che non si placava mai. E le parole del maestro mi prendevano e placavano quel qualcosa che cercavo...
|