La storia di una vita avventurosa, quella di Osho, con una risonanza internazionale che lo ha reso “Uno dei 1.000 uomini che hanno fatto il XX Secolo” (The Sunday Times e Panorama), e “Uno dei dieci uomini che hanno fatto l’India dalla preistoria a oggi” (Khushwant Singh).
Una figura di spicco, definita “L’uomo più pericoloso dai tempi di Gesù Cristo” (Tom Robbins), che ha vissuto un incredibile arco evolutivo: dal più grande ostracismo mai inferto a un singolo essere umano alla “voce dell’India, il messaggero che oggi ne testimonia lo spirito” (Chandra Shehar, ex Primo ministro indiano).
Un viaggio all’interno di una vita eccezionale, proprio perché assolutamente naturale e “ordinaria”: dalle prime avventure di bambino ribelle, refrattario a ogni autorità che non fosse basata sull’amore, la comprensione e la consapevolezza, all’impatto con la morte, la dimensione interiore e trascendente e alla scoperta della meditazione, fino alla ricerca del senso esistenziale estremo e all’illuminazione (quell’essere uno con l’esistenza che in Oriente è considerato il picco estremo della consapevolezza umana).
La monografia illustra anche l’intera vita di Osho, trascorsa da allora in poi esclusivamente a condividere il dono e la ricchezza della meditazione con chiunque è stato via via attratto dalla sua luce di consapevolezza e dall’incredibile efficacia immediata delle tecniche da lui ideate per creare una via alla meditazione e al risveglio, accessibile anche nel frenetico stile di vita moderno: dalle Meditazioni Attive alla Mystic Rose un’infinita serie di strumenti per rendere possibile anche all’uomo contemporaneo la scoperta dei propri tesori interiori.
“Non voglio che nessuno sia attaccato a me in alcun modo. Il mio lavoro è quello di darti libertà totale e metodi tali che, qualsiasi cosa tu voglia, potrai crearla all’interno di te stesso. Non serve nemmeno dio, non serve nulla, basti tu”.
“Voglio lasciarti da solo, completamente da solo, senza l’aiuto di nessuno, in modo che tu non possa attaccarti ad alcun profeta, in modo che tu non possa pensare che un Gautama il Buddha ti salverà. Quando sarai da solo, assolutamente solo, dovrai per forza scoprire la tua essenza più profonda”.
“Non ho mai voluto essere un maestro per nessuno. Ma le persone vogliono un maestro, vogliono essere dei discepoli, quindi ho giocato questo ruolo”. Osho
Dalla prefazione
Scrivere la biografia di un maestro illuminato è come voler raccogliere una sequenza di immagini tratte dalle forme delle nuvole e volerne raccontare la storia. Tra le decine di migliaia di persone che hanno incontrato Osho, è quasi impossibile trovarne due sole che siano d’accordo su chi sia e che cosa rappresenti. Tutti ne hanno dato un’interpretazione totalmente diversa, sicuri di aver notato cose che altri non hanno visto e di riportare fedelmente ciò che avevano provato in sua presenza. E tutti coloro che l’hanno conosciuto, leggendo ciò che altri hanno scritto di lui, avvertono sempre che manca qualcosa. In questa difficoltà, l’unica certezza è data forse dal suo continuo porsi al di là dei fatti e degli elementi che generalmente compongono una biografia...
“I fatti rappresentano la verità letta con inconsapevolezza. È verità vista con gli occhi chiusi, senza intelligenza, in maniera non meditativa. In questo caso la verità si trasforma in fatti. Vi faccio un esempio. Incontri un buddha. Se lo guardi con inconsapevolezza, è un fatto, un fatto storico. È nato in un giorno ben preciso e un giorno morirà. È il corpo che vedi, è una persona con una determinata personalità. La storia ne può prendere atto. Ma se lo guardi in modo non inconsapevole, ma con profonda consapevolezza, con attenzione, con immensa lucidità, in silenzio, allora il fatto si dissolve e appare la verità.
Qualsiasi cosa vedi intorno a te, è un fatto. Vedi un albero, carico di fiori e di foglie: è un fatto. Ma se mediti e un giorno all’improvviso i tuoi occhi si aprono, si aprono sul reale, allora l’albero non sarà più un semplice albero. Il verde sarà la manifestazione del divino in quanto verde e la linfa che scorre nel tronco, fino alle foglie, sarà un fenomeno spirituale". Osho
A un discepolo che gli chiedeva: “Ma tu chi sei?”, Osho rispondeva:
“È una domanda semplice e naturale, ma è impossibile rispondere. Chi sono io? Questa domanda è stata fatta per migliaia di anni e ha aiutato migliaia di persone a scoprire se stesse, ma nessuno ha mai trovato una risposta, perché l’essere di ognuno di noi è un mistero. Puoi chiedere, puoi fare esperienza del mistero, ma non è possibile dare una risposta, in quanto la risposta uccide il mistero.
Conoscere se stessi è possibile, ma è impossibile tradurre in parole questa conoscenza. La natura delle cose non permette di formulare una risposta su ciò che è l’essenza più intima del tuo essere. È un segreto e resterà sempre tale.
Nessuna risposta mai ti potrà appagare. Puoi leggere tutti i libri di religione, di filosofia e di teologia; puoi leggere tutte le risposte che la gente ha dato, ma nulla ti appagherà mai, proprio come la parola ‘acqua’, non potrà mai toglierti la sete. Hai bisogno di acqua vera e quando la tua sete sarà placata, non potrai mai esprimere a parole quell’esperienza di profondo appagamento. Potrai solo dire: «Ora la sete non c’è più»".
Per approfondire la figura di Osho e la sua visione:
Tutto vero, tanto che io scrivo per il gusto di riuscire a riordinare le mie convinzioni ed alla fine provare la sensazione di appagamento ma con la convinzione di non essere arrivato a nessuna conclusione intellettuale ma bensi una specie di trasformazione materiale del mio umore che migliora avendo dato attenzione alle mie riflessioni anche se innutili o innutile ma comunque attenzione a me giusto o sbagliato che sia io in qual momento. L'attenzione a me "giusto o sbagliato la può dare in definitiva solo colui che sta dietro al giudizio duale e semplicemente osserva. Cosi mi accorgo che la dualita era una forma di pensiero che avra il suo perchè giustificabile e spiegabile e accettabile.
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Tutto vero, tanto che io scrivo per il gusto di riuscire a riordinare le mie convinzioni ed alla fine provare la sensazione di appagamento ma con la convinzione di non essere arrivato a nessuna conclusione intellettuale ma bensi una specie di trasformazione materiale del mio umore che migliora avendo dato attenzione alle mie riflessioni anche se innutili o innutile ma comunque attenzione a me giusto o sbagliato che sia io in qual momento. L'attenzione a me "giusto o sbagliato la può dare in definitiva solo colui che sta dietro al giudizio duale e semplicemente osserva. Cosi mi accorgo che la dualita era una forma di pensiero che avra il suo perchè giustificabile e spiegabile e accettabile.