Ero stata praticamente quasi sempre felice per oltre 10 anni, tanto che oramai credevo, e forse davo per scontato, che quella serenità e quel benessere sottile sarebbero durati per il resto della mia vita.
Circa un anno e mezzo fa, cominciai a scrivere un racconto autobiografico, la mia storia, molto incentrato su una grande storia d’amore che mi ha rivoltato come un calzino e che ha portato nella mia vita, a un certo punto, il primo libro di Osho. E poi il sannyas...
Ricordo che dopo una feroce scenata di gelosia avevo chiuso “per sempre” (quante volte dura “per sempre”?) con l’uomo in questione ed ero letteralmente fuggita a Varazze, per il primo campo di meditazione della mia vita, insieme a Shunyo, Veet Marco e Rupesh, nell’amorevole cornice dell’Osho Arihant, allora gestito da Ushma e Nirodh.
Era Guru Purnima. Danzai alla musica di Veet Marco e Rupesh e tremai alle parole e ai gesti di Shunyo, a come mi stava portando Osho e le sue meditazioni in una forma semplice e tangibile, accessibile e tremendamente potente... Mi avevano consigliato di tornare per la sannyas celebration, visto che non essendomi prenotata non c’era ancora un nome per me. Ma mi ero impuntata solennemente: “Voglio il sannyas adesso”. Credo sia stata la decisione più importante della mia vita, forse l’unica veramente rilevante.
I tre anni successivi furono per me molto intensi, un vero crogiolo di emozioni, svolte, decisioni, cambiamenti di rotta. Tre anni in cui ho attraversato l’abisso di dolore che mi separava dalla mia anima a suon di Dinamica, libri di Osho, lavoro come meditazione a Pune e all’Arihant (Sì, diventò la mia seconda casa).
L’uomo in questione restò con me tutti quegli anni, rendendo il fuoco della trasformazione ancora più intenso e bruciante.
Poi la separazione e la mia decisione di andare a vivere per sempre a Pune. E a Pune il dolore scomparve. Arrivarono nuovi amori, amicizie e infine l’Osho Times, fedele amico e compagno.
Scrivere la mia storia significò rivivere tutta la febbrile ebrezza di quei tempi tormentati sì, ma pieni di passione. Riassaporare l’intensità con cui avevo vissuto e vivevo, prima e dopo Osho e la totalità quasi accecante dei passi compiuti, delle scelte e delle svolte.
Un po’ alla volta mi sentii riprecipitare in quelle sensazioni, in quelle emozioni, in quell’ebrezza. Come una colla mi si erano riappiccicate addosso e a quel punto non sapevo più che cosa fare.
Inoltre la vita mi stava offrendo degli altri elementi che non facevano che risvegliare sempre di più il passato, con tutte le sue estasi e i suoi inferni. Il riprendere contatto con l’ “uomo in questione”, anche se solo via chat, a distanza. Un soggiorno in Liguria che mi riportò a Varazze, luogo di tante cose e ricordi, alcuni meravigliosi, alcuni terribili. Una reunion coi compagni di liceo che riportò tanti altri dolcissimi, struggenti ricordi.
Mi accorsi di vivere come se fosse stato 15 anni prima. Con lo stesso dolore, la stessa angoscia, la stessa mancanza di senso e di direzione.
Un casuale litigio con mia sorella, con la quale vivevo nella stessa casa al mare in quei giorni, mi fece sentire che dovevo fare qualcosa. Andarmene. Muovermi.
Mi accorsi che era metà luglio. Quasi il mio compleanno sannyas, il 16, che sarebbe stato il lunedì successivo. E mi ricordai che c’era Shunyo, anche se senza Marco e Rupesh, a Meditando. E sapevo che da Varazze alcuni amici sarebbero partiti per quella destinazione il giorno successivo...
E così mi ritrovai a Meditando, a celebrare, senza averlo assolutamente previsto, il mio quindicesimo anno di sannyas. E a dirmi: “Sono una frana. 15 anni di meditazione per ritrovarmi allo stesso punto da cui sono partita”.
Fu semplice e naturale “decidere”
che avrei fatto quel campo come fosse la prima volta... E così è stato.
La Dinamica, la Kundalini, tutte le tecniche che Shunyo ha presentato... Ero di nuovo un absolute beginner, una totale principiante!
Anche Shunyo era scossa in quei giorni. Veet Marco, suo compagno di vita, era stato da poco operato, un intervento importante e difficile, e non si sapeva ancora se si sarebbe ripreso bene (per fortuna sì). Mi avvicinai a lei per salutarla e non potei fare a meno di ricordare, a me e a lei, tutti i momenti felici vissuti insieme a Varazze... E come ora era tutto diverso e tutto... “Come tornato indietro”. Un abbraccio umido di lacrime tra noi. E uno sguardo profondo tra donne...
Non c’era verso che le mie emozioni smettessero di pulsare... Compresi che non era ciò che avrebbero dovuto fare e che l’ultima cosa che io avrei dovuto fare era cercare di cambiarle, di ritornare felice come ero stata negli ultimi 10 anni!
Che celebrare non significa che tutto va bene secondo un’idea che abbiamo di felicità, ma che tutto è come deve essere secondo la vita e la sua realtà. E la mia realtà era quel sentire, quel disagio, quel dolore...
Nel caldo estivo e allegro della sala di meditazione dall’alto tetto affrescato, sdraiata sul pavimento insieme agli altri partecipanti, ascoltavo Shunyo rispondere alle domande dei partecipanti...
Antiche questioni, eterni “problemi”...
Noi ricercatori siamo in un certo senso incorreggibili...
Io di certo...
E poi mi sciolsi nell’essere lì.
Per quello che ero. Nel mio dolore preso in prestito dal passato e da cui cercavo di estrarre un po’ di intensità. Nella presenza dolce degli amici e di quelli che non conoscevo. Nelle domande. Nelle risposte. Nelle voci di Shunyo e Chetana, la traduttrice...
E non potei che essere grata del mio viaggio, della lunga e apparentemente inutile strada che mi aveva portato fin lì, ad assaporare comunque la totalità e l’intensità del momento presente, senza condizioni.
Grazie Maestro.
SUCHNESS
Amato Osho,
c’è una parola che mi ha sempre toccato in profondità. Al solo ricordarla, di tanto in tanto, sento che riesce a guarire ferite, portando pace e soddisfazione. Questa parola, è suchness, in inglese. Fattualità, lo stato delle cose. “Qualsiasi cosa accada permettile di accadere e accettala con tutto il cuore”.
Hai ragione. Provaci nei momenti di subbuglio, nei momenti di dolore, nei momenti di infelicità. Nelle notti più buie della tua vita, prova così: “Questa è la volontà dell’esistenza, e io ne faccio parte. Mi ci rilasso dentro. Se questa è la volontà del tutto, che sia”.
Certamente, se lo comprendi, ti darà un’immensa intuizione e ti sarà di grande aiuto nelle tue meditazioni. Ti aiuterà a non opporre resistenza alla vita, a non lottare contro la corrente, ma a fluire con essa. Lascia che il fiume ti porti all’oceano.
Tratto da: Osho, In viaggio verso casa, Oshoba