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La mia storia d’amore
con la Dinamica

Leela (Waduda)
Lovegarden racconta che...


 

Articolo apparso su Osho Times n. 206
 


Quando sono diventata sannyasin, nel 1977, il mio condizionamento tipicamente americano mi diceva di essere una “brava” persona, il più onesta possibile tranne quando dire la verità avrebbe ferito qualcuno, di mantenere le promesse, di essere puntuale, di pagare i miei conti e, in generale, di essere carina con tutti e reprimere le mie emozioni negative.
Anche se non sono mai riuscita a essere all’altezza di questo standard e an­che se a quel punto non volevo nemmeno più esserlo, il lato positivo è che quel condizionamento mi ha aiutata a fare la Meditazione Dinamica per due anni, perché, insieme al  sannyas, mi sono anche presa l’impegno con me stessa di fare un’ora di meditazione al giorno e avevo scelto la Dinamica. Ma poi è successo che continuando a farla, gradualmente me ne sono innamorata. E come succede in quasi tutte le storie d’amore, nella mia storia d’amore con la Dinamica ci sono stati momenti meravigliosi e momenti tempestosi.
In quei miei primi anni, ho avuto an­che la fortuna di avere un partner che era assolutamente determinato, a fare anche lui la Dinamica ogni giorno. Quindi nei giorni in cui io avrei probabilmente trascurato il mio impegno, dormendo fino a tardi, il mio partner si alzava, si preparava e poi mi toglieva di dosso tutte le coperte e diceva: “Ok, alzati, è ora della Dinamica!”.
Io scattavo velocemente per trattenere le coperte, dicendo: “No, oggi non la voglio fare! Fa troppo freddo per alzarmi!”. Allora andava in bagno, si ba­gnava le mani, ritornava, mi toglieva di nuovo le coperte e mi schizzava con l’acqua fredda, mentre io cominciavo a urlare: “Fermati! Lasciami in pace! Ti odio!”. E lui mi diceva: “Bene! Ora sei pronta per la Dinamica, dai!”.
Di cattivo umore mi trascinavo fuori dal letto e in qualche modo riuscivo ad arrivare alla Buddha Hall e a quel punto non vedevo l’ora che arrivasse il secondo stadio della Dinamica, la fase della catarsi! Era un così grande piacere gridare ed esprimere le emozioni! E così, anche con l’aiuto del mio partner, sono stata in grado di fare la Dinamica per due anni.
Più tardi, quando vivevamo al Ranch, in Oregon, ci fu detto che eravamo ora in un’altra fase in cui, al posto della Dinamica, la nostra meditazione sa­rebbe stata il lavoro. Poi quando l’esperienza del Ranch si è conclusa, ho ascoltato un discorso di Osho, in cui, almeno così me lo ricordo io, diceva che non avevamo meditato abbastanza e che quindi dovevamo ricominciare dall’ABC.
Per me l’ABC voleva dire Dinamica e quindi la feci per altri sei mesi, ad eccezione di quando viaggiavo in aereo. In seguito ho sperimentato molte altre tecniche di meditazione, ma tornavo sempre a fare la Dinamica per almeno un intero mese ogni anno, per tanti anni, e poi occasionalmente ogni volta che sentivo di averne bisogno.
Facendo la Dinamica, nel corso degli anni, ho cominciato a notare molte cose durante le diverse fasi della meditazione. Nel primo stadio, la respirazione portava certamente tanta energia nel mio corpo e si espandeva nelle zone in cui la mia energia era congelata o bloccata, facendola sciogliere e muoversi. Mi sentivo più vitale, più attiva ed energica. A un certo punto, però, ho capito che non respiravo in modo caotico e ho realizzato che per respirare davvero in modo caotico, dovevo essere più presente, più sveglia e consapevole. Non potevo andare in automatico e semplicemente andare fuori di testa!
Finalmente cominciavo ad ascoltare Osho che diceva che la meditazione era consapevolezza e ho compreso che la respirazione caotica era un modo per sostenere la consapevolezza, non servi­va solo a muovere l’energia bloccata!
Per ciò che riguarda il secondo stadio, all’inizio pensavo che la catarsi fosse un modo per “liberarsi” delle emozioni negative che mi era stato insegnato di reprimere. Immaginavo di essere come una bottiglia piena di emozioni negative e che ogni giorno nella Dinamica, ne buttavo fuori un po’, sperando che un giorno sarebbero finite! Ascoltare Osho che parlava di emozioni mi ha aiutata a ricordare ancora una volta che la meditazione riguarda la consapevolezza, non il rifiutare le emozioni, sperando che finissero. A quel punto, quando facevo la Dinamica, usavo l’espressione per aiutarmi a sentire le emozioni più facilmente e più fortemente, invece che “liberarmi” di loro. Spostando l’attenzione dal “liberarmi” dal sentire al “diventare più consapevole” del sentire ho notato che la consapevolezza cresceva non solo nella Dinamica, ma anche nella mia vita quotidiana.
All’inizio, la fase dello “HU” era la parte della Dinamica a cui facevo più resistenza. Ma poi ho cominciato a “sentire” il suono e il saltare mi ha aiutata ad andare dentro, molto più in profondità di quando praticavo le meditazioni da seduta. Lentamente sono diventata capace di essere consapevole di cosa succedeva dentro mentre saltavo ed urlavo “HU HU HU” invece che focalizzarmi solo sullo sforzo di fare correttamente la meditazione. Attraverso la crescita della consapevolezza ho cominciato ad apprezzare e persino a sentire gratitudine per la fase dello “HU” nella Dinamica.
Poi, nel quarto stadio ho riconosciuto che dopo aver saltato ed urlato “HU”, non riuscivo a fermarmi completamente nello Stop! Quindi mi domandavo per un po’: “Che cosa si è fermato?”. Il mio respiro andava ancora forte, il sudore gocciolava e l’energia nel mio corpo fluiva velocemente. All’improvviso ho riconosciuto un contrasto tra il mio corpo molto vivo e il centro, che era assolutamente immobile, silenzioso, non in movimento. Lo Stop! rivelava ciò che si era veramente fermato, perché il contrasto tra la massima vitalità e l’immobilità del centro era enorme e così ho iniziato a riconoscere il valore della fase dello Stop! subito dopo l’intensa attività dei primi tre stadi: è il contrasto che rivela chiaramente il centro!
Col tempo il quinto stadio della Dinamica è diventato lo stadio più importante per me, perché sentivo l’integrazione tra l’interno e l’esterno. Ero in grado di muovermi delicatamente e danzare e allo stesso tempo rimanere consapevole del centro. È stato durante il quinto stadio che la consapevolezza è diventata abbastanza grande da includere entrambi gli aspetti: il movimento e il flusso di energia del corpo e l’immobilità del centro. Quando ho iniziato a fare la Dinamica, 36 anni fa, cercavo di accorciare la fase finale, per cercare di arrivare velocemente alle docce e a colazione. E non capivo perché era chiamato lo stadio della “celebrazione”. Mi chiedevo:  “Che cosa sto celebrando?”. All’inizio la mia mente si inventava cose da celebrare, ad esempio il fatto che mi ero alzata e avevo fatto la Dinamica. O se la mia mente decideva che avevo fatto una bella Dinamica, era ciò che celebravo. Ma quando la mia consapevolezza è diventata grande abbastanza da essere consapevole del centro e del corpo simultaneamente, allora ho voluto celebrare questa comprensione.
Ma c’è stata un’altra comprensione sulla fase finale della Dinamica, ricevuta da un amico, che mi è stata molto utile. Celebriamo ciò che è importante per noi, è un modo per dare veramente valore a qualcosa. All’inizio era difficile per me dare valore alla meditazione, perché la mia crescita nella meditazione è stata ed è molto lenta. Non riuscivo a riconoscere i risultati positivi che andavo cercando. A volte succedevano esperienze incredibili, ma non erano qualcosa che ero in grado di far accadere, anzi più cercavo di ripetere le esperienze precedenti e più mi sfuggivano. Era frustante. Ma quando semplicemente celebravo tut­to, questa tensione e questa frustrazione si rilassavano ed ero in grado di dare valore alla meditazione indipendentemente da cosa era accaduto o non accaduto. È lì che ho iniziato a capire la “celebrazione”.

Ciò che incoraggio a fare è scoprire personalmente cosa accade “a te” nella Dinamica o in ogni altra tecnica. Non è la tecnica in sé che ti dà la meditazione, è la consapevolezza in te che viene sostenuta, che cresce quando esegui qualsiasi tecnica. Sono arrivata ad amare la consapevolezza in sé nel corso degli anni e particolarmente man mano che diventa più grande. Il mio desiderio per tutti è che amiate la consapevolezza e che la consapevolezza cresca in voi!




Leela tiene workshop e training nel mondo di Osho da più di 30 anni, in Italia anche a Miasto.
È coautrice dei libri Alchimia della trasformazione – Guida pratica all’esplorazione di sé, e La vita che vuoi – Le leggi interiori dell’attrazione.

Per informazioni sul suo lavoro www.essentiallifeconsulting.com


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