Ciao!
È successo tutto d'un botto, almeno qui nella mia zona: siam passati dall’inverno alla primavera in un attimo. La sera tutto nudo e “morto” e la mattina il pruno selvatico e l’albicocco del mio giardino: boom, in fiore!
L'attimo dell'equinozio di primavera delimita in modo netto due stagioni completamente diverse, ma a guardare le cose da vicino – i rami degli alberi, i verdini dei prati – sono mesi che la natura sta lavorando instancabilmente per “sbocciare”.
E il 21 marzo, per migliaia di persone, è anche il giorno grazie al quale si è messa in moto nel mondo un’enorme onda di rinnovamento e rinascita. Quel giorno del 1953, Osho, all’epoca ancora studente universitario, si è illuminato. Come, nel suo piccolo, per il mio albicocco, anche per Osho la fioritura è successa all’improvviso, ma erano anni che lui tenacemente lavorava con tutti gli strumenti possibili per arrivare lì.
Ci fu un periodo, a Pune, in cui Osho commentava una serie di aneddoti Zen in cui il maestro dice una frase sibillina al discepolo e questi immediatamente si illumina, oppure il discepolo chiede una cosa al maestro e questo per tutta risposta lascia cadere il bastone e il discepolo immediatamente si illumina... Cose così, che ti fan sperare che possa succedere anche a te in qualunque “normale” momento della giornata, magari mentre bevi il tè: la tazza ti scivola di mano e boom... sei illuminato! Perché no? Potrebbe succedere...
Qualcuno allora chiese a Osho com'era possibile che, a quei discepoli Zen, un evento così totale come l’illuminazione potesse succedere con tanta facilità... per una piccola improvvisa svolta in un dialogo. La risposta di Osho fu che certo è successo in un attimo, in un momento in cui la totalità dell’individuo era appesa a un filo. Tutto di lui era lì. Spezzato il filo con uno stratagemma geniale del maestro, il salto nella totale presenza (che chiamiamo illuminazione) avveniva senza sforzo. Però, spiegava Osho, nell’aneddoto non è detto che erano 30 anni che il discepolo meditava con costanza, senza perdere la fiducia, senza dispendersi in viuzze parallele, ma cristallizzando la presenza sempre più, goccia dopo goccia, con tutte le tecniche a lui proposte dal maestro.
E le tecniche erano in fondo poche... sedersi in meditazione silenziosa, ascoltare i discorsi del maestro, lavorare nel monastero con totalità e intelligenza... cose così...
Dimmi che non possono esserci anche nella nostra vita!
Tra l’altro Osho ha creato una tale moltitudine e varietà di tecniche di meditazione che non è possibile dire “Con me non ne funziona nessuna”: semmai prima devi provarle tutte!
Hai voglia di provare? È in arrivo l’occasione giusta per questo grande esperimento con te stesso: si chiama OshoFestival, dove decine di tecniche di Osho sono proposte dai migliori insegnanti a livello internazionale. Non ti promettiamo l'illuminazione (ma non si sa mai!) però di certo dei giorni speciali, profondi e nutrienti!
Ci scrivevano alla fine della scorsa edizione: “Per me è stata la prima volta in un ambiente 'Osho'. È stato stupendo. Lasciarsi andare, esprimersi con il corpo, senza giudizi esterni e senza giudizi 'miei'...”.
E anche: “È il mio primo festival e mi sto divertendo tantissimo... È un’esperienza trasformativa che non credevo possibile”.
Oppure: “Che bello trovarsi tra spiriti affini, in un’atmosfera priva di giudizio, liberi di essere noi stessi, di sprigionare la gioia primordiale che è in noi”.
Infine: “L’Oshofestival di Bellaria... UN mondo come dovrebbe essere IL mondo!”.
In attesa di vederci lì ecco anche oggi due estratti di articoli dell’Osho Times, il mensile che puoi ricevere a casa tua in abbonamento. Buona lettura - Akarmo
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La porta
del cuore
Osho ha sempre reso chiaro che non esiste una sola via verso la meditazione, anzi, che ne esistono tante quante sono gli individui! Ma ha anche spesso indicato due filoni principali, la via dell’amore, che utilizza la porta del IV chakra, il chakra del cuore, e la via della consapevolezza, che utilizza la porta del VI chakra, il cosiddetto Terzo Occhio. Qui Leela Waduda, che sarà presente all’OshoFestival, ci porta dritti nel... cuore della via dell’amore, attraverso semplici indicazioni pratiche...
Da un articolo apparso sull'Osho Times
Leela: Appoggia una mano al centro del petto, sistema il corpo per trovare una posizione comoda, fai un respiro profondo e senti il tuo cuore.
Il modo migliore per “comprendere” il Chakra del Cuore è semplicemente sentire il cuore. Questo è l’inizio giusto.
Sentire il cuore ti porterà in un viaggio lungo e misterioso, e forse è un viaggio meraviglioso che non ha fine. Ogni volta che dedichi un momento a sentire il cuore troverai qualcosa di familiare e troverai anche qualcosa di nuovo. Le profondità e le dimensioni del cuore sono infinite. Ci sono molte tecniche di meditazione del cuore che possono aiutarti ad approfondire l’esperienza e la scoperta di questo chakra.
Il viaggio che stai intraprendendo in questo momento, appoggiando una mano al centro del petto, rilassando il corpo e sentendo semplicemente, è il viaggio più grande che si possa intraprendere, perché ti porterà a ricordarti il tuo volto originale, alla scoperta di chi sei veramente, al risveglio della consapevolezza...
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Malintesi
sulla meditazione
È appena uscito il nuovo libro di Mediterranee, Mindfulness 4.0. La meditazione nel XXI secolo, libro che mette in evidenza i limiti del concetto così come è interpretato in genere e apre le porte a una concezione moderna e irrinunciabile della meditazione: il grande contributo di Osho al mondo!
Un prezioso brano di Osho apparso sull'Osho Times
Perfino la meditazione può essere sbagliata. La gente ha la falsa nozione che tutte le meditazioni siano giuste; non è così: le meditazioni possono essere sbagliate.
Ad esempio, qualsiasi meditazione che porti a una profonda concentrazione è sbagliata: non si aprirà mai alla compassione. Ti chiuderai sempre di più, anziché aprirti. Se restringi la tua consapevolezza, concentrandola su qualcosa, ed escludi l’intera esistenza, focalizzandoti su un unico punto, si creerà dentro di te una tensione sempre maggiore.
Da qui la parola “attenzione”. Significa “A-tensione”: la concentrazione, il suono stesso della parola, ti dà una sensazione di tensione. La concentrazione ha una sua utilità, ma non è meditazione. Nel lavoro scientifico, nella ricerca scientifica, in un laboratorio, devi concentrarti; devi mettere a fuoco un problema ed escludere tutto il resto. Al punto che devi essere praticamente immemore di tutto il resto del mondo: quell’unico problema su cui ti stai concentrando è tutto il tuo mondo, per questo gli scienziati diventano smemorati. Le persone che si concentrano troppo diventano sempre smemorate, perché non sanno come restare aperte al mondo intero...
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