Ciao!
Che anno particolare è questo 2017! Lo dico osservando il fatto che hanno lasciato il corpo parecchie persone, meditatori molto amati e molto vicini al lavoro di Osho.
Ne cito solo quattro, accomunate da certe qualità profonde... Darshan, Mukta, Meera e poche settimane fa Leela Waduda.
Sia a Leela che a Meera abbiamo dedicato delle pagine sull’Osho Times. Leela sarà sul numero di dicembre.
Darshan è indiana e solo vecchi sannyasin la ricorderanno.
Di Mukta, invece, voglio dire qualcosa qui, perché ho passato molto tempo con lei negli anni a Pune e mi ha aiutato a vedere in profondità in certe qualità che accomunano queste quattro donne.
Era una persona vicina a Osho fin dai primissimi anni (credo sia stata la prima occidentale). Era piuttosto ricca e ha sostenuto anche economicamente molti passi della storia del lavoro di Osho, a cominciare dall’acquisto di quello che sarebbe diventato l’Ashram di Pune.
Da brava greca adorava la festa e la celebrazione... Usciva quasi tutte le sere a cena con amici che invitava a unirsi a lei dopo il lavoro. Negli anni ’90 e 2000 (fino a quando si è poi trasferita in Austria per questioni di salute) mi son trovato spesso in sua compagnia e alle sue cene. E se non uscivamo a cena ci trovavamo comunque, anche con altre persone, nel dopocena al bar dell’Osho Resort.
Negli anni la sua salute è andata peggiorando. Da donna forte e sempre sana, è via via diventata una vecchietta fragile e... smemorata!
Ma la sua presenza rimaneva sempre solida e tangibile. Quindi anche se ti faceva la stessa domanda dopo 5 minuti, non potevi risponderle con leggerezza solo perché l’avevi già fatto. Per lei la domanda era qui e ora, era nuova. E la risposta doveva essere all’altezza della richiesta. Così, negli anni ho anch’io imparato a essere nel presente con lei. E anche alla terza risposta alla stessa domanda nel giro di 15 minuti, era per me come se le rispondessi per la prima volta, come lo era per lei.
Che training! Se oggi riesco a gestire mia mamma 96enne con gravi problemi di senilità, lo devo proprio a quel training con Mukta.
La sua forte presenza e lo sguardo con cui mi faceva la domanda non lasciavano via di fuga allo stare nel presente.
E il tutto sempre con giocosità, amorevolezza, risate, intelligente senso dell’umorismo.
Una sera eravamo io e lei seduti al bar. Molti, passando, venivano a salutarla e a scambiare quattro chiacchiere. Ricordo in particolare di un amico che si è visto rivolgere la stessa domanda varie volte nel giro di pochi minuti... Che ridere vederlo rispondere, sorpreso, con le stesse parole. Finché a un certo punto si è stufato e se ne è andato.
Mukta ha lasciato passare qualche secondo in silenzio. Poi mi ha chiesto: “Secondo te io sono così per via dell’età?”. Non mi aveva mai dato segni di essere consapevole della sua assenza di memoria.
L'ho guardata in silenzio. La mia impressione, da un po’ di tempo, era che fosse illuminata e di conseguenza le risposi: “No. È per via di un’altra cosa”.
Altri secondi di silenzio. Poi mi ha riempito il bicchiere e ha detto: “E allora brindiamo a quest’altra cosa”.
E ha continuato: “Per il corpo l’illuminazione è un grosso shock... Quindi" ridacchiando "stai attento!”. E ridendo abbiamo brindato.
Osho dice che quando un illuminato lascia il corpo la sua individualità si dissolve nell’oceano dell’esistenza. Alla quale aggiunge una goccia in più di consapevolezza. La vita diventa più consapevole grazie a queste grandi anime. E noi tutti ne beneficiamo.
Ho vissuto queste persone luminose come un incoraggiamento alla mia meditazione... Una conferma concreta che molte cose dette da Osho, che sembrano solo poesia, sono invece una pura realtà.
Ed è quindi una gioia continuare a proporre, come Osho Experience, eventi di festa e meditazione in perfetto stile “Osho”. Il prossimo appuntamento? L’OshoFesta di fine anno.
Prima di vederci lì, ecco come sempre due articoli dell’Osho Times, tratti dalla rivista a cui è bello essere abbonati! Buona lettura Akarmo
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L’impotenza della mente
Un vicolo cieco che può diventare un nuovo inizio!
Un prezioso brano di Osho apparso sull'Osho Times
Domanda: mi trovo in un vicolo cieco. Vedo l’impotenza della mente e sento che ogni azione è inutile. La mente muore totalmente solo nel samadhi? Per favore parla della mente e dell’azione nell’essere testimoni.
Osho: Dici: “Mi trovo in un vicolo cieco”, ma non è quello che percepisco. Non ci sei ancora arrivato, perché quando davvero ti trovi in un vicolo cieco, la trasformazione accade immediatamente. Ti stai avvicinando, di questo sono certo. La strada senza uscita non è lontana, ma non ci sei ancora arrivato, la tua domanda lo dimostra. Ti stai avvicinando, intuitivamente avverti che non è lontana, ma non l’hai ancora raggiunta. C’è ancora speranza. Nel profondo stai ancora sognando che non sia un vicolo cieco e da qui nasce la tua domanda...
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Attenti al lamento
Alcuni studi comportamentali nell’ambito della ricerca sull’Intelligenza Emotiva hanno osservato che la maggior parte delle persone, durante una conversazione tipica, si lamenta una volta al minuto...
Da un articolo apparso sull'Osho Times
Il lamento è accattivante, perché ci fa sentire meglio, ma come molte altre cose “piacevoli”, nel senso di consolatorie, come rimpinzarsi di cioccolatini e patatine o ubriacarsi, non fa bene alla nostra salute psicofisica. E la ragione è neurologica.
Il cervello ama l’efficienza e detesta lavorare più di quel che deve. Quando si ripete un comportamento, come ad esempio lamentarsi, i neuroni si avvicinano l’uno all’altro per facilitare il flusso di informazioni. Questo rende molto più semplice ripetere quel comportamento in futuro, anzi, lo rende così semplice che magari non ci rendiamo nemmeno conto di farlo...
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