Osho
risponde con una
vera e propria
“bastonata Zen” a
una domanda di
Coleman Barks, poeta
e traduttore
in
inglese delle poesie
di Jalaluddin Rumi,
mistico Sufi del
XIII secolo
Osho,
provo molta gratitudine per
la tua illuminazione, la tua saggezza, i tuoi
esperimenti coraggiosi, la tua vita. Grazie!
Rumi ha detto: “Voglio
bruciare, bruciare…”. Che cos’è quel bruciare? Shams ha
detto: “Sono fuoco”. Hai qualcosa da dire su Shams? Che
cosa c’entrano il bruciare e il fuoco con la mia
illuminazione?
Coleman, hai fatto una domanda molto pericolosa! Perché il
bruciare non ha nulla a che fare con la tua illuminazione.
Sul cammino dell’illuminazione la questione del bruciare non
si pone per nulla.
Ma tu ami Mevlana Jalaluddin Rumi… Anch’io amo quest’uomo.
Ma devi capire che il sufismo dipende ancora dall’ipotesi di
un dio. Non è libero dall’idea di dio. I Sufi in particolare
hanno il concetto di dio come donna. Il loro metodo è
l’amore: ama dio più che puoi. Ora, tu ami un’ipotesi
impossibile e ti si richiede di essere totale. Proverai, in
maniera più intensa, la stessa sensazione di bruciare che,
in scala ridotta, sentono anche gli amanti. Di sicuro gli
amanti provano nel cuore questa sensazione di bruciare. È
una nostalgia profonda, il desiderio di incontrarsi con
l’amato, a creare quel fuoco. Amare dio crea necessariamente
in te una grande fiamma. Andrai a fuoco perché hai scelto
come oggetto d’amore una cosa impossibile: il tuo oggetto
d’amore è un’ipotesi. Continuerai a piangere tutte le tue
lacrime, a pregare, a digiunare; la mente di continuo
tornerà a ricordare l’amato, a ripetere il suo nome.
La mente ha la capacità di immaginare qualcosa e ha anche la
capacità di autoipnotizzarsi. Dopo incessanti ripetizioni,
puoi persino vedere dio proprio come lo avevi immaginato. È
un sottoprodotto della mente. Ti farà felice, ti metterai a
danzare dalla gioia.
Ho vissuto con i Sufi e ho amato quella gente. Ma sono
ancora a un passo dall’essere dei buddha. Anche se le loro
poesie sono bellissime – lo sono per forza, perché nascono
dall’amore – ciò che provano è un’allucinazione creata dalla
mente. Nel sufismo, la mente viene portata a un tale punto
di tensione che diventi quasi folle per l’amato. Tutto il
tempo in cui ne stai lontano, in cui sei separato dal tuo
amore, ti sembra di bruciare.
Sul cammino della meditazione, dhyan, o Zen, non c’è alcun
desiderio bruciante perché non c’è un’ipotesi, non c’è dio.
E non è un problema di amore. L’uomo dello Zen è
profondamente amorevole, ma non ha fatto dell’amore una
pratica: nasce solo come prodotto collaterale della sua
realizzazione. Ha realizzato la propria qualità di buddha.
Questo non c’entra niente con un dio che esiste da qualche
parte in cielo. Lui ha raggiunto il centro della propria
vita, e da quella posizione esplode nell’amore, nella
compassione. Il suo amore arriva dopo l’illuminazione, non è
un metodo per l’illuminazione.
Per i Sufi, l’amore è il metodo. Dato che l’amore è un
metodo, rimane parte della mente. Il tentativo nel cammino
dello Zen è di andare oltre la mente, raggiungere la
non-mente, essere assolutamente privi di ogni pensiero,
incluso quello dell’amore. Lo Zen è il sentiero del vuoto:
né dio, né amore, nulla è permesso, solo un puro vuoto in
cui anche tu scompari.
Chi è che si sente bruciare? Chi è lì a sentire il fuoco?
Quindi sebbene ami i Sufi…
Non voglio, Coleman, ferire i tuoi sentimenti, ma vorrei
dire che un giorno dovrai sicuramente passare dal sufismo
allo Zen. I Sufi vivono ancora nell’immaginazione, non hanno
conosciuto lo stato di non-mente. Proprio perché non hanno
conosciuto lo stato di non-mente – per quanto bella possa
diventare la loro personalità – rimangono proprio sulla
soglia dell’illuminazione, ma non sono illuminati. La
ragione è chiara: il sufismo è un ramo, una derivazione
dell’islamismo. Porta con sé quasi tutto ciò che c’è di
buono nella religione mussulmana, ma è la religione più
bassa che ci sia. L’Islam, il giudaismo, il cristianesimo:
sono tutte religioni basate su ipotesi.
Ci sono solo due religioni che non sono basate su ipotesi,
il buddhismo e il taoismo. Lo Zen nasce dall’incrocio di
questi due... e l’incrocio è sempre meglio di entrambi i
genitori! È l’incontro di Buddha e Lao-tzu, da questo
nasce lo Zen. Non è buddhismo, non è taoismo, ha la sua
individualità. Porta avanti tutto ciò di bello che viene dal
Buddha e tutto ciò di grande che viene da Lao Tzu. È la
vetta più alta che l’uomo abbia mai raggiunto.
Questo è uno dei punti più importanti da ricordare.
Qualsiasi religione che inizia dalla fede, dal credere,
finirà per darti un’esperienza autoipnotica. Solo il taoismo
e il buddhismo non iniziano con la fede. Tutto il loro
sforzo è di farti iniziare da solo, senza alcun concetto di
ciò che troverai.
Aperti, disponibili, privi di pregiudizi, senza contare su
di una filosofia o un qualche libro sacro; potete andare
dentro di voi, con il cuore aperto, e quando arrivate al
punto in cui la mente è silenziosa, non c’è nemmeno un
pensiero.
Secondo Buddha e il tao, anche dio è solo un pensiero.
Quando non c’è pensiero, raggiungi la cima più alta
dell’Everest della consapevolezza, a quel punto sai che ogni
essere vivente ha il potenziale di diventare dio. Si dice
che Buddha abbia affermato: “Nel momento in cui mi
illuminai, rimasi sorpreso: l’esistenza intera è illuminata,
solo che la gente non lo comprende. Ognuno porta dentro di
sé la propria illuminazione e non la guarda nemmeno”. Buddha
ha parlato delle sue esperienze di vite passate. Quando non
era illuminato, ma solo un ricercatore, aveva sentito
parlare di un uomo che si era illuminato e così andò a
trovarlo. Non aveva nessuna idea di cosa fosse
l’illuminazione e così era arrivato senza pregiudizi di
alcun genere, né a favore né contro. Ma, arrivato vicino
all’uomo, si ritrovò a inchinarsi e a toccargli i piedi.
Ne fu molto sorpreso! Non aveva deciso di farlo, toccò i
piedi all’uomo contro ogni sua aspettativa. Questa fu la
prima sorpresa. Quando si rialzò, la seconda sorpresa fu
ancora più grande: l’illuminato toccò i suoi piedi. Lui
disse: “Che stai facendo? Sei illuminato, è giusto che io ti
tocchi i piedi. Ma perché tu tocchi i miei?”. L’uomo rise e
disse: “In passato ci fu un momento in cui non ero
illuminato. Adesso sono illuminato. Tu ora non sei
illuminato, un giorno lo sarai. Quindi è solo una questione
di tempo. Per quanto mi riguarda, tu puoi anche non saperlo,
ma io posso vedere il tuo tesoro nascosto”.
Ognuno è un buddha, che ne sia consapevole o no. Non ci sono
ipotesi sulla via dello Zen. Ciò che Rumi dice: “Voglio
bruciare, bruciare…” è la mente focalizzata su di un amato
ipotetico, è il desiderio bruciante di incontrarlo, di
sciogliersi in esso. Ma è un dio oggettivo, può essere un
uomo o una donna, non ha importanza.
In India, nel Bengala, c’è una piccola setta che crede che
solo Krishna sia un uomo e che tutti gli altri siano donne.
Dato che sono tutti donne e c’è un grande, bruciante,
desiderio di incontrare l’amato, il dio, dormono con una
statua di Krishna nel letto. Ma questi sono tutti giochi
della mente. Fatta eccezione per Gautama il Buddha, Lao-tzu
e le persone che si sono illuminate nella stessa maniera,
tutta l’umanità vive di ipotesi. Apprezzo la poesia di Rumi,
apprezzo la bellezza di molti mistici Sufi, ma non posso
dire che siano illuminati. Vanno ancora a tentoni e ciò
finirà solo quando abbandoneranno l’ipotesi di dio.
La ricerca deve essere all’interno, non all’esterno.
Qualsiasi ricerca esterna cambierà solo la personalità. Può
renderla più bella, più amorevole, ma si tratta solo di
immaginazione.

Coleman, va tutto bene: goditi le belle poesie di Rumi,
goditi le belle storie Sufi. L’ho fatto anch’io. Ma ti
avviso, non perderti in esse. Sono solo un gioco della
mente, una strategia di autoipnosi.
Ho detto che hai fatto una domanda pericolosa. Non voglio
ferire i tuoi sentimenti e il tuo amore, ma devo dire la
verità anche se fa male. Un giorno mi sarai grato.
Il sufismo non è nulla. Dappertutto è possibile trovare
della bella poesia. Sono persone che si ipnotizzano da sole.
Il punto reale è quello di arrivare a de-ipnotizzarsi,
perché sei stato già ipnotizzato dalla società.
E questa è la situazione in tutto il mondo, in qualsiasi
religione. Ho guardato in ogni angolo della Terra e tranne
lo Zen non ho trovato un fenomeno religioso completamente
puro e che non ha commesso alcun crimine contro l’umanità.
Il contributo dello Zen è stato quello di portare più
grazia, più bellezza, più amore e una maggiore qualità di
meditazione.
Quindi va tutto bene, Coleman; goditi le poesie, ma non
pensare che nascano da uno stato di illuminazione. I Sufi
non hanno mai nemmeno sentito la parola illuminazione. Non
c’è una parola equivalente a illuminazione in persiano, in
urdu o in arabo. Hanno “realizzazione di dio”, realizzazione
dell’amato, ma l’amato è separato da te.
Tutta la questione è che persino se trovi questo dio che è
separato da te, milioni di persone l’hanno trovato prima di
te. Ti troverai in una folla. E che farai quando incontrerai
dio? Gli dirai: “Ciao, come va?”. Incontrarsi non vuol dire
molto... avrai un’aria imbarazzata e anche dio avrà un’aria
imbarazzata: “Adesso che ci faccio con questo professor
Coleman?”. Non farlo, non mettere dio in imbarazzo. Dio non
esiste. Ciò che esiste è la qualità del divino e questa
qualità è tutt’intorno a te.
Siamo tutti immersi nello stesso oceano.
Un’antica storia: Un giovane pesce, dalla mente molto
filosofica, chiese agli altri pesci: “Abbiamo sentito tanto
parlare dell’oceano, ma dov’è? Voglio incontrare l’oceano”.
Tutti scrollavano le spalle e dicevano: “Anche noi abbiamo
sentito parlare dell’oceano, ma non sappiamo dove sia”.
Un vecchio pesce prese il giovane da parte e disse: “Non c’è
nessun altro oceano, ci siamo immersi dentro. Nasciamo al
suo interno, viviamo al suo interno, moriamo al suo interno.
Questo è l’oceano”.
E ti dico che lo stesso vale per te. Nasciamo nel divino,
viviamo nel divino, moriamo nel divino. Bisogna ricordarsi
solo di una cosa: puoi passare attraverso questa formidabile
esperienza che è la vita dormendo, oppure pienamente
sveglio.
La meditazione è l’unico modo per renderti consapevole.
Quando sei pienamente consapevole, l’oceano del divino è
tutt’intorno a te. La vita stessa, la stessa consapevolezza
sono divine. Il divino si esprime in tutte le forme, nelle
rose e nei fiori di loto, negli uccelli e negli alberi.
Dovunque ci sia vita, c’è solo il divino. Viviamo
nell’oceano del divino. Quindi non cercare da qualche altra
parte. Guarda dentro, perché quello è il punto più vicino
che puoi trovare. Il sufismo è bello, ma non è la risposta
finale e non dovresti fermarti lì. È un buon modo per
iniziare. Finisci con lo Zen.
E dalle vette dello Zen sarai in grado di comprendere il
sufismo più di quanto succeda se vivi nei circoli Sufi. Un
po’ di distanza è necessaria e lo Zen ti dà quella distanza.
Da quella distanza puoi osservare tutte le religioni. Che
cosa fanno? Fanno dei giochetti, magari belli, ma sempre
giochetti. Mi chiedi: “Che cosa c’entrano il bruciare e il
fuoco con la mia illuminazione?”. Proprio niente. In questo
preciso momento sei illuminato, entra silenziosamente nel
tuo essere… Trova il centro del tuo essere e hai scoperto il
centro dell’intero universo. Alla periferia siamo separati,
ma al centro siamo tutt’uno. Questa è ciò che chiamo
l’esperienza del buddha. Se non diventi un buddha... e
ricordati che è a causa della povertà del linguaggio che
sono costretto a dire: “Se non diventi…”. Lo sei già. Quindi
ti devo dire, se non lo riconosci, se non ti ricordi ciò che
hai dimenticato. Ogni bambino nella sua innocenza lo sa e
ogni bambino perde la strada a causa di tutte le nozioni di
cui viene sommerso dai genitori, dai preti, dagli
insegnanti. La sua innocenza viene rapidamente coperta
completamente da idiozie di ogni genere.
Tutto lo sforzo della meditazione è di tagliare attraverso
gli strati di polvere che la società ti ha riversato addosso
e trovare quella piccola “natura del buddha” con cui sei
nato. Il giorno in cui trovi la natura del buddha con cui
sei nato, il cerchio si chiude. Torni a essere innocente.
Cuore Zen e cuore Sufi
Osho,
hai parlato del “cuore
vuoto” dello Zen.
E in passato avevamo ascoltato come Rumi esprime il
cuore dei Sufi.
Ci puoi parlare della differenza fra i due?
La realtà è che ciò che i Sufi chiamano il cuore è solo una
parte della loro mente. La mente ha molte capacità:
pensiero, sentimento, fantasia, sogno, auto-ipnosi...
queste sono tutte qualità della mente. In realtà non esiste
il cuore in quanto tale, è tutto fatto dalla mente.
Abbiamo vissuto con questa divisione tradizionale, che
l’immaginazione, gli stati d’animo, le emozioni e i
sentimenti fossero del cuore. Ma il tuo cuore è solo un
sistema di pompaggio. Tutto quello che pensi o immagini o
senti è confinato nella mente. La vostra mente ha settecento
centri che controllano tutto.
Quando lo Zen dice cuore vuoto significa semplicemente mente
vuota. Per lo Zen, il cuore o la mente sono sinonimi.
L’enfasi è sulla vacuità. Una mente vuota diventa la porta
al divino che è tutto intorno, ma prima deve essere vuota.
Il sufismo è immaginazione, una bella fantasia. Lo Zen non
ha nulla a che fare con l’immaginazione. Tutto deve essere
reso vuoto. Il nome di Rumi è bello in un certo senso: non
in persiano, ma in inglese, roomy, spazioso, vuoto! Una
stanza può essere piena di mobili o può essere senza alcun
mobile, semplicemente una stanza.
E quella stanza vuota contiene l’intero spazio, l’intera
esistenza.
Testi di Osho tratti da:
Rinzai, Master of the irrational #2
Il commento di Coleman Barks a questa risposta alla sua
domanda è stato:
“Osho mi ha aiutato a capire come la poesia e il
desiderio siano fonti di autoipnosi. Mi sembra giusto
che l’illuminazione, o comunque la si voglia chiamare,
sia al di là della mente e del desiderio”.
Ed ecco il testo della lettera che ha inviato a Osho il
giorno dopo.
“Caro Osho, che colpo per il mio estatico
autoipnotismo! Grazie per la lama affilata che mi hai
offerto, con cui farmi strada attraverso la poesia, la
mente e il desiderio.
Spero di riuscire a usarla! E
non starmene semplicemente seduto a rimirarla!
Avrei potuto vivere la vita
intera senza che questa lama mi fosse data. Grazie di
nuovo.”
Indietro