Osho risponde con una vera e propria “bastonata Zen” a una domanda di
Coleman Barks, poeta e
traduttore in
inglese delle poesie di Jalaluddin Rumi,
mistico Sufi del XIII secolo


Un brano di Osho apparso, inedito, su Osho Times n 193

Osho,
provo molta gratitudine per la tua illuminazione, la tua saggezza, i tuoi esperimenti coraggiosi, la tua vita. Grazie!
Rumi ha detto: “Voglio bruciare, bruciare…”. Che cos’è quel bruciare? Shams ha detto: “Sono fuoco”. Hai qualcosa da dire su Shams? Che cosa c’entrano il bruciare e il fuoco con la mia illuminazione?

Coleman, hai fatto una domanda molto pericolosa! Perché il bruciare non ha nulla a che fare con la tua illuminazione. Sul cammino dell’illuminazione la questione del bruciare non si pone per nulla.
Ma tu ami Mevlana Jalaluddin Rumi… Anch’io amo quest’uomo. Ma devi capire che il sufismo dipende ancora dall’ipotesi di un dio. Non è libero dall’idea di dio. I Sufi in particolare hanno il concetto di dio come donna. Il loro metodo è l’amore: ama dio più che puoi. Ora, tu ami un’ipotesi impossibile e ti si richiede di essere totale. Proverai, in maniera più intensa, la stessa sensazione di bruciare che, in scala ridotta, sentono anche gli amanti. Di sicuro gli amanti provano nel cuore questa sensazione di bruciare. È una nostalgia profonda, il desiderio di incontrarsi con l’amato, a creare quel fuoco. Amare dio crea necessariamente in te una grande fiamma. Andrai a fuoco perché hai scelto come oggetto d’amore una cosa impossibile: il tuo oggetto d’amore è un’ipotesi. Continuerai a piangere tutte le tue lacrime, a pregare, a digiunare; la mente di continuo tornerà a ricordare l’amato, a ripetere il suo nome.
La mente ha la capacità di immaginare qualcosa e ha anche la capacità di autoipnotizzarsi. Dopo incessanti ri­pe­tizioni, puoi persino vedere dio proprio come lo avevi immaginato. È un sottoprodotto della mente. Ti farà felice, ti metterai a danzare dalla gioia.
Ho vissuto con i Sufi e ho amato quella gente. Ma sono ancora a un passo dall’essere dei buddha. Anche se le loro poesie sono bellissime – lo sono per forza, perché nascono dall’amore – ciò che provano è un’allucinazione creata dalla mente. Nel sufismo, la mente viene portata a un tale punto di tensione che diventi quasi folle per l’amato. Tutto il tempo in cui ne stai lontano, in cui sei separato dal tuo amore, ti sembra di bruciare.
Sul cammino della meditazione, dhyan, o Zen, non c’è alcun desiderio bruciante perché non c’è un’ipotesi, non c’è dio. E non è un problema di amore. L’uomo dello Zen è profondamente amorevole, ma non ha fatto dell’amore una pratica: nasce solo come prodotto collaterale della sua realizzazione. Ha realizzato la propria qualità di buddha. Questo non c’entra niente con un dio che esiste da qualche parte in cielo. Lui ha raggiunto il centro della propria vita, e da quella posizione esplode nell’amore, nella compassione. Il suo amore arriva dopo l’illuminazione, non è un metodo per l’illuminazione.
Per i Sufi, l’amore è il metodo. Dato che l’amore è un metodo, rimane parte della mente. Il tentativo nel cammino dello Zen è di andare oltre la mente, raggiungere la non-mente, essere assolutamente privi di ogni pensiero, incluso quello dell’amore. Lo Zen è il sentiero del vuoto: né dio, né amore, nulla è permesso, solo un puro vuoto in cui anche tu scompari.
Chi è che si sente bruciare? Chi è lì a sentire il fuoco?
Quindi sebbene ami i Sufi…
Non voglio, Coleman, ferire i tuoi sentimenti, ma vorrei dire che un giorno dovrai sicuramente passare dal sufismo allo Zen. I Sufi vivono ancora nell’immaginazione, non hanno conosciuto lo stato di non-mente. Proprio perché non hanno conosciuto lo stato di non-mente – per quanto bella possa diventare la loro personalità – rimangono proprio sulla soglia dell’illuminazione, ma non sono illuminati. La ragione è chiara: il sufismo è un ramo, una derivazione dell’islamismo. Porta con sé quasi tutto ciò che c’è di buono nella religione mussulmana, ma è la religione più bassa che ci sia. L’Islam, il giudaismo, il cristianesimo: sono tutte religioni basate su ipotesi.
Ci sono solo due religioni che non sono basate su ipotesi, il buddhismo e il taoismo. Lo Zen nasce dall’incrocio di questi due... e l’incrocio è sempre meglio di entrambi i genitori! È l’incontro di Buddha e Lao-tzu, da questo  nasce lo Zen. Non è buddhismo, non è taoismo, ha la sua individualità. Porta avanti tutto ciò di bello che viene dal Buddha e tutto ciò di grande che viene da Lao Tzu. È la vetta più alta che l’uomo abbia mai raggiunto.
Questo è uno dei punti più importanti da ricordare. Qualsiasi religione che inizia dalla fede, dal credere, finirà per darti un’esperienza autoipnotica. Solo il taoismo e il buddhismo non iniziano con la fede. Tutto il loro sforzo è di farti iniziare da solo, senza alcun concetto di ciò che troverai.
Aperti, disponibili, privi di pregiudizi, senza contare su di una filosofia o un qualche libro sacro; potete andare dentro di voi, con il cuore aperto, e quando arrivate al punto in cui la mente è silenziosa, non c’è nemmeno un pensiero.
Secondo Buddha e il tao, anche dio è solo un pensiero. Quando non c’è pensiero, raggiungi la cima più alta dell’Everest della consapevolezza, a quel punto sai che ogni essere vivente ha il potenziale di diventare dio. Si dice che Buddha abbia affermato: “Nel mo­mento in cui mi illuminai, rimasi sorpreso: l’esistenza intera è illuminata, solo che la gente non lo comprende. Ognuno porta dentro di sé la propria illuminazione e non la guarda nemmeno”. Buddha ha parlato delle sue esperienze di vite passate. Quando non era illuminato, ma solo un ricercatore, aveva sentito parlare di un uomo che si era illuminato e così andò a trovarlo. Non aveva nessuna idea di cosa fosse l’illuminazione e così era arrivato senza pregiudizi di alcun genere, né a favore né contro. Ma, arrivato vicino all’uomo, si ritrovò a inchinarsi e a toccargli i piedi.
Ne fu molto sorpreso! Non aveva deciso di farlo, toccò i piedi all’uomo contro ogni sua aspettativa. Questa fu la prima sorpresa. Quando si rialzò, la seconda sorpresa fu ancora più grande: l’illuminato toccò i suoi piedi. Lui disse: “Che stai facendo? Sei illuminato, è giusto che io ti tocchi i piedi. Ma perché tu tocchi i miei?”. L’uomo rise e disse: “In passato ci fu un momento in cui non ero illuminato. Adesso sono illuminato. Tu ora non sei illuminato, un giorno lo sarai. Quindi è solo una questione di tempo. Per quanto mi riguarda, tu puoi anche non saperlo, ma io posso vedere il tuo tesoro nascosto”.
Ognuno è un buddha, che ne sia consapevole o no. Non ci sono ipotesi sul­la via dello Zen. Ciò che Rumi dice: “Voglio bruciare, bruciare…” è la mente focalizzata su di un amato ipotetico, è il desiderio bruciante di incontrarlo, di sciogliersi in esso. Ma è un dio oggettivo, può essere un uomo o una donna, non ha importanza.
In India, nel Bengala, c’è una piccola setta che crede che solo Krishna sia un uomo e che tutti gli altri siano donne. Dato che sono tutti donne e c’è un grande, bruciante, desiderio di incontrare l’amato, il dio, dormono con una statua di Krishna nel letto. Ma questi sono tutti giochi della mente. Fatta eccezione per Gautama il Buddha, Lao-tzu e le persone che si sono illuminate nella stessa maniera, tutta l’umanità vive di ipotesi. Apprezzo la poesia di Rumi, apprezzo la bellezza di molti mistici Sufi, ma non posso dire che siano illuminati. Vanno ancora a tentoni e ciò finirà solo quando abbandoneranno l’ipotesi di dio.
La ricerca deve essere all’interno, non all’esterno. Qualsiasi ricerca esterna cambierà solo la personalità. Può renderla più bella, più amorevole, ma si tratta solo di immaginazione.

Coleman
              Barks

Coleman, va tutto bene: goditi le belle poesie di Rumi, goditi le belle storie Sufi. L’ho fatto anch’io. Ma ti avviso, non perderti in esse. Sono solo un gioco della mente, una strategia di autoipnosi.
Ho detto che hai fatto una domanda pericolosa. Non voglio ferire i tuoi sentimenti e il tuo amore, ma devo dire la verità anche se fa male. Un giorno mi sarai grato.
Il sufismo non è nulla. Dappertutto è possibile trovare della bella poesia. Sono persone che si ipnotizzano da sole. Il punto reale è quello di arrivare a de-ipnotizzarsi, perché sei stato già ipnotizzato dalla società.
E questa è la situazione in tutto il mondo, in qualsiasi religione. Ho guardato in ogni angolo della Terra e tranne lo Zen non ho trovato un fenomeno religioso completamente puro e che non ha commesso alcun crimine contro l’umanità. Il contributo dello Zen è stato quello di portare più grazia, più bellezza, più amore e una maggiore qualità di meditazione.
Quindi va tutto bene, Coleman; goditi le poesie, ma non pensare che nascano da uno stato di illuminazione. I Sufi non hanno mai nemmeno sentito la parola illuminazione. Non c’è una parola equivalente a illuminazione in persiano, in urdu o in arabo. Hanno “realizzazione di dio”, realizzazione dell’amato, ma l’amato è separato da te.
Tutta la questione è che persino se trovi questo dio che è separato da te, milioni di persone l’hanno trovato prima di te. Ti troverai in una folla. E che farai quando incontrerai dio? Gli dirai: “Ciao, come va?”. Incontrarsi non vuol dire molto... avrai un’aria imbarazzata e anche dio avrà un’aria imbarazzata: “Adesso che ci faccio con questo professor Coleman?”. Non farlo, non mettere dio in imbarazzo. Dio non esiste. Ciò che esiste è la qualità del divino e questa qualità è tutt’intorno a te.
Siamo tutti immersi nello stesso oceano.

Un’antica storia: Un giovane pesce, dalla mente molto filosofica, chiese agli altri pesci: “Abbiamo sentito tanto parlare dell’oceano, ma dov’è? Voglio incontrare l’oceano”.
Tutti scrollavano le spalle e dicevano: “Anche noi abbiamo sentito parlare dell’oceano, ma non sappiamo dove sia”.
Un vecchio pesce prese il giovane da parte e disse: “Non c’è nessun altro oceano, ci siamo immersi dentro. Nasciamo al suo interno, viviamo al suo interno, moriamo al suo interno. Questo è l’oceano”.

E ti dico che lo stesso vale per te. Nasciamo nel divino, viviamo nel divino, moriamo nel divino. Bisogna ricordarsi solo di una cosa: puoi passare attraverso questa formidabile esperienza che è la vita dormendo, oppure pienamente sveglio.
La meditazione è l’unico modo per renderti consapevole. Quando sei pienamente consapevole, l’oceano del divino è tutt’intorno a te. La vita stessa, la stessa consapevolezza sono divine. Il divino si esprime in tutte le forme, nelle rose e nei fiori di loto, negli uccelli e negli alberi. Dovunque ci sia vita, c’è solo il divino. Viviamo nell’oceano del divino. Quindi non cercare da qualche altra parte. Guarda dentro, perché quello è il punto più vicino che puoi trovare. Il sufismo è bello, ma non è la risposta finale e non dovresti fermarti lì. È un buon modo per iniziare. Finisci con lo Zen.
E dalle vette dello Zen sarai in grado di comprendere il sufismo più di quanto succeda se vivi nei circoli Sufi. Un po’ di distanza è necessaria e lo Zen ti dà quella distanza. Da quella distanza puoi osservare tutte le religioni. Che cosa fanno? Fanno dei giochetti, magari belli, ma sempre giochetti. Mi chiedi: “Che cosa c’entrano il bruciare e il fuoco con la mia illuminazione?”. Proprio niente. In questo preciso momento sei illuminato, entra silenziosamente nel tuo essere… Trova il centro del tuo essere e hai scoperto il centro dell’intero universo. Alla periferia siamo separati, ma al centro siamo tutt’uno. Questa è ciò che chiamo l’esperienza del buddha. Se non diventi un buddha... e ricordati che è a causa della povertà del linguaggio che sono costretto a dire: “Se non diventi…”. Lo sei già. Quindi ti devo dire, se non lo riconosci, se non ti ricordi ciò che hai dimenticato. Ogni bambino nella sua innocenza lo sa e ogni bambino perde la strada a causa di tutte le nozioni di cui viene sommerso dai genitori, dai preti, dagli insegnanti. La sua innocenza viene rapidamente coperta completamente da idiozie di ogni genere.
Tutto lo sforzo della meditazione è di tagliare attraverso gli strati di polvere che la società ti ha riversato addosso e trovare quella piccola “natura del buddha” con cui sei nato. Il giorno in cui trovi la natura del buddha con cui sei nato, il cerchio si chiude. Torni a essere innocente.


Cuore Zen e cuore Sufi

Osho,
hai parlato del “cuore vuoto” dello Zen.
E in passato avevamo ascoltato come Rumi esprime il cuore dei Sufi.
Ci puoi parlare della differenza fra i due?


La realtà è che ciò che i Sufi chiamano il cuore è solo una parte della loro mente. La mente ha molte capacità: pensiero, sentimento, fantasia, so­gno, auto-ipnosi... queste sono tutte qualità della mente. In realtà non esiste il cuore in quanto tale, è tutto fatto dalla mente.
Abbiamo vissuto con questa divisione tradizionale, che l’immaginazione, gli stati d’animo, le emozioni e i sentimenti fossero del cuore. Ma il tuo cuore è solo un sistema di pompaggio. Tutto quello che pensi o immagini o senti è confinato nella mente. La vostra mente ha settecento centri che controllano tutto.
Quando lo Zen dice cuore vuoto significa semplicemente mente vuota. Per lo Zen, il cuore o la mente sono sinonimi. L’enfasi è sulla vacuità. Una mente vuota diventa la porta al divino che è tutto intorno, ma prima deve essere vuota.
Il sufismo è immaginazione, una bella fantasia. Lo Zen non ha nulla a che fare con l’immaginazione. Tutto deve essere reso vuoto. Il nome di Rumi è bello in un certo senso: non in persiano, ma in inglese, roomy, spazioso, vuoto! Una stanza può essere piena di mobili o può essere senza alcun mobile, semplicemente una stanza.
E quella stanza vuota contiene l’intero spazio, l’intera esistenza.

Testi di Osho tratti da:
Rinzai, Master of the irrational #2



Il commento di Coleman Barks a questa risposta alla sua domanda è stato:

“Osho mi ha aiutato a capire come la poesia e il desiderio siano fonti di autoipnosi. Mi sembra giusto che l’illuminazione, o comunque la si voglia chiamare, sia al di là della mente e del desiderio”.

Ed ecco il testo della lettera che ha inviato a Osho il giorno dopo.

“Caro Osho, che colpo per il mio estatico autoipnotismo! Grazie per la lama affilata che mi hai offerto, con cui farmi strada attraverso la poesia, la mente e il desiderio.
Spero di riuscire a usarla! E non starmene semplicemente seduto a rimirarla!
Avrei potuto vivere la vita intera senza che questa lama mi fosse data. Grazie di nuovo.”

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L’illusione del cuore