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Dall’amore
all’amorevolezza
Quando nella coppia
il sesso non è più...
solo sesso
Intervista
a Homa e Mukto
presto
anche in Italia dopo
i successi dei loro gruppi
di TANTRA in tutto il
mondo
Domanda:
Il Tantra può essere un modo
diverso di vivere una relazione?
I problemi, i litigi, gli alti e
bassi tra un uomo e una donna...
possono trovare aiuto nel
Tantra?
Mukto: Se lo consideri un
sistema di vita che consiste nel
dire di sì a qualsiasi cosa
incontri dentro te per entrare più
in profondità nella
consapevolezza, allora si può dire
che il Tantra è meditazione,
include il sesso ma non si limita
a quello, include anche ogni
disturbo emotivo. Quindi qualsiasi
cosa accada tra i partner – se
entrambi sanno accettarlo e
lasciare che accada – la
meditazione e la trasformazione
possono accadere. Si tratta di una
relazione del tutto diversa da
quella di una coppia che ha
determinate idee su come
dovrebbero andare le cose, non
solo a letto, e in cui quindi si
lotta contro la vita, contro il
partner, contro se stessi!
Homa: Una relazione che
include il Tantra ha una sua
specificità: la sua base è la
ricerca di onestà, totalità,
apertura, e quindi spazio per la
trasformazione. C’è una profondità
diversa perché si tratta di
incontrare l’altro senza
protezioni, senza maschere. Molte
volte in una relazione abbiamo
pensieri sul partner che non
condividiamo, nel Tantra invece si
affronta ciò che è per ciò che è,
sia il buio che la luce. Funziona
in una relazione a lungo termine,
anzi nella mia esperienza è
l’unico modo di tenere viva una
relazione, mantenerne la linfa e
la sessualità anche dopo anni.
Molti dicono che la sessualità a
un certo punto si spegne, ma qui
mi riferisco a un diverso tipo di
sessualità, non a quella “solita”:
è qualcosa di molto vicino alla
meditazione. È diverso, porta a
una “amorevolezza” col partner e
il sesso non è più un obiettivo, è
più che altro...
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L’illusione del
cuore
Osho
risponde con una vera
e propria “bastonata Zen”
a una domanda di
Coleman Barks,
poeta e traduttore in
inglese delle poesie
di Jalaluddin Rumi,
mistico Sufi del XIII secolo
Un
brano di Osho inedito
Osho,
provo molta gratitudine
per la tua illuminazione, la tua
saggezza, i tuoi esperimenti
coraggiosi, la tua vita. Grazie!
Rumi ha detto: “Voglio
bruciare, bruciare…”.
Che cos’è quel bruciare?
Shams ha detto: “Sono fuoco”.
Hai qualcosa da dire su Shams?
Che cosa c’entrano il bruciare e
il fuoco con la mia
illuminazione?
"Coleman, hai fatto una domanda
molto pericolosa! Perché il
bruciare non ha nulla a che fare
con la tua illuminazione. Sul
cammino dell’illuminazione la
questione del bruciare non si pone
per nulla.
Ma tu ami Mevlana Jalaluddin Rumi…
Anch’io amo quest’uomo. Ma devi
capire che il sufismo dipende
ancora dall’ipotesi di un dio. Non
è libero dall’idea di dio. I Sufi
in particolare hanno il concetto
di dio come donna. Il loro metodo
è l’amore: ama dio più che puoi.
Ora, tu ami un’ipotesi impossibile
e ti si richiede di essere totale.
Proverai, in maniera più intensa,
la stessa sensazione di bruciare
che, in scala ridotta, sentono
anche gli amanti. Di sicuro gli
amanti provano nel cuore questa
sensazione di bruciare. È una
nostalgia profonda, il desiderio
di incontrarsi con l’amato, a
creare quel fuoco. Amare dio crea
necessariamente in te una grande
fiamma. Andrai a fuoco perché hai
scelto come oggetto d’amore una
cosa impossibile: il tuo oggetto
d’amore è un’ipotesi. Continuerai
a piangere tutte le tue lacrime, a
pregare, a digiunare; la mente di
continuo tornerà a ricordare
l’amato, a ripetere il suo nome.
La mente ha la capacità di
immaginare qualcosa e ha anche la
capacità di autoipnotizzarsi. Dopo
incessanti ripetizioni, puoi
persino vedere dio proprio come lo
avevi immaginato. È un
sottoprodotto della mente. Ti farà
felice, ti metterai a danzare
dalla gioia.
Ho vissuto con i Sufi e ho
amato quella gente. Ma sono ancora
a un passo dall’essere dei buddha.
Anche se le loro poesie sono
bellissime – lo sono per forza,
perché nascono dall’amore – ciò
che provano è un’allucinazione
creata dalla mente. Nel sufismo,
la mente viene portata a un tale
punto di tensione che diventi
quasi folle per l’amato. Tutto il
tempo in cui ne stai lontano, in
cui sei separato dal tuo amore, ti
sembra di bruciare.
Sul cammino della meditazione,
dhyan, o Zen, non c’è alcun
desiderio bruciante perché non c’è
un’ipotesi, non c’è dio. E non è
un problema di amore. L’uomo dello
Zen è profondamente amorevole, ma
non ha fatto dell’amore una
pratica: nasce solo come prodotto
collaterale della sua
realizzazione. Ha realizzato la
propria qualità di buddha. Questo
non c’entra niente con un dio che
esiste da qualche parte in cielo.
Lui ha raggiunto il centro della
propria vita, e da quella
posizione esplode nell’amore,
nella compassione. Il suo amore
arriva dopo l’illuminazione, non è
un metodo per l’illuminazione.
Per i
Sufi, l’amore è il metodo. Dato
che l’amore è un metodo, rimane
parte della mente. Il tentativo
nel cammino dello Zen è di andare
oltre la mente, raggiungere la
non-mente, essere assolutamente
privi di ogni pensiero, incluso
quello dell’amore. Lo Zen è il
sentiero del vuoto: né dio, né
amore, nulla è permesso, solo un
puro vuoto in cui anche tu
scompari.
Chi è che si sente bruciare? Chi è
lì a sentire il fuoco? Quindi
sebbene ami i Sufi…"
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