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Relazione
e senso di identità...
La vita da single
può aiutare
a conoscersi meglio?
Da un'intervista a
Tabish
Domanda:
Tu conduci workshop
sulle relazioni, com’è
lavorare con le persone in
relazione, quando si è
single?
Tabish:
Innanzitutto devo dire che
quando mi sono ritrovato a
essere single è stata per me
un’esperienza nuova: ero
sempre stato in relazione, dai
diciassette anni,
dall’adolescenza, fino a
praticamente due anni fa, non
avevo mai conosciuto cosa
volesse dire essere single.
C’era talmente tanto focus
sulle relazioni che per me
single era una parola senza
significato, per cui
inizialmente è stato molto
duro: non riguardo al sentirmi
solo, ma in termini di mettere
in discussione: “chi sono io
se non sono in relazione?”. È
stato come perdere un senso
d’identità ed è stata una
grande sfida. Mi ha permesso
di liberarmi di tutte le idee
che mi influenzavano rispetto
a chi sono io, di scoprire
meglio me stesso, felice di
dire: “Ah, caspita, io ho
queste qualità, ho queste
caratteristiche di cui non mi
ero mai accorto”. Per me è
stato ed è tuttora un momento
di grandissima crescita
personale: scoprire chi sono,
onorare chi sono; non mi
sarebbe stato possibile in
relazione, per cui ho una
grande gratitudine: è stato un
periodo veramente molto ricco
in questo senso.
Premesso ciò,
rispondo alla tua domanda
“com’è lavorare sulle
relazioni da single”. È ancora
più autentico. Finché mi
sentivo di avere valore perché
ero in una relazione da
qualche parte mancava qualcosa
nel trasmettere il mio lavoro;
condividere invece il mio
lavoro da single lo rende
molto più efficace...
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Scambio di persona?
No! “Ho i miei sistemi!”
risponde Osho
a chi gli fa notare
che ha risposto
non alla discepola
che gli aveva posto la
domanda,
ma a una sua omonima...
Un
brano di Osho inedito
Osho,
più
medito, più mi sento vuota
dentro. Avevo l’idea che
meditando ci si trasforma
lentamente in esseri più
amorevoli e pieni di risate,
ma io mi sento sempre più
vuota e sfuggo il contatto
con gli altri. Adesso
preferisco stare da sola, ma
non mi sento felice; questo
vuoto dentro di me mi fa
sentire una profonda
tristezza. Che cosa mi
succede?
Dolma, so che cosa ti manca: la
fiducia. E non sei riuscita a
liberarti del senso di colpa che
porti dentro di te. Mi è stato
chiesto se fosse il caso di
permetterti di rientrare a far
parte di questa Comune, dal
momento che hai fatto parte del
gruppo di persone che ha
distrutto la Comune in America,
ma non me la sono sentita di
impedirti di tornare.
Per te sarebbe estremamente
utile rivelare in che modo hai
partecipato a quegli avvenimenti
distruttivi – perché eri parte
integrante della banda – e
invece nascondi tutto. È questo
che ti fa sentire vuota, perché
altrimenti qui nessun altro si
sente vuoto. Chi va dentro di sé
non trova il vuoto ma il nulla,
che è completamente diverso dal
vuoto.
Il vuoto è triste. Il nulla è
solo un altro modo per definire
la pienezza... qualcosa che ti
inonda. Non senti sorgere amore
perché il tuo senso di colpa è
pesante. Sei ancora in tempo: se
confessi tutto ciò che hai
fatto, ti sentirai sollevata.
Qualche giorno fa Patipada mi ha
scritto chiedendo di tornare a
far parte della Comune. Tempo fa
le avevo chiesto delle scuse,
perché si trovava anche lei
nella tua stessa situazione,
anche se non era stata coinvolta
nella distruttività allo stesso
livello. Aveva risposto: “Non
sento di aver fatto nulla di
male e non sento di dovermi
scusare” e io gli avevo detto:
“È una scelta tua, ma non puoi
far parte della Comune, è meglio
che te ne vai”.
Ora, dopo due mesi è tornata e
ha scritto una lettera,
affermando tra le lacrime: “Mi
dispiace tanto. So di aver
sbagliato e di aver preso parte
a tanti misfatti che hanno
favorito il governo americano
nel distruggere la Comune.
Sbagliavo a dire che non ho
nulla di cui scusarmi. Mi
dispiace e chiedo perdono”.
Ho risposto: “Se ciò che dici
viene dal profondo del cuore, se
non è soltanto una strategia
politica, diplomatica, troverai
di nuovo la tua casa tra la mia
gente. Ti darò un’altra
possibilità”.
Speravo che Dolma avrebbe...
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